315° MG - Serge di Yasmina Reza

Minerva6

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Ho dimenticato di dirvi una cosa sulla pianta.
E un'altra su Serge.
Appena riesco lo faccio, non ve le risparmio, ormai ci ho ripreso gusto :mrgreen:.
 

Minerva6

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Vabbè quella su Serge la risparmio, è troppo personale, ancora non me la sento.
La storia sulla pianta riguarda mia nonna materna morta nel 1984 quando io avevo solo 8 anni e che amavo immensamente. Sentivo che dovevo mantenerla in vita nonostante io non avessi mai avuto il pollice verde perché era parte di lei e mi avrebbe protetta ed aiutata. Purtroppo però verso gli anni 2000 si è seccata. Ma tanto non avrebbe potuto aiutarmi lo stesso ☹️.
Oggi sono in modalità triste, meglio non scrivere altro. Sarà che è freddo e non c'è sole, invece ieri c'era e mi ha dato la carica.
 

Minerva6

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Sto per finire... un'altra cosa che mi fa sentire a casa è la presenza di piccioni e corvi, in realtà da me non sono proprio corvi, sono gazze, quelle bianche e nere. Nel mio giardino è pieno anche di passerotti e piccioni (o forse sono colombi) che vengono a mangiare gli scarti di pane (prima lo davamo alle galline, ora non le abbiamo più) e di pasta che i gatti non mangiano, vogliono solo la carne loro, furbetti 😄.
Scrivo per scalzare la tristezza.
 

francesca

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Benvenuta @darida, sono contenta che ti sia aggiunta e che ti senta in empatia con i personaggi, è interessante il punto di vista di qualcuno che magari riesce ad entrare più in sintonia con i personaggi del libro.
A me mancano poche pagine alla fine, per ora non mi sembra ci sia la svolta che speravo.
@Minerva6 non so com'è il finale, comunque se sei di umore un po' uggioso e moscio come la giornata (anche qui a Firenze è bigio e piovvigginoso), temo che questa non sia la lettura adatta a recuperare un po' di sprint.

Intanto inizio a condividere qualche punto che mi ero segnata perchè mi aveva colpito.
Questo che segue fa parte del racconto della visita a Birkenau. Dice Jean:
"E' giorno, notte? La neve ha lasciato tracce del suo passaggio ovunque, sulle traversine dei binari, sui terrapieni. Veste i tetti nerastri di centinaia di puntolini bianchi, come un pizzo geometrico. In una sala buia dell'esposizione francesce, proiettata in grande su una parete, questa foto del cancello d'ingresso di Birkenau.
.....
In una sola immagine, l'allegoria della desolazione agguanta il visitatore. Superiorità dell'immagini sul reale. Il reale necessita di interpretazione per restare reale."

Questa frase mi sembra che abbia concretizzato un concetto che incosciamente ho sempre "sentito".
Le sensazioni che ci colpiscono quando leggiamo, quando ascoltiamo musica, quando vediamo un quadro, una scultura, a volte anche una foto spesso ci sembrano più vere del reale che rappresentano, perchè riusciamo maggiormente a renderle nostre: anche se l'oggetto di qualsiasi racconto o opera d'arte è sempre il reale, attraverso l'interpretazione di qualcun altro, ci arriva di più, si fissa maggiormente nella nostra memoria. Come se il reale fosse troppo denso, contenesse troppe informazioni, o troppo impersonali per poterle cogliere davvero: quindi la foto dell'ingresso di Birkenau colpisce più forte e più profondamente che la vista del vivo dell'ingresso stesso.
 

francesca

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Finito, l'ultima pagina nella sala d'aspetto è decisamente una delle migliori del libro.
Così come l'ultima immagine, che, come ha detto Minerva, anche secondo me, dà senso al titolo del libro.
Adesso devo rimasticare la lettura per sentire che sapore lascia nella mia vita.
 

Minerva6

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se sei di umore un po' uggioso e moscio come la giornata
Infatti ho preferito finirlo in fretta, ora ho bisogno di qualcosa di più allegro 🙃. Anche se la lettura mi è comunque piaciuta per le ragioni già esposte sopra.
Aspetto @qweedy e pure @darida (la conosco bene, so che sbircia anche dove c'è lo spoiler 🤭) per dire qualcosa su come ho inteso io il finale. Domani lo racconto ad un'amica così se lo dimentico mi aiuterà lei 😬.
 

qweedy

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Mentre leggevo della visita ad Auschwitz, mi sono tornate alla mente le parole di Liliana Segre:
"I ragazzi di oggi, quelli che intraprenderanno il viaggio della memoria, dovrebbero saltare la colazione del mattino, avere un po’ di voglia di mangiare, che tanto poi soddisferebbero all’uscita del lager.
A volte quei ragazzi, con i selfie, hanno fatto la gita. Quando sento parlare di “gita”, e l’ho sentito tante volte in questi anni (la “gita” ad Auschwitz), prego, imploro e chiedo veramente per favore alla preside o all’insegnante, che mi dicono “faremo la gita ad Auschwitz”, aspettando che io risponda “grazie che ci andate”, dico di andare a Lucca, a Gallipoli, in montagna, per vedere una cosa meravigliosa, ma non Auschwitz. Ad Auschwitz non si fa la gita. Si va silenziosi, come il 2 novembre qualche famiglia affezionata ai suoi morti va al cimitero. Non fa la gita, ma va in un certo modo che è civile, a volte religioso, a volte per nostalgia nei confronti del morto. Ci va in un certo modo e così si deve andare ad Auschwitz. Non si va in gita, si va come un santuario. Si va anche laicamente, a testa bassa, cercando di ricordare, per non dimenticare la Shoah
."
 
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qweedy

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Scusate, ma l'ultima frase del libro è: "Lascia fra noi un buco bluastro"?

Cercavo di voltare pagina, ma mi sa che è finito. o_O

Direi che il finale è in linea con il resto del libro...
 

Minerva6

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"Lascia fra noi un buco bluastro"
@darida non leggere!
Lo metto in bianco, non si sa mai 😉
Io il finale, anche se aperto, l'ho inteso così:
Per ora lascia solo il segno sulla poltrona ma poi Serge morirà di cancro come i genitori perciò il titolo è dedicato a lui, in sua memoria.
Intanto i fratelli si sono riuniti, la malattia fa questo effetto. Forse è un po' scontato?
 

darida

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Avanzando nella lettura un po' mi perdo un po' mi ritrovo... In realtà non provo particolare empatia per nessuno, però mi piace che sia più dissacrante che moralista. Le dinamiche famigliari sono così, la vita che scorre cercando di contenere i danni o di metterci la pezza 🙄
e la mia è una visione ottimistica 😁
 

Minerva6

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Ad Auschwitz non si fa la gita
Pensavo... Chissà se la Reza ha menzionato proprio la gita scolastica perché la pensa nello stesso modo? Però la collega che ride in faccia al prof che vuole far comportare in modo serio i suoi alunni mi aveva deluso, ma essendo l'autrice di origini ebraiche ho pensato che non lo avesse scritto con cattiveria, forse era proprio per far capire che non è il caso di fare una gita in un posto che invece ha bisogno di essere visitato con rispetto e sacralità.
 

qweedy

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Pensavo... Chissà se la Reza ha menzionato proprio la gita scolastica perché la pensa nello stesso modo? Però la collega che ride in faccia al prof che vuole far comportare in modo serio i suoi alunni mi aveva deluso, ma essendo l'autrice di origini ebraiche ho pensato che non lo avesse scritto con cattiveria, forse era proprio per far capire che non è il caso di fare una gita in un posto che invece ha bisogno di essere visitato con rispetto e sacralità.
Confesso che le pagine su Auschwitz mi hanno infastidito e disturbato parecchio. Non sono riuscita a capire se la Reza intendeva criticare il modo di fare turismo ad Auschwitz (“gente in tenuta semibalneare, canottiere, sneakers colorare, pantaloncini, tutine, abitini a fiori”) o se invece si è limitata alla descrizione. Non mi è chiaro se la sua descrizione fosse una critica o semplicemente il racconto della realtà. Rimane il fatto che il suo protagonista si comporta in modo indecoroso durante la visita al lager. E anche gli altri della famiglia non mi sono sembrati particolarmente coinvolti.
 
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Minerva6

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Non mi è chiaro se la sua descrizione fosse una critica o semplicemente il racconto della realtà.
Credo, o meglio, spero che la Reza abbia pensato che la semplice descrizione, senza moralismo e critiche dirette, potesse lo stesso bastare ad un lettore attento e sensibile, come noi, per indignarsi verso la mancanza di rispetto da parte dei turisti. Che poi chissà se qualcuno va davvero vestito così 🤔.
Confesso che le pagine su Auschwitz mi hanno infastidito e disturbato parecchio.
Infastidito pure a me, disturbato meno perché avevo letto la trama su Ibs quindi ero già preparata. Da Serge poi mi aspettavo un comportamento simile consono al suo carattere. Probabilmente non deve risultare simpatico anche per non far provare pietà per lui sul finale. Anche se poi quando si preoccupa per la figlia viene fuori la sua umanità.
Nana e Jo invece a me sono sembrate coinvolte abbastanza.
 
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Minerva6

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Pensavo alla mia estate del 1992 quando ero in vacanza con mia madre presso dei parenti in Piemonte, ma vicino alla Liguria, infatti andammo a visitare Genova e l'expo' per il 500nario della scoperta dell'America. E poi per qualche giorno passammo pure da un altro parente vicino Milano e quindi vedemmo anche questa città. Al Duomo non si poteva entrare con vestiti corti e smanicati. Mia mamma si fece prestare uno scialle da una signora che era già uscita ed io dovetti abbassare il pantaloncino (all'epoca erano di moda quelli che chiamavamo ciclisti ed arrivavano prima del ginocchio), tanto avevo la t-shirt lunga, si poteva fare 😉. Un professore di storia dell'arte venuto dalla Puglia ci restò male perché non lo fecero entrare.
Credo che il rispetto per i luoghi sacri debba però tener conto che alcuni edifici sono appunto anche opere d'arte, perciò si dovrebbe permettere di entrare almeno mentre non si sta celebrando la messa. E soprattutto all'esterno per ammirare le guglie si dovrebbe permettere l'accesso... in fondo l'abito non fa il monaco. Non so cosa sia cambiato al giorno d'oggi.
Ovviamente in un luogo come i lager Il discorso è diverso, c'è da fare una preparazione prima, io personalmente ho sempre desiderato andarci ma ho anche pensato che ci vuole tanto coraggio e io non credo di averlo. Non è un luogo in cui si può andare senza commuoversi e mi auguro che chi decida di visitarlo lo faccia nel modo che auspica la Segre.
 

francesca

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Io con mio marito e le mie figlie ho visitato il campo di Dachau vicino a Monaco.
E' stata un'esperienza che ci ha colpito molto. Ad un certo punto della visita mi sono resa conto che non avevamo più la forza di parlare, eravamo tutti lividi, ingrigiti, in alcune esposizioni non sono riuscita ad arrivare fino in fondo perchè stavo troppo male, come se avessi raggiunto un livello di saturazione.
Anche noi abbiamo notato qualcosa di stridente in alcune persone che come noi si aggiravano nel campo: per esempio, io proibirei di fare le foto, siamo pieni di foto di tutti i tipi recuperabili da chiunque.
E sì, ci sono visite guidate che hanno l'aria di essere in gita, gli stessi accompagnatori hanno quel piglio là, probabilmente perché guidano decine di gruppi al giorno e alla fine la consuetudine non può far altro che smorzare l'orrore.
Chissà se è un meccanismo simile (sicuramente molto più amplificato e potente) a quello che agiva sulle guardie, sugli aguzzini che infierivano su questi poveri esseri imprigionati nei campi: se alla fine erano assuefatti talmente da non farci più caso.
A me non ha disturbato l'atteggiamento di Serge, cioè penso che se non si va con una certa disposizione d'animo, come dice la Segre, davvero una visita del genere si può trasformare in una gita e quando si va in gita c'è chi è contento, chi si lamenta, chi non è interessato, chi beve ogni minimo particolare, chi fa sempre il bastian contrario...
Mi ero segnata una frase che mi ha colpito sulla memoria. Appena ho un attimo torno a commentarla.
 

darida

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Anch'io mi sento turbata da quello che sto leggendo della visita ad Auschwitz...ecco ad esempio che definirla 'gita' non mi piace.
Voglio pensare che la risata della professoressa fosse di origini nervose, forse troppa tensione e aspettativa di comportamento adeguato?...
Oppure ancora umorismo ebraico che può essere tagliente. Sapere che un'autrice di origini ebraiche racconta la storia una famiglia non proprio convenzionale confusa fin dalle origini mi fa leggere con una certa rilassatezza anche le parti più
...fastidiose.
 
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