Finito anch'io.
L'ho trovato diverso dai libri della Nothomb letti finora, ma anche questo spiazzante anche se in modo diverso.
In alcuni casi mi sono ritrovata a pensare: "sì, va beh, chiaro, è un'autobiografia romanzata", ma poi per l'idea che mi sono fatta di lei nel leggere i suoi altri libri, alla fine ci sta che invece sia tutto vero. Mi sono un po' persa nella parte in cui narra la sua lenta risalita dall'abisso dell'anoressia, tutta quella metafora del cavallo di troia, dei greci ecc...
Però capisco che non sia facile raccontare un percorso del genere, e ho apprezzato la sua tenacia nel raccontarlo attraverso queste immagini epiche anche se non le ho trovate particolarmente coinvolgenti e capaci di generare empatia. Ma non credo che la nostra Amelie avesse questo scopo, penso avesse proprio bisogno di trovare un suo modo personale e intimo per ripercorrere quel periodo e dargli un senso.
Ho in mente tante altre riflessioni, un po' alla rinfusa, piano piano ci tornerò sopra.
Intanto però, riprendo la frase che ha colpito anche Minerva:
Quando ci si sente incapaci di un pensiero degno di tale nome, resta l'osservazione: questo mi ha insegnato l'amore per gli uccelli.
Aveva colpito anche me, perchè anche per me l'osservazione è un'ancora di salvezza, specie nei momenti in cui non c'è niente che davvero sembri interessante da notare e tutto sembra una noia mortale. Perchè se davvero ci si aggrappa all'osservazione, ci si rende conto che c'è sempre qualche novità in agguato per noi.