elena
aunt member
[FONT="]Pamuk descrive Istanbul per descrivere se stesso e analizza se stesso per cogliere l'anima della sua città. L'infanzia e la giovinezza dell'autore sono caratterizzate da una sostanziale incapacità di adattamento alla vita reale, alle aspettative che gli altri riponevano in lui con conseguente necessità di rifugiarsi in un parallelo mondo di sogni. Questa dicotomia provoca nell'autore un generale senso di tristezza, un perenne velo di malinconia. E sono proprio la tristezza e la malinconia i principali sentimenti che secondo Pamuk animano la sua città, incapace di trovare (siamo intorno agli anni '60) una sua identità e un suo equilibrio, oscillante tra la nostalgia di un grandioso passato e il desiderio di presentarsi come una metropoli occidentale moderna. Il crollo dell'impero ottomano, l'imposizione di una repentina occidentalizzazione, l'instaurazione della repubblica hanno comportato necessariamente la perdita e l'annientamento dei valori tradizionali a fronte di una non ben definita collocazione nel mondo occidentale. [/FONT]
Pamuk ama la sua città in ogni suo aspetto e nella ricostruzione dell'immagine della Istanbul dei suoi tempi non si basa solo sulle descrizioni romantiche dei viaggiatori occidentali dell'ottocento (attratti dall'aspetto esotico quasi magico di questa città) ma mette in luce una bellezza del tutto diversa, quella dei sobborghi, dei quartieri più degradati e delle misere e sporche vie periferiche.
Si tratta di un concetto di bellezza molto intimistico che scaturisce probabilmente dal grande amore dell'autore per la sua città natale ma, a mio parere, non riesce a coinvolgere il lettore e a trasmettergli questo fascino.
La scrittura e' piuttosto lenta e accompagna gli interminabili vagabondaggi di Pamuk nei luoghi più degradati di Istanbul che corrispondono ai lati più reconditi dell’anima malinconica e insoddisfatta dell'autore nel periodo giovanile.
L'unico guizzo di vitalità forse si coglie nella frase finale, quando Pamuk ormai ultraventenne sembra uscire da questo stato di perenne bilico tra sogno ed apatia e annuncia finalmente una decisione in merito alla sua futura vita reale: "Diventerò scrittore, io"
Pamuk ama la sua città in ogni suo aspetto e nella ricostruzione dell'immagine della Istanbul dei suoi tempi non si basa solo sulle descrizioni romantiche dei viaggiatori occidentali dell'ottocento (attratti dall'aspetto esotico quasi magico di questa città) ma mette in luce una bellezza del tutto diversa, quella dei sobborghi, dei quartieri più degradati e delle misere e sporche vie periferiche.
Si tratta di un concetto di bellezza molto intimistico che scaturisce probabilmente dal grande amore dell'autore per la sua città natale ma, a mio parere, non riesce a coinvolgere il lettore e a trasmettergli questo fascino.
La scrittura e' piuttosto lenta e accompagna gli interminabili vagabondaggi di Pamuk nei luoghi più degradati di Istanbul che corrispondono ai lati più reconditi dell’anima malinconica e insoddisfatta dell'autore nel periodo giovanile.
L'unico guizzo di vitalità forse si coglie nella frase finale, quando Pamuk ormai ultraventenne sembra uscire da questo stato di perenne bilico tra sogno ed apatia e annuncia finalmente una decisione in merito alla sua futura vita reale: "Diventerò scrittore, io"