Hardy, Thomas - Via dalla pazza folla

Roberto89

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"Via dalla pazza folla" narra le appassionanti vicende di Gabriel Oak, un giovane la cui vita viene sconvolta dall'inatteso arrivo dell'affascinante Bathsheba, bellezza orgogliosa e nullatenente di cui s'innamora. Quando le chiede di sposarlo lei lo rifiuta, ma i loro destini tornano a incrociarsi: mentre lei eredita una fattoria dallo zio, lui perde tutti i suoi averi in una notte di tempesta. Si ritrova cosi costretto a lavorare per Bathsheba e a contendersi le sue attenzioni con altri due uomini. Se un romanzo può essere completamente intriso d'amore, ebbene questo lo è. Un amore per tutto, e non solo per le cose vive: per le melodie polifoniche del vento e per il linguaggio delle stelle, per le piante e per i colori, per il tempo che passa da un sorriso a una minaccia, per la fragilità della vita o per l'incanto di un gioco di luci. E, soprattutto, per la misteriosa algebra dei sentimenti umani. In questo scenario in cui tutto ha un'anima, o sembra proprio averla, si muovono i personaggi di un ambiente rurale, quello tanto amato da Hardy; e ci accorgiamo che proprio in quell'ambiente è forse possibile scoprire meglio il vero funzionamento, quello più riposto, della condizione umana. Perché è nella natura, dentro la natura e, appunto, via dalla pazza folla, che l'essere umano riesce a mettere a nudo la sua vera anima. I personaggi possono essere contadini o mercanti, ricchi agricoltori o servette, ubriaconi o bigotti, donnine impaurite o tipacci arroganti, amanti folli o fedeli innamorati, ma fra tutti emerge maestosa l'eroina del romanzo: donna sensibile, bella, intelligente, ma pur sempre donna, con tutte le contraddizioni della sua gelosia e dei suoi pudori, della vanità e dei capricci, degli scrupoli, della passione, e quindi infine del suo amore: è una donna di cui non si può fare a meno di innamorarsi candidamente, per non dimenticarla mai più.

Fonte: IBS
 

Roberto89

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ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER

Ambientato in una località inventata dell'Inghilterra vittoriana, il Wessex, Via dalla pazza folla è un romanzo che ruota attorno ad alcuni temi comuni della letteratura di quel periodo: l'amore (nelle sue varie sfaccettature), l'orgoglio, l'indipendenza femminile. La protagonista della storia è Bathsheba Everdene, una ragazza che si ritrova ad ereditare una fattoria appartenuta a uno zio e che decide, contro l'opinione comune, di prenderne le redini, spinta dal suo desiderio di indipendenza e anche da un pizzico di orgoglio. Le vicende che seguiranno la porteranno però a rivalutare la sua scala di valori e a scoprire ciò che più conta per lei.

Il primo personaggio che l'autore introduce però non è Bathsheba ma Gabriel Oak, forse il vero protagonista della storia, anche se destinato a restare quasi nell'ombra per gran parte del romanzo. Il contrasto fra i due co-protagonisti è forse la chiave del romanzo, perché da un lato abbiamo Gabriel, che si mostra umile ed equilibrato, pieno di spirito di sacrificio, senza troppe pretese che vadano oltre la sua portata, capace di adattarsi anche quando perde tutto; dall'altro c'è Bathsheba, intelligente e con uno spirito indipendente, che sa cosa vuole e non ha paura di sfidare l'opinione comune se riconosce di essere nel giusto, ma che è anche orgogliosa e un po' suscettibile alla vanità, due difetti che le costeranno non poche sofferenze. Questo leggero contrasto è poi aumentato dalla diversa posizione economica che i due si ritroveranno ad avere.

Se però a una prima lettura, man mano che il romanzo andava avanti, ho avuto l'istinto di condannare Bathsheba per le sue scelte, riflettendoci ho poi concluso che la colpa non è tanto sua, quanto delle sfortunate circostanze in cui si è ritrovata. Perché a causare la rovina di Bathsheba sono stati sì il suo orgoglio e la sua vanità, ma è stata anche portata a dargli troppa attenzione dal cattivo esempio (anche se in buona fede) di Liddy e dalle subdole macchinazioni di Troy. In particolare, quando Bathsheba decide di inviare la valentina a Boldwood piuttosto che al piccolo Teddy Coggan (che al contrario del primo avrebbe pienamente apprezzato lo scherzo), viene spinta a farlo proprio dai commenti di Liddy, che facendole notare come Boldwood si ritenga, secondo l'opinione comune (del tutto errata), ricco e signore, tanto da non degnare nemmeno di uno sguardo Bathsheba, la spinge a pensare che Boldwood avrebbe ben potuto concederle quello sguardo formale di ammirazione che non costa un bel nulla (vedi cap. 13) – quando invece la stessa Bathsheba aveva del tutto ignorato gli sguardi degli altri, dimostrando di non essere così banale e desiderosa di attenzioni. Insomma, Liddy senza volere fa leva sul suo orgoglio e sulla sua vanità, e Bathsheba ci casca in pieno. Sarà poi colpa della sfortuna se invece che fare solo una brutta figura la protagonista si ritroverà ad avere addosso le insistenti attenzioni di quel pover'uomo. A questo si aggiungeranno le macchinazioni di Troy che farà leva sui piccoli difetti di Bathsheba per farne la sua inconsapevole amante, colpevole solo di essersi lasciata trasportare dalla forza travolgente delle adulazioni di Troy (vedi cap. 26).

Ci sono altri esempi che si potrebbero citare, comunque da questi e altri capitoli chiave della storia (in particolare la scelta di Bathsheba di onorare in qualche modo la giovane Fanny, pur sospettando già che ad abbandonarla sia stato non altri che suo marito Troy, e il desiderio di rimediare all'errore fatto con Boldwood, anche se non arriverà mai all'estremo sacrificio di accettarne la proposta di matrimonio) emerge come non sia tanto Bathsheba a cambiare quanto gli eventi della storia a farle capire quanto poco importanti siano l'orgoglio, il desiderio di indipendenza e la vanità di sentirsi bella e ricercata, e a dare invece valore alla presenza dell'unico uomo che le sia stato vicino, in modo spesso completamente disinteressato, e a riconoscere di averne bisogno e di apprezzarne l'amicizia e l'amore che sin dall'inizio del romanzo ha continuato a nutrire per lei.

Riguardo allo stile dell'autore, a parte qualche frase lunga e un po' contorta, che però non incide sulla godibilità della lettura, è da notare l'ironia che emerge in alcuni passaggi. Ne cito uno solo, quello in cui Troy, citando un versetto biblico, dice: E malgrado ciò, mi togliete l'unica tenera pecorella di questa mia vita monotona (cap 26). Il versetto a cui si riferisce è quello in cui il re Davide, a cui certo non mancavano le donne, fra mogli e concubine, si invaghisce di Betsabea (futura madre di Salomone; da notare che Bathsheba e Betsabea sono lo stesso nome), la bella moglie di Uria, suo fidato soldato, tanto da mandarlo in prima linea per farlo morire ed averla così come moglie. È evidente l'ironia in quanto è proprio Troy, con le sue azioni, a togliere al povero Boldwood l'unica cosa che al momento lo renda davvero felice, cioè la speranza di poter sposare l'unica donna che abbia mai amato.

Il romanzo non è esente da difetti, ma tutto sommato è stata una piacevole lettura, e anche se l'inizio è lento e l'autore ci fa aspettare diversi capitoli prima di rivelare abbastanza informazioni sui personaggi e mettere in moto la trama, la seconda metà del romanzo è molto coinvolgente e non mancano un paio di capitoli carichi di tensione. Il finale invece sembra a tratti frettoloso, un po' forzato, non negli avvenimenti ma nel modo in cui vengono descritti. Ma anche in questo caso non mi sembra un difetto così grande da rovinare l'esperienza di lettura.

Voto: 3,5 stelle su 5​
 
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