La storia di una ragazza, asservita alla documentazione di un'epoca
Chi decide di leggere questo libro dovrebbe essere informato anzitempo che ben poco ha del romanzo e molto di più del saggio storico.
La storia della protagonista è quella di un'autentica sciagurata, il cui unico peccato è stato l'ingenuità, il fidarsi, o essere costretta a fidarsi, fin dall'infanzia, di persone cui nulla è mai interessato del suo bene, eccezion fatta per i pavidi genitori adottivi.
E ricostruendo fedelmente grazie agli atti processuali, senza alcuna "fabula", gli anni della sua breve vita, l'autore mostra al lettore le prepotenze, la superstizione, la corruzione e i desideri di rivalsa che caratterizzavano il popolo di quello che sarebbe diventato poi lo Stato italiano, dal più semplice popolano fino al più grande dei potentati. Quei tratti che nessuno farà certo fatica a ravvisare anche tra i nostri contemporanei, di nuovo: tra i travet così come tra i potenti della nostra penisola tutta.
Una lunga serie di debolezze, meschinità e spregevoli ambizioni che venendo passate una ad una sotto la lucida lente d'ingrandimento di Vassalli, senza nulla mai aggiungere o togliere, ma limitandosi invece a riportarle con grande sensibilità e scrupolosità, ci mettono in guardia da quanto siamo diventati e ancora possiamo diventare oggi, a distanza di quattrocento anni dai fatti narrati.
Nella sua narrazione, l'oggettiva freddezza con cui l'autore squarcia il velo di ipocrisie sul Seicento italiano, ha un solo prezzo che è la perdita di calore derivante dal non prendere mai parte alle vicende narrate, proprio volutamente per non renderle di neanche una stilla meno vere, ma con la conseguenza che poco o niente è dato di conoscere del carattere dei personaggi o degli stati d'animo che si agitano, neanche tanto in profondità, nei tanti personaggi secondari che hanno contribuito a scrivere la vergognosa pagina italiana della strega di Zardino.