Caminito, Giulia - L'acqua del lago non è mai dolce

estersable88

dreamer member
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Io sono stata un cigno, mi hanno portata da fuori, mi sono voluta accomodare a forza, e poi ho molestato, scalciato e fatto bagarre anche contro chi s'avvicinava con il suo tozzo di pane duro, la sua elemosina d'amore.
Odore di alghe e sabbia, di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d'acqua: sulle rive del lago di Bracciano approda, in fuga dall'indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, madre coraggiosa con un marito disabile e quattro figli. Antonia è onestissima e feroce, crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua figlia femmina a non aspettarsi nulla dagli altri. E Gaia impara: a non lamentarsi, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo, a leggere libri e non guardare la tv, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe e l'infelicità dove nessuno può vederla. Ma poi, quando l'acqua del lago sembra più dolce e luminosa, dalle mani di questa ragazzina scaturisce una forza imprevedibile. Di fronte a un torto, Gaia reagisce con violenza, consuma la sua vendetta con la determinazione di una divinità muta. La sua voce ci accompagna lungo una giovinezza che sfiora il dramma e il sogno, pone domande graffianti. Le sue amiche, gli amori, il suo sguardo di sfida sono destinati a rimanere nel nostro cuore come il presepe misterioso sul fondo del lago.

Gaia è una giovane donna che vive con la sua famiglia in una casa popolare in un paesino vicino a Roma, sulle rive del lago di Bracciano; è quella che i cinquanta-sessantenni di oggi definirebbero una Millennial, ha una laurea che non le serve a trovare lavoro, una chioma fulva che la rende riconoscibile e che ha ereditato dalla madre. Ma i capelli rossi non sono l'unica eredità che la madre, Antonia, le ha lasciato in dote: a lei Gaia deve un'educazione ferrea fatta di "no", di "non si toccano le cose degli altri, specie quelle che sono di tutti", di aspettative sempre un po' più su di quanto sperasse, di libri presi in biblioteca, di parole amate e parole taciute, di riscatti troppe volte mancati ma sempre cercati. Dalla madre Gaia ha imparato a lottare, ma ha anche capito cosa non vuole essere, come non vuole veder diventare la sua vita. Gaia è una giovane donna "cattiva", una che reagisce ai torti subiti e lo fa colpo su colpo, con violenza sproporzionata, con il rancore di chi si è visto, per una vita intera, sfilare via ogni conquista, ogni promesso sorso d'acqua fresca in una società arida di benessere, di sogni, di amore. Ma come si diventa una "donna cattiva"? Ce lo spiega, Gaia, attraverso le pagine di L'acqua del lago non è mai dolce, il nuovo, stupendo libro di Giulia Caminito. Pagine dense, fitte, graffianti, pagine in cui le parole perforano la carta, e si inchiodano dirette nel pensiero. Si diventa un po' più cattiva ad ogni torto subito, ad ogni umiliazione, ogni volta che ci si è dovuti difendere da soli, ogni volta che bisogna affrontare una delusione, l'ennesima. E il risentimento, la rabbia, la vendetta scaldano là dove il freddo di paura e solitudine rischiano di coprire anche il cuore. Scaldano, sì, e crescono, corrodono, erompono. Ed è così che, passo dopo passo, sopruso dopo sopruso, ci si ritrova a rischiare di commettere l'irreparabile senza che, peraltro, questo dia vera soddisfazione o risolva alcun problema. L'umiliazione, la discriminazione, l'abbandono affettivo feriscono ed acuiscono le incomprensioni, ed è così che ci si ritrova nemiche, sedute allo stesso tavolo senza parlarsi, quando si potrebbe lottare dalla stessa parte. L'intransigenza di una madre, le ribellioni di una figlia indomita, le amicizie sbagliate, le delusioni, la rabbia… tutto questo e molto di più c'è in questo nuovo romanzo di Giulia Caminito, molto di più perché grande è l'affetto che Gaia e forse anche Antonia sono riuscite a trasmettere, loro che per se stesse parevano non averne più scorte. È la storia di una bambina con le orecchie lunghe che lotta e lotta e non si arrende neanche agli urti più duri, una storia che Giulia Caminito ci ha raccontato qui magistralmente e che è il condensato di tante storie di disagio, problemi, ambiente, contesto… società civile. Non c'è solo la storia di Gaia, Antonia e la loro disastrata famiglia qui: c'è Roma, c'è il lago, l'Italia, i tumori, i rifiuti, le morti giovani... un romanzo intenso che getta luce su tanti punti oscuri della nostra società.
 

Spilla

Well-known member
Bella e intensa la recensione di Estersable, non potrei aggiungere nulla di interessante. È un libro amaro, questo di Giulia Caminiti, che sa urtare e scolvolgere. La protagonista femminile esercita come può la sua resilienza, spesso aggrappandosi alle persone sbagliate ed allontanando quelle giuste. Intensissima la figura della madre Antonia, indomita e tastarda nella scelta dell’onestà ad ogni costo.
Un libro bello. Amaro (l’ho già detto?), ma bello.
 

qweedy

Well-known member
La prima parte mi è piaciuta abbastanza, prometteva bene nonostante lo stile "parlato", come un flusso di pensieri che esonda. Ho apprezzato come ha reso la figura di Antonia, la madre indurita dalla lotta per la sopravvivenza, e anche Gaia, che sa che può contare solo su stessa.
La seconda parte è stata deludente, ripetitiva, con un finale bruttissimo. Un'evoluzione mancata, un'implosione della protagonista che mi ha deluso.
Le lunghe frasi condite da elenchi hanno appesantito molto la lettura, mi sembrava di leggere un tema di mio figlio alle elementari, in cui aveva elencato tutta la formazione di una squadra di calcio, e così aveva allungato e risolto il tema.
Lo stile non mi è piaciuto affatto, un fiume in piena, pensieri lunghi, a ruota libera, che si avvolgono su se stessi.
 

Grantenca

Well-known member
La scuola in città, la vita in paese. Una situazione che moltissimi ragazzi hanno vissuto. E’ la cronaca, direi momento per momento, dall’adolescenza fino alla maturità di una ragazzina proveniente da una famiglia che dire disagiata è poco.

La madre (ragazza madre di un fratello più grande) il padre che un incidente sul lavoro (in nero) rende disabile per tutta la vita, la nascita successiva di due gemelli.

La madre, volitiva, coraggiosissima, con un senso dell’onestà molto radicato, provvede a tutto, ma perché tutto possa procedere non si può mai sgarrare. Il fratello, crescendo, non accetta queste condizioni e lei pungolata dalla madre capisce che solo la scuola la può affrancare da questa situazione. Studia che di più non si può e i risultati arrivano. Ma c’è anche la vita di tutti i giorni, con le amiche, gli amici, i primi amori, le prime cocenti delusioni. Sono anni difficili, complicati, molti momenti di infelicità dovuti al fatto di non sentirsi adeguati tipico dell’età, di confrontarsi con chi si invidia per l’avvenenza o lo stato sociale, del tutto assenti momenti di effettiva spensieratezza anche per la sua situazione familiare poco invidiabile. Traspare da ogni riga del libro una continua inquietudine, rabbia, desiderio di rivalsa, qualche momento addirittura di disperazione per avvenimenti più grandi di lei, ma la sua determinazione non viene mai meno, sempre alla ricerca di quel qualcosa di nuovo che a ben pensarci è una cosa sola:” la scoperta della vita.” E’ questo che fa di quell’età, per molti complicatissima e raramente molto felice, soprattutto per il genere femminile (almeno fino agli anni duemila) così perfettamente rappresentato in questo scritto, il motivo per cui (a mio parere) sarebbe l’unico periodo che desidererei rivivere.

Che dire di questo libro che ha avuto grandi riconoscimenti dalla critica? Secondo me del tutto meritati. Una scrittura (seppur non …distensiva) di una qualità superiore.
 
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