Se è raro che un libro riesca ad arrivare davvero in profondità, a toccare e far vibrare le corde dell’anima, tanto più è raro che riesca a farlo uno a cui ci si approccia con mille pregiudizi, come è stato questo libro per me. A partire dal fatto che (chissà perchè!) ero convinta che il “bambino mai nato” del titolo fosse tale per una scelta deliberata della protagonista, ma ancora di più perchè io, nei confronti di Oriana Fallaci, ho un’ istintiva, potente e in fin dei conti ingiustificata antipatia, come scrittrice e come donna. Tanto più, quindi, mi ha sconvolta l’ essere stata sconvolta da questo libro...
Vero è che tutto ciò che ha a che fare con la maternità (nella vita, come nell’arte e nella letteratura...) mi ha sempre toccato molto; vero è che è un periodo in cui – per un motivo o per l’altro – penso molto a questo mistero insondabile che è generare la vita... al che potrei concludere che non siamo noi a cercare i libri: sono i libri a cercare noi, quando è il momento giusto. E il mio era evidentemente questo, con un figlio già di quattro anni, e il ricordo della mia gravidanza incancellabile ma sempre più lontano. Leggere questo libro è stato come riaprire quello squarcio ... sì, perchè, che lo si voglia o no, la vita nasce da una ferita, dall’apertura (violenta, dolorosa) della nostra intimità, e questo la Fallaci lo racconta in un modo che mette i brividi...
Non sono capace di commentare in modo coerente... Le parole, le emozioni, sgorgano da sole...
La prepotenza della vita (“tutto avvenne perchè poteva avvenire, quindi doveva avvenire...”) e allo stesso tempo questa vita che non si realizza se non attraverso il nostro “sì”... Un miracolo che passa attraverso la scelta – non costretta, non scontata, bensì consapevole e a volte difficile – di una donna e... di un uomo. In effetti se c’è qualcosa (ma non è la sola! resta il fatto che una certa “retorica della denuncia”, che caratterizza lo stile della Fallaci, continua a impedirmi di entrare in empatia con lei...) che ho mandato giù a fatica, è la voluta e, a mio avviso, cinica, cattiva estromissione dell’uomo dal mistero del concepimento. Proprio perchè la vita “non può non essere”, ma allo stesso tempo è costretta a piegarsi al nostro “sì”, l’uomo e la donna condividono entrambi questo mistero, seppure in modo diverso.
No... la vita non è una cosa scontata. Generare la vita non è una cosa scontata... e (ammiro profondamente il coraggio di aver messo nero su bianco delle parole così vere, e così dure) nemmeno la rinomata e viscerale intimità che esiste fra una mamma e il figlio che ha nel grembo, è una cosa scontata... “Mai due estranei legati allo stesso destino furono più estranei di noi. Mai due sconosciuti uniti nello stesso corpo furono più sconosciuti, più lontani di noi.” Ma non solo, la Fallaci si spinge oltre, e mette a nudo il momento (credo che ogni mamma lo abbia provato, almeno per un istante) in cui ci si chiede: ma perchè??? “.. in nome della vita? E va bene, la vita. Ma cos’è questa vita per cui tu, che esisti non ancora fatto, conti più di me che esisto già fatta? Cos’è questo rispetto per te che toglie rispetto a me? Cos’è questo tuo diritto ad esistere che non tiene conto del mio diritto a esistere? Non c’è umanità in te...”
Perchè ho amato tanto queste parole che pure rischiano così facilmente di essere fraintese? Perchè – questo è il mio pensiero, e per certi versi la mia esperienza – è proprio da questa non scontatezza che nasce la gratuità dell'amore, è da questa iniziale e sostanziale estraneità (per la quale appunto non esiste una vera differenza fra mamma e papà... nessun “privilegio” regalato da madre natura) che nasce la vera capacità di donarsi, e di accogliere una nuova vita. È vero quello che scrive la Fallaci nelle primissime pagine: “forse non è nemmeno vita ma possibilità di vita”. É vero, certo che lo è! Ma non nella misura in cui un pesciolino nella pancia non avrebbe diritto di essere considerato “uomo” (non entro neppure nel merito..), bensì nella misura in cui, perchè la possibilità diventi vita, occorriamo noi. Il nostro amore, la nostra volontà, il nostro coraggio.
“Perchè a cosa serve volare come un gabbiano dentro l’azzurro se non si generano altri gabbiani che ne genereranno altri ancora ed ancora per volare dentro l’azzurro?”