Questo libriccino mi ha fatto l’effetto di altri romanzi altrettanto brevi (talmente brevi che non mi sono nemmeno posta il problema di leggere la trama prima) dai quali non mi aspettavo granché. Beh, non dico di esserne rimasta estasiata, ma quasi.
Io che amo i romanzi lunghi, rimango spesso piacevolmente colpita dalla capacità di un libro, poco più lungo di un racconto, di mantenere un livello così alto, condensando le stesse emozioni che alcuni grandi capolavori ci dispiegano in centinaia e centinaia di pagine.
Ripeto che non conoscevo nulla di quest’opera, se non la fama del titolo e del suo autore; non sapevo che la storia si ambientasse in mare e solo durante la lettura ho immaginato che l’esperienza dovesse avere qualcosa di autobiografico, per la semplice ragione che nessun uomo che non abbia in prima persona vissuto un’esperienza di navigazione può rendere così bene la sua essenza. Certo, non è facilissimo per chi, come me, non abbia alcuna conoscenza nautica se non la distinzione fra prua e poppa, seguire alcuni passaggi abbastanza “tecnici”, ma questo romanzo è molto, molto di più.
È innanzitutto permeato da una forza magnetica: un’atmosfera di sospensione, di attesa, che prende avvio dal momento in cui il protagonista, ufficiale a servizio su una nave a vapore, decide di seguire un impulso improvviso, che lui identifica come la “linea d’ombra” – “quella che ci avverte di dover lasciare alle spalle le ragioni della prima gioventù” – e di licenziarsi per cercare la propria strada altrove. Fin da subito si riconosce una sorta di “fato” in questa scelta, come se il protagonista si sentisse spinto da una forza interiore non meglio identificata.
In effetti tutti gli eventi successivi si incastrano in una sorta di predestinazione. L’ex ufficiale, sceso a terra, incontra l’enigmatico capitano Giles, grazie al quale scopre di essere stato chiamato al suo primo comando: un brigantino in partenza da Bangkok, il cui precedente capitano era morto sulla nave a causa delle febbri orientali. Entusiasta e ricco di aspettative, accetta e parte, convinto che saprà gestire al meglio questo difficile incarico.
Da questo momento in poi il racconto assume in sé i caratteri dell’avventura, della formazione, dell’introspezione, persino del soprannaturale. Il precedente capitano, infatti, è descritto dal suo ex primo ufficiale come un uomo malvagio, che avrebbe voluto veder morto tutto l’equipaggio e che per questo avrebbe lanciato una maledizione. Il protagonista chiaramente non crede a queste storie e si rifiuta anche solo di sentirle nominare, ma le difficoltà che dovrà affrontare lo metteranno comunque in crisi e lo faranno, finalmente diventare un uomo.
“La gente ha una grande opinione dei vantaggi dell’esperienza che, in questo senso, significa sempre qualcosa di spiacevole, in contrasto con l’incanto e con l’innocenza delle illusioni”.
Quello che mi è piaciuto di più di questo libro è il modo in cui tutti questi generi si mescolano tra loro, senza prevalere uno sull’altro. L’unica costante è uno stile impeccabile e questo continuo senso di attesa, che di volta in volta ci fa chiedere: “Ce la farà? Non ce la farà?”, “Davvero la nave è oggetto di una maledizione? O la maledizione consiste nel solo fatto che qualcuno ci creda?”.
Ho sempre avuto un debole per le storie dai contorni sfumati e La linea d’ombra è una di queste: densa di significato nonostante la sua brevità, avvincente al punto giusto.
Un gioiellino che vale la pena leggere.