Pathurnia
Well-known member
Premetto che il titolo non c'entra niente, le donne di Messina vengono citate solo in poche righe.
E' la storia di un gruppo di sfollati che si ritrovano insieme nel '45 dopo i quasi due anni che l'Italia era stata divisa in due dopo l'armistizio di Cassibile. Raminghi e disperati, senza un governo stabile, senza punti di riferimento o risorse, donne e uomini venuti da ogni parte d'Italia si uniscono per stabilirsi su di un terreno già pieno di mine. Riescono a bonificarlo, a coltivarlo, a fondare una comunità di contadini non avendo altro che la disperazione, all'inizio, e la coesione in seguito. Amori, progressi, speranze. La storia si intreccia con quella di un mitico viaggiatore che percorre l'Italia in treno cercando la figlia fuggita. Dopo immensi sacrifici gli ex sfollati (ormai uniti da un fortissimo senso di appartenenza e di comunione) avranno il primo raccolto di frumento, ma il vero nemico non sarà il freddo e nemmeno la fame. Sarà il cosiddetto progresso che ingloberà la loro realtà fatta di solidarietà, rozza, primitiva ma piena di calore umano e autentica uguaglianza, in nome del profitto e della modernità.
Lo stile di Vittorini in questo romanzo è asciutto e insieme poetico, la coralità in certi momenti ricorda una tragedia greca; l'amore è evocato ma mai reso esplicito, eppure si sente pienamente.
La lettura non è facilissima, Vittorini narra l'epopea di questa comunità con un linguaggio e una musicalità del tutto originali, ma una volta che si è "fatto l'orecchio" al ritmo della sua prosa diventa tutto commovente.
E comunque, è la nostra storia.
E' la storia di un gruppo di sfollati che si ritrovano insieme nel '45 dopo i quasi due anni che l'Italia era stata divisa in due dopo l'armistizio di Cassibile. Raminghi e disperati, senza un governo stabile, senza punti di riferimento o risorse, donne e uomini venuti da ogni parte d'Italia si uniscono per stabilirsi su di un terreno già pieno di mine. Riescono a bonificarlo, a coltivarlo, a fondare una comunità di contadini non avendo altro che la disperazione, all'inizio, e la coesione in seguito. Amori, progressi, speranze. La storia si intreccia con quella di un mitico viaggiatore che percorre l'Italia in treno cercando la figlia fuggita. Dopo immensi sacrifici gli ex sfollati (ormai uniti da un fortissimo senso di appartenenza e di comunione) avranno il primo raccolto di frumento, ma il vero nemico non sarà il freddo e nemmeno la fame. Sarà il cosiddetto progresso che ingloberà la loro realtà fatta di solidarietà, rozza, primitiva ma piena di calore umano e autentica uguaglianza, in nome del profitto e della modernità.
Lo stile di Vittorini in questo romanzo è asciutto e insieme poetico, la coralità in certi momenti ricorda una tragedia greca; l'amore è evocato ma mai reso esplicito, eppure si sente pienamente.
La lettura non è facilissima, Vittorini narra l'epopea di questa comunità con un linguaggio e una musicalità del tutto originali, ma una volta che si è "fatto l'orecchio" al ritmo della sua prosa diventa tutto commovente.
E comunque, è la nostra storia.