bouvard
Well-known member
Ho sempre rimandato la lettura della Nemirovsky perché avevo il grande timore di rimanerne delusa. All’inizio di quest’anno mi sono fatta coraggio ed ho deciso di leggere Il ballo. All’inizio mi ha subito presa e pensavo di trovarmi di fronte ad un’altra Signorina Else, invece man mano che la lettura proseguiva cresceva la delusione. Per carità Il ballo non è un brutto libro, ma secondo me è molto meno bello di quanto sarebbe potuto essere, leggendolo ho avuto l’impressione che, a differenza di Schnitzler, la Nemirovsky non abbia saputo scandagliare a fondo l’animo della sua protagonista, restando alla superficie delle cose. Quest’estate ho deciso di riprovarci leggendo La nemica che, sebbene affronti le stesse tematiche, mi è piaciuto molto di più. Ma perché scoppiasse l’amore per questa scrittrice ho dovuto aspettare settembre e la lettura di questo libro.
In Come mosche d’autunno la Nemirovsky parte dall’esperienza della fuga della sua famiglia dalla Russia all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre per parlarci dello sradicamento della famiglia Karin e la sua fuga a Parigi.
La memoria è il tema fondamentale di questo libricino (è lungo poco più di 100 pagine), memoria protetta e conservata in maniera ossessiva dalla balia dei Karin Tat’jana Ivanovna, voce narrante del libro. E’ un libro sul declino di un’epoca, sulla fine di un mondo (quello degli zar) e in questo mi ha ricordato tanto i libri di Joseph Roth, stesso struggimento, stesso odore di rose appassite.
Paradossalmente i membri della famiglia Karin accettano però questa loro decadenza, con una sorta di fatale rassegnazione, un po’ come le mosche che in autunno stanche della frenetica vita estiva si lasciano morire in un lento languore, a non accettarla è invece proprio Tat’jana che di quel mondo scomparso era in fondo uno dei gradini più bassi.
Vi avviso questo è un libro triste, non esente da qualche lacrimuccia, la dolorosa nostalgia di Tat’jana per la neve russa non la dimenticherete facilmente. Consigliato.
In Come mosche d’autunno la Nemirovsky parte dall’esperienza della fuga della sua famiglia dalla Russia all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre per parlarci dello sradicamento della famiglia Karin e la sua fuga a Parigi.
La memoria è il tema fondamentale di questo libricino (è lungo poco più di 100 pagine), memoria protetta e conservata in maniera ossessiva dalla balia dei Karin Tat’jana Ivanovna, voce narrante del libro. E’ un libro sul declino di un’epoca, sulla fine di un mondo (quello degli zar) e in questo mi ha ricordato tanto i libri di Joseph Roth, stesso struggimento, stesso odore di rose appassite.
Paradossalmente i membri della famiglia Karin accettano però questa loro decadenza, con una sorta di fatale rassegnazione, un po’ come le mosche che in autunno stanche della frenetica vita estiva si lasciano morire in un lento languore, a non accettarla è invece proprio Tat’jana che di quel mondo scomparso era in fondo uno dei gradini più bassi.
Vi avviso questo è un libro triste, non esente da qualche lacrimuccia, la dolorosa nostalgia di Tat’jana per la neve russa non la dimenticherete facilmente. Consigliato.