Masini, Beatrice - Louisa May Alcott

francesca

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Il libro ha il pregio di far conoscere la vita di Louisa May Alcott, la scrittrice di Piccole donne, un best seller che ha attraversato i decenni con uno slancio e uno smalto che non hanno trovato spiegazioni convincenti.

L’autrice racconta la vita romanzesca della Alcott collocandola pienamente nel suo contesto storico e dandone una visione molto approfondita attraverso l’accostamento con altre scrittrici più o meno contemporanee, come Kate Chopin, Frances Hodgson Burnett, Tillie Olsen, nomi che mi risultavano assolutamente oscuri finché non sono riuscita ad associarli a libri famosissimi, che magari ormai non si leggono più, ma che di sicuro almeno come titoli sono conosciuti (ma non dirò quali, per non togliere il gusto di scoprirlo da soli 😉).

Accanto alla singolare vicenda della Alcott e della sua incredibile famiglia, si scopre qualche piega del tessuto sociale dell’Ottocento in cui si annidavano già idee che pensiamo essere moderne, ma che invece esistevano già più di un secolo fa, magari da perfezionare, come le scuole pre-montessoriane, la vita nelle comuni, il vegetarianismo e simili. Ne viene fuori il ritratto di una donna, la Alcott, che sembra moderna all’apparenza, ma che rimane poi schiacciata comunque dal senso del dovere e del sacrificio, senza mai poter davvero spiccare il volo. Tanto che alla fine ci si chiede se sia stata lei non abbastanza moderna e emancipata da riuscire davvero a realizzarsi; come dire che comunque più di questo non avrebbe potuto essere. Perché a dispetto dell’incredibile successo del suo libro principe “Piccole donne”, la Alcott non ha mai davvero goduto né di questo successo, né in generale è riuscita a realizzare le sue più profonde aspirazioni. Colpa della famiglia, della società che costringevano le donne a dedicarsi a certe attività solo per guadagnare o nel tempo libero dalle occupazioni domestiche e familiari o colpa della stessa Alcott che non riusciva a riconoscere che il suo talento era scrivere quelle cose lì e in quel modo lì, cose cioè che lei chiamava “pappetta moralistica”?

Non c’è risposta nel libro, perché credo che l’intento fosse proprio quello di generare la domanda e una volta generata nel lanciarsi a porsela per tante altre donne, più o meno note. Una risposta al femminile io me la sono data: il fatto stesso che la domanda nasca in questo modo è frutto del maschilismo di una società che ha sempre costretto la donna in ruoli ben definiti, dando pochissime chance di dimostrare il reale talento, polarizzando il concetto che ogni donna riesce ad avere di sé, delle proprie capacità e anche dei propri limiti.

Quello che mi ha disturbato nel libro è stata l’impostazione e lo stile. La biografia della Alcott sembra più un pretesto per far risaltare un certo modo di scrivere dell’autrice. Cioè, c’è troppo della Masini in un libro in cui si vorrebbe avere più Alcott e compagne e meno florilegi metaforici e anche poco pertinenti dell’autrice.

Come dire: se uno ha così tanta voglia di raccontare perché ama scrivere o cosa vuol dire per lui farlo e perché ciò porterà a lasciare i panni stesi sotto la pioggia, non importa si metta a scrivere la biografia di qualcun altro, coraggiosamente scriva la sua. 😉
 
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