swann
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La vita agra è un romanzo di Luciano Bianciardi, autore ingiustamente dimenticato, che godette di grande popolarità negli anni 60 e da cui venne anche tratto un film di Carlo Lizzani con Ugo Tognazzi. Ho pensato di recensirlo perchè sul forum non viene mai citato e mi piacerebbe farlo riscoprire a qualche lettore.
Uomo di grande cultura, Bianciardi, oltre che scrittore, fu giornalista e fine conoscitore della letteratura americana di inizio secolo, tanto che tradusse per Feltrinelli autori importanti quali Steinbeck, Faulkner, Huxley, London e Miller.
Morì alcolizzato a soli 49 anni, dimenticato da tutti.
La vita agra è il suo romanzo più famoso ed è in parte autobiografico. E' la storia di un intellettuale che si mantiene nella Milano del dopoguerra facendo il traduttore e rifiutando di aderire ad un modello borghese sempre più povero di valori.
E' un libro decisamente anarchico e “politicamente scorretto”; per molti aspetti ricorda una via di mezzo tra la rabbia di “Fiorirà l'aspidistra” di Orwell e il disincanto di “Tropico del Cancro” di Miller. Quest'ultimo è apertamente citato ed è stato sicuramente un modello di riferimento per Bianciardi durante la stesura del romanzo, tanto che le pagine della liberazione sessuale del protagonista sembrano uscite direttamente dalla sua penna.
Chi ama lo scrittore americano si sentirà a suo agio e lo apprezzerà particolarmente.
In definitiva un libro da riscoprire sul lato oscuro del boom economico.
Uomo di grande cultura, Bianciardi, oltre che scrittore, fu giornalista e fine conoscitore della letteratura americana di inizio secolo, tanto che tradusse per Feltrinelli autori importanti quali Steinbeck, Faulkner, Huxley, London e Miller.
Morì alcolizzato a soli 49 anni, dimenticato da tutti.
La vita agra è il suo romanzo più famoso ed è in parte autobiografico. E' la storia di un intellettuale che si mantiene nella Milano del dopoguerra facendo il traduttore e rifiutando di aderire ad un modello borghese sempre più povero di valori.
E' un libro decisamente anarchico e “politicamente scorretto”; per molti aspetti ricorda una via di mezzo tra la rabbia di “Fiorirà l'aspidistra” di Orwell e il disincanto di “Tropico del Cancro” di Miller. Quest'ultimo è apertamente citato ed è stato sicuramente un modello di riferimento per Bianciardi durante la stesura del romanzo, tanto che le pagine della liberazione sessuale del protagonista sembrano uscite direttamente dalla sua penna.
Chi ama lo scrittore americano si sentirà a suo agio e lo apprezzerà particolarmente.
In definitiva un libro da riscoprire sul lato oscuro del boom economico.
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