Nuraj, Artur - La valle dei bambini perduti

qweedy

Well-known member
"Tirana, 1985. Nell’Albania comunista, a pochi mesi dalla scomparsa del sanguinario dittatore Enver Hoxha, Albertina Basha, la figlia adolescente di un importante membro del Partito, viene trovata impiccata nel salotto di casa. Sembra un caso di suicidio da manuale, ma Ludovik Lamani, il detective al quale viene assegnata l’indagine, nota alcune anomalie sulla scena del crimine. Nel frattempo, una coppia di rom denuncia la scomparsa del nipote di nove anni. Lamani scopre che la sparizione del giovane è legata ad altre scomparse misteriose di ragazzi nomadi avvenute a Tirana e in diverse città albanesi negli ultimi dieci anni: tutti casi archiviati per mancanza di prove. Ambizioso e tenace, Lamani è deciso a risolvere entrambi i casi facendosi aiutare da Vasil, una recluta che lo segue come un’ombra, e Miha, la maestra di danza di Albertina e Brikena, la migliore amica della vittima. Sarà però un’impresa molto più difficile del previsto: Lamani dovrà fare i conti non solo con il Sigurimi – la temibile polizia segreta albanese – ma anche con i fantasmi del suo passato, che riemergono a sprazzi sotto forma di visioni sinistre e sogni agghiaccianti."

Un ottimo noir drammatico e quasi storico da leggere d'un fiato, dall'ambientazione insolita, l'Albania.
Il lato “noir” della storia è incalzante e molto originale, non si riesce a posare il libro e in pochissimo tempo si terminano le oltre quattrocento pagine.

La narrazione delinea anche il profilo politico sociale dell'Albania durante il regime dittatoriale di Enver Hoxha, la vita della popolazione e lo spaccato delle popolazioni nomadi. Mentre l’Europa usciva dalla guerra ed entrava nel benessere, l’Albania si fermava e un’intera nazione veniva oscurata e sottratta agli sguardi esterni. Con uno stile narrativo che cattura l'attenzione del lettore, si descrive il diffuso e imperante sistema di corruzione, si denunciano i metodi cruenti del Segurimi, la polizia di stato, ma anche si fa luce sulla penuria di beni di consumo di prima necessita’ o sui sogni della gente comune di sottrarsi alla dittatura e lasciare il paese, nella consapevolezza che un tale tentativo sarebbe stato inesorabilmente punito con il carcere e i lavori forzati.
Ci vengono forniti molti stralci relativi alle usanze, alle tradizioni culinarie, religiose e sociali del popolo albanese e sull’anima delle citta’.

E' l’ultimo romanzo di Antony J. Latiffi che, per l’occasione, ha deciso di presentarsi ai lettori con il suo vero nome, Artur Nuraj. Nato a Valona, in Albania, nel 1968, vive a Verona.

Consigliatissimo a chi ama il genere!


"Mi chiamo Ludovik Lamani. Sono nato il 23 agosto del 1956 a Valona, una città sulla costa ionica dell’Albania. Sono l’unico figlio di Durim e Kristina Lamani, che, ahimè, non so che fine abbiano fatto. Condizione attuale: prigioniero politico. Altezza: 184 cm. Corporatura: quattro ossa. Peso: da definire. Capelli: castano chiaro. Occhi: verdi. Passione: la lettura. Idee: azzerate. Voglia di combattere: a mille. Credo che sia tutto. Se dovesse venirmi in mente qualcos’altro, sarete i primi a saperlo… A volte isolarsi aiuta a sentirsi liberi. Ed è ciò che faccio ogni santo giorno, chiuso in una gabbia di due metri per due. La mia mente ha già trovato la terra promessa, un posto lontano e vergine dove il tempo non ha alcun valore, e tutto quello che c’è stato prima non esiste. È bello stare lì, e sì, ci si può anche stare per sempre, ma a un certo punto, non so come mai, ho la necessità di sentire la terra sotto i piedi. Non è facile tornare in una realtà come la mia, ma devo farlo per mantenere l’equilibrio. È ciò che mi dice un medico che passa di qui una volta alla settimana: sostiene che la pazienza sia la miglior medicina per le sofferenze."

“Ciao, Nazif, ti ricordi di me?”
Il ragazzo si avvicinò, il fiato corto di chi aveva appena terminato una corsa. “Certo. Tu sei quel signore gaxhije di città”.
“Ti ricordi anche dove ci siamo visti?” domandò l’uomo, eccitato nel vedere il petto del bambino sobbalzare a ogni respiro.
“Al nostro accampamento di Mullet, vicino alla capitale. Sei stato gentile con me. Mi hai regalato caramelle e gomme da masticare.”
L’uomo fissò gli occhi azzurri sotto il ciuffo biondo del bambino. “E tu cosa mi hai promesso, te lo ricordi?”
“Che non avrei fatto parola a nessuno della nostra amicizia.”
 
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