qweedy
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"Al Kat Zet, la zona d'interesse, la vita scorre placidamente: madri che passeggiano con le figliolette, ricchi pasti serviti alla mensa ufficiali, tediosa burocrazia negli uffici, caldi incontri nelle alcove. Tutto intorno un'altra vita, se questa è vita, freme e spira, a centinaia, a migliaia, giù per le fosse, su per i camini. Ma qui, lungo il viale alberato della zona d'interesse, comprendente terreni, officine e centro residenziale delle SS, due amici d'infanzia, Golo Thomsen, ufficiale di collegamento fra l'industria bellica e il Reich, e Boris Eltz, capitano valoroso e senza scrupoli, possono fantasticare sulle morbide forme della procace Hannah Doll, moglie dello spietato Kommandant del campo, come in un qualunque caffè del centro. Il grottesco per parlare dell'orrore. Amis affida quella dimensione a Paul Doli, che con i suoi tic, le sue ansie e le sue lascivie, incarna tutto l'assurdo del regime. Della tragedia è invece interprete Szmul, capo dei Sonderkommando, "gli uomini più tristi del Lager". Szmul il corvo del crematorio, Szmul che traffica in cadaveri. E resta spazio, nel catalogo delle esperienze umane travolte dall'orrore, per l'investigazione dell'amore in tempo di strage, attraverso il racconto dei turbamenti passional-sentimentali dell'arianissimo Golo, terza voce narrante del romanzo. Ma può nascere qualcosa di buono sullo sfondo dei camini?"
Il britannico Martin Amis ambienta questo suo quattordicesimo romanzo nella cosiddetta “zona d’interesse” (Interessengebiet) e cioè quella zona che si trovava intorno al campo di Auschwitz, in Polonia: un’area di circa 25 miglia amministrata e controllata dalle SS, delimitata da un muro sottile, in cui si trovavano i loro uffici e le case in cui vivevano con mogli e figli. Qui predomina l’odore acre di putrefazione del Prato di Primavera e quello diffuso dalle ciminiere “di cartone misto a marciume bagnato”, il “fetore della fame” e il “sentore strisciante di urina” e, alla fine, persino quello del respiro pesante di Berlino che soffre per l’appunto di alitosi, un odore così diverso da quello buono, all’inizio del romanzo, degli ariani.
Nel romanzo, la Zona di interesse di Auschwitz diventa il Kat Zet 1 (abbreviazione di Konzentrationslager), e ciò che avviene in quel perimetro è riportato narrativamente da un triplice punto di vista, quello di Angelus “Golo” Thomsen, raccomandato di ferro e gigolo impenitente, nipote del segretario privato di Hitler e collaboratore presso l’azienda chimica IG Farben; del comandante Doll, vittimista e delirante, e dell'ebreo polacco Szmul, il capo dei Sonderkommando, incaricati di riempire e svuotare le camere a gas del campo e pertanto “infinitamente disgustosi, e anche infinitamente tristi”.
Sarà il corrotto e spregevole Doll a intuire che si tratta né più né meno dell’odore della cattiveria: “Se quella che stiamo facendo è una cosa buona, perché ha un odore così pervicacemente cattivo?… Perché facciamo diventare marrone la neve? Perché facciamo questo? Rendere la neve simile a merda d’angelo?”. E sarà ancora per via di quell’odore che sua moglie Hannah, una “sorta di Giove di erotica gravità”, pur illudendosi di vedere in Thomsen “la decenza e la normalità e la civiltà” e intrattenendo con lui un perverso gioco di corrispondenze amorose, dopo la sconfitta della Germania fa perdere le tracce di sé. Dopo anni di ricerche, Thomsen riesce a scovarla, ma solo per sentirsi dire che è tempo di arrendersi: “Quando la vedo sono di nuovo là. Quando la vedo sento l’odore. E non voglio sentire l’odore”.
Amis fa larghissimo uso di dark humor quando parla di carne marcia e maleodorante (sempre quel tema dell’odore…) e le moltissime parole conservate in tedesco sia nell’originale inglese che nelle traduzioni francese ed italiana hanno un effetto stridente, irritante.
E’ un libro difficile, questo. Corrosivo e destabilizzante. Ha generato (e continua a generare ancora oggi) molte perplessità e polemiche.
Gallimard in Francia, e Hanser Verlag in Germania, editori abituali di Amis, si rifiutano di pubblicarlo malgrado l’accuratissima ricostruzione storica e la decisione di evocare, senza mai menzionare, tutti i personaggi di spicco. Quel nome, per esempio, non è mai citato. Occorre giungere alla postfazione perché Adolf Hitler faccia la sua comparsa scortato da virgolette; solo così, infatti, “sembra leggermente più gestibile”.
Dal romanzo di Martin Amis è stato liberamente tratto nel 2023 The Zone of Interest, il film scritto e diretto da Jonathan Glazer. Presentato in concorso al Festival di Cannes del 2023, il film ha vinto nel 2024 il Premio Oscar come miglior film in lingua straniera.
Consigliato, ma non per tutti, è una lettura ostica, disturbante, perché narra le vicende dal punto di vista dei nazisti.
“E' vero quel che si dice, qui nel KL: Nessuno conosce se stesso. Chi sei tu? Non lo sai. Poi arrivi nella Zona d’Interesse, e lei ti dice chi sei.” (Doll)
“O impazzisci nei primi dieci minuti, – si dice spesso, – o ti ci abitui”. Potreste obiettare che quelli che ci si abituano di fatto impazziscono. E c’è un altro esito possibile: non impazzire e non abituarcisi. (Szmul)
“Mi sono acceso un sigaro per disinfettarmi le narici. L’odore nel Blocco 4 (VI) era un odore diverso: non quello di totale putrefazione del prato e del rogo, né quello diffuso dalle ciminiere (di cartone misto a marciume bagnato, che tra l’altro, con i suoi miasmi ittici, ti ricordava come l’essere umano discenda dai pesci). No, era il contrito fetore della fame – gli acidi e i gas della digestione frustrata, più un sentore strisciante di urina.“
”[…] che buon odore avevano gli ariani! Se li avessi ridotti in fumo e fiamme, le loro ossa carbonizzate (ero fiducioso) non sarebbero venute meno a quella fresca fragranza!“
“Se quella che stiamo facendo è una cosa buona, perchè ha un odore così pervicacemente cattivo? Sulla rampa, la sera, perchè avvertiamo quell’incontrovertibile bisogno di ubriacarci brutalmente? Perchè abbiamo fatto ribollire e sfrigolare il prato? Le mosche grosse quanto more, i parassiti, le malattie, ach, scheusslich, schmierig – perchè? Perchè le canaglie si aggiudicano 5 razioni a pagnotta? Perchè i pazzi, e solo i pazzi, qui sembrano trovarsi bene? Perchè qui il concepimento e la gestazione non promettono nuova vita ma morte sicura per madre e figlio? Ach, perchè der Dreck, der Sumpf, der Schleim? Perchè facciamo diventare marrone la neve? Perchè facciamo questo? Rendere la neve simile a merda d’angelo? Perchè facciamo questo?”
“Gli occhi del Sonderkommandofuhrer Szmul. I suoi occhi sono andati, morti, defunti, estinti. Ha gli occhi di un Sonder.”
“Solo una vittima ha il diritto di dire che da lì non c’è possibilità di ritorno… Lei ha forse perso i capelli e la metà del suo peso? Ride forse ai funerali perché fanno tante storie per un solo morto? La sua vita è mai dipesa dallo stato delle sue scarpe?”
“Sí, pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la piú colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha potuto piegarsi a una tale, sfrenata, spropositata ignominia? Cos’ha fatto sí che il suo popolo, uomini e donne, acconsentisse a farsi stuprare l’anima – e a farsela stuprare da un eunuco (Grofaz: il Priapo illibato, il Dioniso astemio, il Tyrannosaurus rex vegetariano)? Da dove è scaturito, il bisogno di un’esplorazione del bestiale tanto metodica, pedante, letterale? Io naturalmente non lo sapevo”
«Ich Wusste Nichts Uber Es» (Io Non Ne Sapevo Niente) era il nuovo inno nazionale.
“Forse, quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perchè comprendere è quasi giustificare. Mi spiego: «comprendere» un proponimento o un comportamento umano significa (anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l’autore, mettersi al suo posto, identificarsi con lui. Ora, nessun uomo normale potrà mai identificarsi con Hitler, Himmler, Goebbels, Eichmann e infiniti altri. Questo ci sgomenta, ed insieme ci porta sollievo: perchè forse è desiderabile che le loro parole (ed anche, purtroppo, le loro opere) non ci riescano più comprensibili. Sono parole ed opere non umane, anzi, contro-umane Nell’odio nazista non c’è razionalità: è un odio che non è in noi, è fuori dell’uomo”
“Qui non c’è perché” è la risposta al perché accade, la stessa – ricorda Amis – che si sente dare Primo Levi nel febbraio 1944, quando, appena arrivato ad Auschwitz, spogliato, lavato, rasato, tatuato e rivestito di stracci, apre una finestra della baracca in cui sono stati ammassati i prigionieri italiani. Il suo audace tentativo di afferrare un ghiacciolo e attenuare l’arsura è vanificato dal gesto brutale di una guardia che glielo strappa di mano, ricacciandolo dentro con uno spintone. “Warum?”, gli domanda Levi. “Hier ist kein Warum” si sente rispondere.
Il britannico Martin Amis ambienta questo suo quattordicesimo romanzo nella cosiddetta “zona d’interesse” (Interessengebiet) e cioè quella zona che si trovava intorno al campo di Auschwitz, in Polonia: un’area di circa 25 miglia amministrata e controllata dalle SS, delimitata da un muro sottile, in cui si trovavano i loro uffici e le case in cui vivevano con mogli e figli. Qui predomina l’odore acre di putrefazione del Prato di Primavera e quello diffuso dalle ciminiere “di cartone misto a marciume bagnato”, il “fetore della fame” e il “sentore strisciante di urina” e, alla fine, persino quello del respiro pesante di Berlino che soffre per l’appunto di alitosi, un odore così diverso da quello buono, all’inizio del romanzo, degli ariani.
Nel romanzo, la Zona di interesse di Auschwitz diventa il Kat Zet 1 (abbreviazione di Konzentrationslager), e ciò che avviene in quel perimetro è riportato narrativamente da un triplice punto di vista, quello di Angelus “Golo” Thomsen, raccomandato di ferro e gigolo impenitente, nipote del segretario privato di Hitler e collaboratore presso l’azienda chimica IG Farben; del comandante Doll, vittimista e delirante, e dell'ebreo polacco Szmul, il capo dei Sonderkommando, incaricati di riempire e svuotare le camere a gas del campo e pertanto “infinitamente disgustosi, e anche infinitamente tristi”.
Sarà il corrotto e spregevole Doll a intuire che si tratta né più né meno dell’odore della cattiveria: “Se quella che stiamo facendo è una cosa buona, perché ha un odore così pervicacemente cattivo?… Perché facciamo diventare marrone la neve? Perché facciamo questo? Rendere la neve simile a merda d’angelo?”. E sarà ancora per via di quell’odore che sua moglie Hannah, una “sorta di Giove di erotica gravità”, pur illudendosi di vedere in Thomsen “la decenza e la normalità e la civiltà” e intrattenendo con lui un perverso gioco di corrispondenze amorose, dopo la sconfitta della Germania fa perdere le tracce di sé. Dopo anni di ricerche, Thomsen riesce a scovarla, ma solo per sentirsi dire che è tempo di arrendersi: “Quando la vedo sono di nuovo là. Quando la vedo sento l’odore. E non voglio sentire l’odore”.
Amis fa larghissimo uso di dark humor quando parla di carne marcia e maleodorante (sempre quel tema dell’odore…) e le moltissime parole conservate in tedesco sia nell’originale inglese che nelle traduzioni francese ed italiana hanno un effetto stridente, irritante.
E’ un libro difficile, questo. Corrosivo e destabilizzante. Ha generato (e continua a generare ancora oggi) molte perplessità e polemiche.
Gallimard in Francia, e Hanser Verlag in Germania, editori abituali di Amis, si rifiutano di pubblicarlo malgrado l’accuratissima ricostruzione storica e la decisione di evocare, senza mai menzionare, tutti i personaggi di spicco. Quel nome, per esempio, non è mai citato. Occorre giungere alla postfazione perché Adolf Hitler faccia la sua comparsa scortato da virgolette; solo così, infatti, “sembra leggermente più gestibile”.
Dal romanzo di Martin Amis è stato liberamente tratto nel 2023 The Zone of Interest, il film scritto e diretto da Jonathan Glazer. Presentato in concorso al Festival di Cannes del 2023, il film ha vinto nel 2024 il Premio Oscar come miglior film in lingua straniera.
Consigliato, ma non per tutti, è una lettura ostica, disturbante, perché narra le vicende dal punto di vista dei nazisti.
“E' vero quel che si dice, qui nel KL: Nessuno conosce se stesso. Chi sei tu? Non lo sai. Poi arrivi nella Zona d’Interesse, e lei ti dice chi sei.” (Doll)
“O impazzisci nei primi dieci minuti, – si dice spesso, – o ti ci abitui”. Potreste obiettare che quelli che ci si abituano di fatto impazziscono. E c’è un altro esito possibile: non impazzire e non abituarcisi. (Szmul)
“Mi sono acceso un sigaro per disinfettarmi le narici. L’odore nel Blocco 4 (VI) era un odore diverso: non quello di totale putrefazione del prato e del rogo, né quello diffuso dalle ciminiere (di cartone misto a marciume bagnato, che tra l’altro, con i suoi miasmi ittici, ti ricordava come l’essere umano discenda dai pesci). No, era il contrito fetore della fame – gli acidi e i gas della digestione frustrata, più un sentore strisciante di urina.“
”[…] che buon odore avevano gli ariani! Se li avessi ridotti in fumo e fiamme, le loro ossa carbonizzate (ero fiducioso) non sarebbero venute meno a quella fresca fragranza!“
“Se quella che stiamo facendo è una cosa buona, perchè ha un odore così pervicacemente cattivo? Sulla rampa, la sera, perchè avvertiamo quell’incontrovertibile bisogno di ubriacarci brutalmente? Perchè abbiamo fatto ribollire e sfrigolare il prato? Le mosche grosse quanto more, i parassiti, le malattie, ach, scheusslich, schmierig – perchè? Perchè le canaglie si aggiudicano 5 razioni a pagnotta? Perchè i pazzi, e solo i pazzi, qui sembrano trovarsi bene? Perchè qui il concepimento e la gestazione non promettono nuova vita ma morte sicura per madre e figlio? Ach, perchè der Dreck, der Sumpf, der Schleim? Perchè facciamo diventare marrone la neve? Perchè facciamo questo? Rendere la neve simile a merda d’angelo? Perchè facciamo questo?”
“Gli occhi del Sonderkommandofuhrer Szmul. I suoi occhi sono andati, morti, defunti, estinti. Ha gli occhi di un Sonder.”
“Solo una vittima ha il diritto di dire che da lì non c’è possibilità di ritorno… Lei ha forse perso i capelli e la metà del suo peso? Ride forse ai funerali perché fanno tante storie per un solo morto? La sua vita è mai dipesa dallo stato delle sue scarpe?”
“Sí, pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la piú colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha potuto piegarsi a una tale, sfrenata, spropositata ignominia? Cos’ha fatto sí che il suo popolo, uomini e donne, acconsentisse a farsi stuprare l’anima – e a farsela stuprare da un eunuco (Grofaz: il Priapo illibato, il Dioniso astemio, il Tyrannosaurus rex vegetariano)? Da dove è scaturito, il bisogno di un’esplorazione del bestiale tanto metodica, pedante, letterale? Io naturalmente non lo sapevo”
«Ich Wusste Nichts Uber Es» (Io Non Ne Sapevo Niente) era il nuovo inno nazionale.
“Forse, quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perchè comprendere è quasi giustificare. Mi spiego: «comprendere» un proponimento o un comportamento umano significa (anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l’autore, mettersi al suo posto, identificarsi con lui. Ora, nessun uomo normale potrà mai identificarsi con Hitler, Himmler, Goebbels, Eichmann e infiniti altri. Questo ci sgomenta, ed insieme ci porta sollievo: perchè forse è desiderabile che le loro parole (ed anche, purtroppo, le loro opere) non ci riescano più comprensibili. Sono parole ed opere non umane, anzi, contro-umane Nell’odio nazista non c’è razionalità: è un odio che non è in noi, è fuori dell’uomo”
“Qui non c’è perché” è la risposta al perché accade, la stessa – ricorda Amis – che si sente dare Primo Levi nel febbraio 1944, quando, appena arrivato ad Auschwitz, spogliato, lavato, rasato, tatuato e rivestito di stracci, apre una finestra della baracca in cui sono stati ammassati i prigionieri italiani. Il suo audace tentativo di afferrare un ghiacciolo e attenuare l’arsura è vanificato dal gesto brutale di una guardia che glielo strappa di mano, ricacciandolo dentro con uno spintone. “Warum?”, gli domanda Levi. “Hier ist kein Warum” si sente rispondere.
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