J.M. Coetzee” si fa personaggio per la terza volta dopo i due precedenti libri di “biografia romanzata”.( Il primo, Infanzia, descrive la fanciullezza e l’adolescenza del personaggio negli anni quaranta e cinquanta in uno squallido complesso residenziale a est di Città del Capo; Il secondo, Gioventù, segue le sue meste vicende nei primi anni sessanta in una Londra umida e nebbiosa).
Tempo d’estate, si basa sul suo ritorno in Sudafrica, coprendo gli anni dal 1972 al 1977, quando Coetzee cominciava a “farsi strada come scrittore”.
Anche qui, l’autore si riferisce a “Coetzee” in terza persona, allontanando così l’elemento autobiografico, ma aggiunge una nuova dimensione di artificio letterario: l’introduzione di un biografo post mortem. Perché, si apprende all’inizio, Coetzee è morto in Australia. Un ricercatore inglese, Vincent, che non l’ha mai incontrato, intervista cinque figure chiave della sua vita. Quattro sono donne, tra cui due ex amanti.
Le presunte trascrizioni delle loro interviste costituiscono la maggior parte del libro. Questo complesso apparato serve a creare uno schermo. Cosa vuole dirci l'autore ponendo tutta questa serie di ostacoli nel parlare di se stesso ? E' possibile parlare, raccontare di noi come persone ? E' veramente possibile ?
Il ritratto di Coetzee non sembra lusinghiero. Appare poco attraente e pieno di tare psicologiche. Le donne danno particolare risalto alla sua mancanza di fascino sessuale. E la denigrazione si estende anche ai libri: le figure intervistate da Vincent non li apprezzano. Egli si presenta facendo riferimento a tutti i difetti che i tesimoni non si sottraggono certo dal raccontare.
Ne esce una narrazione straordinariamnete efficace e affascinante, avvolgente, indimenticabile. Le scene e i particolari restano impressi nella memoria. Lo stile è il solito semplice ma accurato. Sembra che non si possa eliminare nessuna frase dalla narrazione.
In questo patchwork di dettagli non si capisce dove stia la verità e dove la menzogna. Non è sempre un po' così anche nella vita ? Davvero ci si chiede, come ci vedono gli altri ? E' questo il colpo di genio formale delle presunte interviste raccolte da Vincent, nel porre in evidenza la distanza abissale da come ci vediamo e come ci considerano gli altri .
Io non credo che i tre volumi della sua presunta autobiografia siano i migliori della produzione dell'autore sudafricano, ma restano comunque perle quasi inarrivabili per la maggior parte degli autori in circolazione. Come per gli altri suoi libri le vicende raccontate rimangono nella mente a lungo quasi senza fatica e ci si ritrova a pensarvi ancora e ancora. E questo è segno di grandezza.
Coetzee è quasi unanimamente considerato in miglior romanziere di lingua inglese. Diciamo uno dei quattro-cinque più significativi autori viventi, anche se non è bello nè facile fare classifiche. E questo altro piccolo volume non fa che consolidare, se mai ce ne fosse bisogno, la sua meritoria fama (basterebbe da solo il primo straordinario capitolo a far capitolare anche i più scettici)
Tempo d’estate, si basa sul suo ritorno in Sudafrica, coprendo gli anni dal 1972 al 1977, quando Coetzee cominciava a “farsi strada come scrittore”.
Anche qui, l’autore si riferisce a “Coetzee” in terza persona, allontanando così l’elemento autobiografico, ma aggiunge una nuova dimensione di artificio letterario: l’introduzione di un biografo post mortem. Perché, si apprende all’inizio, Coetzee è morto in Australia. Un ricercatore inglese, Vincent, che non l’ha mai incontrato, intervista cinque figure chiave della sua vita. Quattro sono donne, tra cui due ex amanti.
Le presunte trascrizioni delle loro interviste costituiscono la maggior parte del libro. Questo complesso apparato serve a creare uno schermo. Cosa vuole dirci l'autore ponendo tutta questa serie di ostacoli nel parlare di se stesso ? E' possibile parlare, raccontare di noi come persone ? E' veramente possibile ?
Il ritratto di Coetzee non sembra lusinghiero. Appare poco attraente e pieno di tare psicologiche. Le donne danno particolare risalto alla sua mancanza di fascino sessuale. E la denigrazione si estende anche ai libri: le figure intervistate da Vincent non li apprezzano. Egli si presenta facendo riferimento a tutti i difetti che i tesimoni non si sottraggono certo dal raccontare.
Ne esce una narrazione straordinariamnete efficace e affascinante, avvolgente, indimenticabile. Le scene e i particolari restano impressi nella memoria. Lo stile è il solito semplice ma accurato. Sembra che non si possa eliminare nessuna frase dalla narrazione.
In questo patchwork di dettagli non si capisce dove stia la verità e dove la menzogna. Non è sempre un po' così anche nella vita ? Davvero ci si chiede, come ci vedono gli altri ? E' questo il colpo di genio formale delle presunte interviste raccolte da Vincent, nel porre in evidenza la distanza abissale da come ci vediamo e come ci considerano gli altri .
Io non credo che i tre volumi della sua presunta autobiografia siano i migliori della produzione dell'autore sudafricano, ma restano comunque perle quasi inarrivabili per la maggior parte degli autori in circolazione. Come per gli altri suoi libri le vicende raccontate rimangono nella mente a lungo quasi senza fatica e ci si ritrova a pensarvi ancora e ancora. E questo è segno di grandezza.
Coetzee è quasi unanimamente considerato in miglior romanziere di lingua inglese. Diciamo uno dei quattro-cinque più significativi autori viventi, anche se non è bello nè facile fare classifiche. E questo altro piccolo volume non fa che consolidare, se mai ce ne fosse bisogno, la sua meritoria fama (basterebbe da solo il primo straordinario capitolo a far capitolare anche i più scettici)