Un ritratto spietato di tre generazioni che racchiudono un'epoca; una voce che parla con estrema freschezza anche ai lettori e alle lettrici di oggi.
Primavera 1974. Dopo dodici anni di esilio volontario tra Parigi e Londra, Natàlia Miralpeix torna a Barcellona. La città che l'accoglie, in apparenza, è la stessa di sempre: Franco è ancora al potere, l'anarchico Puig Antich è appena stato giustiziato e la vecchia generazione porta con sé le ferite nascoste della Guerra Civile, i propri sogni infranti, i desideri non realizzati. Per Natàlia il rientro a casa significa ritrovare la sua famiglia, i cui componenti, nel grigiore del momento, cercano disperatamente di dare un senso alla loro esistenza: zia Patrícia, vedova di un poeta decaduto con manie di grandezza, che ora si tinge i capelli, fuma, e ha una passione sfrenata per il vino rosso; la cognata Sílvia, pupilla di un ricco imprenditore, circondata da stoviglie pregiate, biancheria di prim'ordine e da una superficialità disarmante; il fratello Lluís, cinico architetto di fama, simbolo di un futuro promettente e prospero. Infine Màrius, il nipote adolescente, appassionato di poesia e di Jimi Hendrix, che mostra a Natàlia come la rivoluzione sessuale, politica e artistica delle nuove generazioni sia in realtà già nell'aria. Natàlia si muove a fatica tra la sua educazione borghese e la voglia di libertà, mentre il passato si riaffaccia alla memoria: l'incontro con il giovane comunista Emilio, al centro delle rivolte studentesche di quegli anni, e l'episodio drammatico che l'ha spinta ad andarsene da Barcellona. Natàlia è una donna che si rifiuta di adeguarsi alle aspettative sociali e a valori che non sente suoi, desiderosa di trovare la propria strada, per vivere, finalmente, il tempo delle ciliegie, la primavera della gioia. L'importante riscoperta di una scrittrice catalana, voce di primissimo piano nel panorama intellettuale spagnolo degli anni Settanta e Ottanta, i cui romanzi hanno suscitato l'entusiasmo unanime della critica in tutta Europa.
Montserrat Roig è un'autrice spagnola – anzi, catalana – morta da tempo e davvero poco nota al pubblico italiano, ma che viene riscoperta oggi con questa pubblicazione di Mondadori. La sua scrittura è certamente asciutta, diretta, ricca di salti temporali e deviazioni dal percorso tracciato. Appare, inoltre, superficiale, quasi casuale… ben presto si comprende, però, che questa superficialità è solo apparente e serve a nascondere ciò di cui nessuno ha voglia di parlare nella Spagna del 1974, poco prima che cada il regime franchista, poco prima dell'agognato ingresso nel mercato comune… Non è facile adeguarsi ai grossi cambiamenti, non lo è per tutti allo stesso modo, e c'è anche chi perde la bussola. C'è chi scappa dalla sua famiglia e forse da se stessa, come Natalia, la protagonista di facciata di questo libro che in realtà di storie e microstorie intrecciate alla sua ne ha tante. Ma che dire…? È un libro interessante, questo, da leggere se vi piace e vi interessa la Spagna e la Catalogna degli anni 70.
Primavera 1974. Dopo dodici anni di esilio volontario tra Parigi e Londra, Natàlia Miralpeix torna a Barcellona. La città che l'accoglie, in apparenza, è la stessa di sempre: Franco è ancora al potere, l'anarchico Puig Antich è appena stato giustiziato e la vecchia generazione porta con sé le ferite nascoste della Guerra Civile, i propri sogni infranti, i desideri non realizzati. Per Natàlia il rientro a casa significa ritrovare la sua famiglia, i cui componenti, nel grigiore del momento, cercano disperatamente di dare un senso alla loro esistenza: zia Patrícia, vedova di un poeta decaduto con manie di grandezza, che ora si tinge i capelli, fuma, e ha una passione sfrenata per il vino rosso; la cognata Sílvia, pupilla di un ricco imprenditore, circondata da stoviglie pregiate, biancheria di prim'ordine e da una superficialità disarmante; il fratello Lluís, cinico architetto di fama, simbolo di un futuro promettente e prospero. Infine Màrius, il nipote adolescente, appassionato di poesia e di Jimi Hendrix, che mostra a Natàlia come la rivoluzione sessuale, politica e artistica delle nuove generazioni sia in realtà già nell'aria. Natàlia si muove a fatica tra la sua educazione borghese e la voglia di libertà, mentre il passato si riaffaccia alla memoria: l'incontro con il giovane comunista Emilio, al centro delle rivolte studentesche di quegli anni, e l'episodio drammatico che l'ha spinta ad andarsene da Barcellona. Natàlia è una donna che si rifiuta di adeguarsi alle aspettative sociali e a valori che non sente suoi, desiderosa di trovare la propria strada, per vivere, finalmente, il tempo delle ciliegie, la primavera della gioia. L'importante riscoperta di una scrittrice catalana, voce di primissimo piano nel panorama intellettuale spagnolo degli anni Settanta e Ottanta, i cui romanzi hanno suscitato l'entusiasmo unanime della critica in tutta Europa.
Montserrat Roig è un'autrice spagnola – anzi, catalana – morta da tempo e davvero poco nota al pubblico italiano, ma che viene riscoperta oggi con questa pubblicazione di Mondadori. La sua scrittura è certamente asciutta, diretta, ricca di salti temporali e deviazioni dal percorso tracciato. Appare, inoltre, superficiale, quasi casuale… ben presto si comprende, però, che questa superficialità è solo apparente e serve a nascondere ciò di cui nessuno ha voglia di parlare nella Spagna del 1974, poco prima che cada il regime franchista, poco prima dell'agognato ingresso nel mercato comune… Non è facile adeguarsi ai grossi cambiamenti, non lo è per tutti allo stesso modo, e c'è anche chi perde la bussola. C'è chi scappa dalla sua famiglia e forse da se stessa, come Natalia, la protagonista di facciata di questo libro che in realtà di storie e microstorie intrecciate alla sua ne ha tante. Ma che dire…? È un libro interessante, questo, da leggere se vi piace e vi interessa la Spagna e la Catalogna degli anni 70.