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Difficile rendere il titolo di questo classico della letteratura persiana, poema sublime scritto nel XII secolo e da allora ammirato in Iran quanto lo è La Divina Commedia da noi.
Ne esistono, che io sappia, due diverse traduzioni italiane (in prosa: tradurre il modo di rimare dei persiani è impossibile). Consiglio quella dell'editore SE, che volge il titolo in "Il Verbo degli Uccelli".
Prima di accennare alla trama, ricordo che è per la conoscenza di questo libro che in Occidente si ha notizia dell'Araba Fenice. Il Simurgh, nell'originale. Ricordo anche che era fra i libri più amati di Jorge Luis Borges, uno che aveva letto tutta o quasi la letteratura occidentale.
Per comprendere la trama, sono anche necessarie due premesse:
- gli uccelli sono universalmente, dalla Persia di Attar alla Liguria di Montale, metafora delle anime individuali, per la loro capacità di "volare alto" (Bene non seppi, fuori del prodigio/ che schiude la divina indifferenza:/ era la statua nella sonnolenza/ del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato, canta Eugenio Montale inuno dei suoi ossi di seppia);
- il Simurgh, noto anche come la fenice capace di risorgere dalla sue ceneri, è l'anima del mondo, il signore d'ogni singolo uccello; e ogni uccello, quando alto è levato, come il falco di montale, ne intuisce o ne spera l'esistenza, pur non avendolo mai visto, pur non potendo mai essere certo che esista.
La trama, dunque:
Un giorno, uno stuolo di uccelli, sotto la guida dell'upupa (l'ilare uccello dei poeti, l'anima della poesia, ci ricorda Montale che conosceva bene il Mantiq ut Tair), si riunisce in una vertiginosa assemblea volante. Una parte dell'assemblea decide di tentare l'estrema avventura: raggiungere la vetta, considerata inaccessibile, del monte Khaf, dove la leggenda dice che viva , muoia, e risorga dalla proprie ceneri il Simurgh. Gli altri, scettici, indifferenti oppure spaventati dall'impresa impossibile, si allontanano. Spariscono nel Nulla.
Nel viaggio, gli uccelli che, a centinaia, avevano concordato di tentare l'ipresa condivisa, parlano fra loro dei mille dubbi che li attanagliano, delle poche cose che sanno, diverse per ognuno. Attraversano così sette valli, la cui descrizione non è troppo lontana da quella dei gironi dell'Inferno dantesco (Dante, pare, attraverso i suoi viaggi in Provenza conosceva la letteratura Islamica: la Provenza era vicina anche culturalmente alla Spagna dei Mori). Le difficoltà spingono molti alla rinuncia, molti portano a morte.
Trenta uccelli, guidati dall'upupa, alla fine del viaggio tremendo (le ultime valli sono quella della morte, e quella della disperazione), riescono nell'impresa ritenuta impossibile: raggiungono la vetta del Khaf.
E lì scoprono d'essere un solo Uccello, pur essendo trenta uccelli diversi. In quel preciso momento, il Simurgh risorge dalle sue ceneri, e sa di essere quei trenta uccelli, quell'unico Uccello.
Leggete la parte finale di questo poema, rileggete l'ultimo Canto del Paradiso, e poi se volete ditemi se ci trovate somiglianze concettuali fondamentali. Una Rosa composta di tanti petali, o che genera tanti petali. Un Uccello, composto da tanti uccelli, o che li genera. La Bellezza, allo stato puro. E un canto alrissimo alla possibilità di conseguirla, nello sforzo congiunto, fra eguali.
Ne esistono, che io sappia, due diverse traduzioni italiane (in prosa: tradurre il modo di rimare dei persiani è impossibile). Consiglio quella dell'editore SE, che volge il titolo in "Il Verbo degli Uccelli".
Prima di accennare alla trama, ricordo che è per la conoscenza di questo libro che in Occidente si ha notizia dell'Araba Fenice. Il Simurgh, nell'originale. Ricordo anche che era fra i libri più amati di Jorge Luis Borges, uno che aveva letto tutta o quasi la letteratura occidentale.
Per comprendere la trama, sono anche necessarie due premesse:
- gli uccelli sono universalmente, dalla Persia di Attar alla Liguria di Montale, metafora delle anime individuali, per la loro capacità di "volare alto" (Bene non seppi, fuori del prodigio/ che schiude la divina indifferenza:/ era la statua nella sonnolenza/ del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato, canta Eugenio Montale inuno dei suoi ossi di seppia);
- il Simurgh, noto anche come la fenice capace di risorgere dalla sue ceneri, è l'anima del mondo, il signore d'ogni singolo uccello; e ogni uccello, quando alto è levato, come il falco di montale, ne intuisce o ne spera l'esistenza, pur non avendolo mai visto, pur non potendo mai essere certo che esista.
La trama, dunque:
Un giorno, uno stuolo di uccelli, sotto la guida dell'upupa (l'ilare uccello dei poeti, l'anima della poesia, ci ricorda Montale che conosceva bene il Mantiq ut Tair), si riunisce in una vertiginosa assemblea volante. Una parte dell'assemblea decide di tentare l'estrema avventura: raggiungere la vetta, considerata inaccessibile, del monte Khaf, dove la leggenda dice che viva , muoia, e risorga dalla proprie ceneri il Simurgh. Gli altri, scettici, indifferenti oppure spaventati dall'impresa impossibile, si allontanano. Spariscono nel Nulla.
Nel viaggio, gli uccelli che, a centinaia, avevano concordato di tentare l'ipresa condivisa, parlano fra loro dei mille dubbi che li attanagliano, delle poche cose che sanno, diverse per ognuno. Attraversano così sette valli, la cui descrizione non è troppo lontana da quella dei gironi dell'Inferno dantesco (Dante, pare, attraverso i suoi viaggi in Provenza conosceva la letteratura Islamica: la Provenza era vicina anche culturalmente alla Spagna dei Mori). Le difficoltà spingono molti alla rinuncia, molti portano a morte.
Trenta uccelli, guidati dall'upupa, alla fine del viaggio tremendo (le ultime valli sono quella della morte, e quella della disperazione), riescono nell'impresa ritenuta impossibile: raggiungono la vetta del Khaf.
E lì scoprono d'essere un solo Uccello, pur essendo trenta uccelli diversi. In quel preciso momento, il Simurgh risorge dalle sue ceneri, e sa di essere quei trenta uccelli, quell'unico Uccello.
Leggete la parte finale di questo poema, rileggete l'ultimo Canto del Paradiso, e poi se volete ditemi se ci trovate somiglianze concettuali fondamentali. Una Rosa composta di tanti petali, o che genera tanti petali. Un Uccello, composto da tanti uccelli, o che li genera. La Bellezza, allo stato puro. E un canto alrissimo alla possibilità di conseguirla, nello sforzo congiunto, fra eguali.
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