qweedy
Well-known member
Lasciando sedimentare un po' la lettura di questo romanzo, penso che l'autrice non avesse alcun intento moraleggiante, quindi si è limitata a raccontare le miserie umane spietata e implacabile, dissacrante e sconveniente, forse condendole anche con un tragico umorismo ebraico.
Guia Soncini in L'avvelenata titola così la sua recensione (superpositiva!) di Serge: "Lo spietato talento di Yasmina Reza nel farci fare schifo". Ecco, appunto!
«Non cerco di idealizzare l’uomo. Tanto meno di sminuirlo, ovviamente. Voglio soltanto parlare della sua impotenza, della sua incapacità a uscire da se stesso. Calare i personaggi in un contesto “sacro”, in un’ambientazione storicamente carica di tragedia, e vederli andare avanti con i loro piccoli litigi, le loro piccole meschinità – cioè le cose grandi e le cose piccole di tutti i giorni, e il fatto che siano quelle piccole a prendere il sopravvento è sempre stato il mio tema. Il piccolo che supera il grande. Le cose ordinarie che superano quelle eccezionali.» – Yasmina Reza, intervista a La Stampa
Guia Soncini in L'avvelenata titola così la sua recensione (superpositiva!) di Serge: "Lo spietato talento di Yasmina Reza nel farci fare schifo". Ecco, appunto!
«Non cerco di idealizzare l’uomo. Tanto meno di sminuirlo, ovviamente. Voglio soltanto parlare della sua impotenza, della sua incapacità a uscire da se stesso. Calare i personaggi in un contesto “sacro”, in un’ambientazione storicamente carica di tragedia, e vederli andare avanti con i loro piccoli litigi, le loro piccole meschinità – cioè le cose grandi e le cose piccole di tutti i giorni, e il fatto che siano quelle piccole a prendere il sopravvento è sempre stato il mio tema. Il piccolo che supera il grande. Le cose ordinarie che superano quelle eccezionali.» – Yasmina Reza, intervista a La Stampa