Lahiri, Jhumpa - L'omonimo

qweedy

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"Ashoke Ganguli sta leggendo un racconto di Gogol, quando il treno su cui viaggia deraglia nella campagna bengalese. E proprio le pagine di quel libro, che nel buio attirano l'attenzione dei soccorritori, lo sottraggono miracolosamente alla morte. Anni dopo, trasferitosi negli Stati Uniti con la moglie, decide di chiamare il primo figlio Gogol, in omaggio all'autore che gli ha salvato la vita. Il ragazzo non capisce le ragioni di questa scelta, trova il nome insulso e imbarazzante e fa di tutto per liberarsene, allontanandosi anche dai genitori e dalle tradizioni di famiglia, fino a quando un evento tragico lo obbliga a ritornare sui suoi passi."

Un romanzo interessante che parla di identità, di emigrazione, di inadeguatezza, di perdita delle radici, temi probabilmente vissuti direttamente dall'autrice bengalese, che infatti ha detto: "Sono cresciuta così in un mondo chiuso dentro un altro mondo”.
Gogol decide di cambiare nome, prima di andare all’università, diventando Nikhil. Cambiando nome, vorrebbe anche cambiare identità, non essere più ABCD, “American-born Confused Deshi”, indiano disorientato nato in America, bilingue perfetto, anche se capace solo di parlare e non di scrivere il bengalese, turista nell’India in cui si reca due volte all’anno a trovare i parenti aspettando con ansia il momento di tornare a “casa”.

A me è piaciuto, anche se un po' lento, soprattutto nella seconda parte.
 
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