qweedy
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"Quando andrò in Afghanistan per raccontare la ritirata, l'ennesima, dell'Occidente, porterò con me questo libro di Farhad Bitani. Perché raramente ho sentito, in un libro che parla di molte cose, l'odore della guerra: fumo, sudore pane stantio e immondizie. È l'odore delle cose che non sono più e non sono ancora morte. La vita non l'ha ancora afferrata questo giovane afgano: ella ha per lui un'aria di inafferrabilità. Ma in questo libro è già stata ridotta in minimi termini. C'è tutto, anche se in linee sottilissime. Racconta cose terribili e piccoli gesti della vita quotidiana che, in quello spazio, hanno un significato arcano e difficile. Guarda dentro con infinita pazienza. Racconta di qualcuno che è stato ucciso. Le parole non esprimono emozione: è un fatto. Si nasce, si combatte, gli amici muoiono, i nemici muoiono, si muore noi stessi." (Domenico Quirico)
«Sono tante, forse troppe, le cose che ho visto nei miei primi ventisette anni di vita. Adesso le racconto. Lascio le armi per impugnare la penna. Traccio i fatti senza addolcirli, senza velarli. Dopo aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza nell’ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità».
Questa autobiografia di 150 pagine, scritta da un ex capitano dell'esercito afgano nato nel 1986, figlio di un generale mujaheddin, è davvero interessante per conoscere la storia dell'Afghanistan vista dall'interno, un paese stretto in una morsa asfissiante, quella dei mujaeheddin, e poi dei talebani.
Durante la sua infanzia ha vissuto la guerra da ricco vincitore, perché suo padre era uno dei generali mujaheddin che hanno sconfitto il potere sovietico; più tardi l’ha vissuta da perseguitato, perché suo padre era nemico dei talebani, che in Afghanistan avevano preso il potere. In seguito l’ha vissuta da militare, combattendo egli stesso contro i talebani.
Negli ultimi tre decenni l'Afghanistan ha assistito prima alla ritirata dei carri armati russi, poi alla salita al potere dei talebani, quindi all’arrivo degli Stati Uniti. Adesso che anche le truppe statunitensi si stanno preparando a ritirarsi, come tanti altri invasori hanno fatto prima di loro, l’Afghanistan si ritrova a fronteggiare un destino che sembra sempre uguale a se stesso.
I talebani sono tornati in forze. Attendono, pazienti, soltanto il ritiro degli esausti occidentali per riprendere il potere, con il sostegno di al Qaida e degli estremisti islamici”... come scrive Domenico Quirico nell'introduzione al volume, è in atto una guerra che dura da più di un secolo e che ha conosciuto delle pause brevissime; uno scenario che sembra non cambiare mai.
Tutte le volte che in ogni parte del mondo si è investito economicamente sull'Afghanistan, il paese non ha fatto altro che affondare. I milioni sono stati intascati dai gruppi fondamentalisti al potere, mentre la gente comune non li ha mai visti. Forte e spietata è la denuncia di Farhad delle reti di corruzione e di malaffare che rendono del tutto inutili gli aiuti umanitari. Nell’orrore afghano il denaro proveniente dall’Occidente viene rapidamente tradotto in beni di lusso per un potere che dalle istituzioni conflagra nelle mille bande armate che conquistano brandelli di territorio.
Consigliato a chi ama la storia e a chi cerca di capire.
Chi è buono, e chi è cattivo?»
Mia madre si avvicinò, scostandomi i capelli dalla fronte.
«Non esiste il buono e il cattivo, Farhad. Esiste il cuore dell'uomo. Se hai il cuore buono, non diventerai mai del tutto cattivo. E se anche il cuore più buono dovesse diventare nero a causa della violenza in cui ha vissuto, ricorda, c'è sempre un punto bianco in esso. Quel punto bianco che permette all'uomo di recuperare la sua bontà.» La mano di mia madre scese sino a posarsi sul mio petto, là dove batteva il mio cuore.
«È a questo che devi pensare, quando sei in dubbio. Al punto bianco nel tuo cuore».
«Con i talebani ho assistito a stupri, decapitazioni. Con i mujaheddin famiglie potenti come la mia si sono spartite gli aiuti umanitari che giungevano da ogni parte del mondo ed erano destinati ai più poveri. Ho lapidato due donne. Non ho mai provato sensi di colpa. Ma le grida di quella madre e delle sue figlie obbligate ad assistere alla sua esecuzione non le dimenticherò mai. Il fondamentalismo islamico ha conquistato metà del mondo. Ora vuole la fine dell’Occidente. Come i mujaheddin e i talebani, anche io ero un fondamentalista. Disprezzavo tutti gli infedeli e credevo che sarebbe stato giusto che l’islam trionfasse con le armi in tutto il mondo».
«Sono tante, forse troppe, le cose che ho visto nei miei primi ventisette anni di vita. Adesso le racconto. Lascio le armi per impugnare la penna. Traccio i fatti senza addolcirli, senza velarli. Dopo aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza nell’ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità».
Questa autobiografia di 150 pagine, scritta da un ex capitano dell'esercito afgano nato nel 1986, figlio di un generale mujaheddin, è davvero interessante per conoscere la storia dell'Afghanistan vista dall'interno, un paese stretto in una morsa asfissiante, quella dei mujaeheddin, e poi dei talebani.
Durante la sua infanzia ha vissuto la guerra da ricco vincitore, perché suo padre era uno dei generali mujaheddin che hanno sconfitto il potere sovietico; più tardi l’ha vissuta da perseguitato, perché suo padre era nemico dei talebani, che in Afghanistan avevano preso il potere. In seguito l’ha vissuta da militare, combattendo egli stesso contro i talebani.
Negli ultimi tre decenni l'Afghanistan ha assistito prima alla ritirata dei carri armati russi, poi alla salita al potere dei talebani, quindi all’arrivo degli Stati Uniti. Adesso che anche le truppe statunitensi si stanno preparando a ritirarsi, come tanti altri invasori hanno fatto prima di loro, l’Afghanistan si ritrova a fronteggiare un destino che sembra sempre uguale a se stesso.
I talebani sono tornati in forze. Attendono, pazienti, soltanto il ritiro degli esausti occidentali per riprendere il potere, con il sostegno di al Qaida e degli estremisti islamici”... come scrive Domenico Quirico nell'introduzione al volume, è in atto una guerra che dura da più di un secolo e che ha conosciuto delle pause brevissime; uno scenario che sembra non cambiare mai.
Tutte le volte che in ogni parte del mondo si è investito economicamente sull'Afghanistan, il paese non ha fatto altro che affondare. I milioni sono stati intascati dai gruppi fondamentalisti al potere, mentre la gente comune non li ha mai visti. Forte e spietata è la denuncia di Farhad delle reti di corruzione e di malaffare che rendono del tutto inutili gli aiuti umanitari. Nell’orrore afghano il denaro proveniente dall’Occidente viene rapidamente tradotto in beni di lusso per un potere che dalle istituzioni conflagra nelle mille bande armate che conquistano brandelli di territorio.
Consigliato a chi ama la storia e a chi cerca di capire.
Chi è buono, e chi è cattivo?»
Mia madre si avvicinò, scostandomi i capelli dalla fronte.
«Non esiste il buono e il cattivo, Farhad. Esiste il cuore dell'uomo. Se hai il cuore buono, non diventerai mai del tutto cattivo. E se anche il cuore più buono dovesse diventare nero a causa della violenza in cui ha vissuto, ricorda, c'è sempre un punto bianco in esso. Quel punto bianco che permette all'uomo di recuperare la sua bontà.» La mano di mia madre scese sino a posarsi sul mio petto, là dove batteva il mio cuore.
«È a questo che devi pensare, quando sei in dubbio. Al punto bianco nel tuo cuore».
«Con i talebani ho assistito a stupri, decapitazioni. Con i mujaheddin famiglie potenti come la mia si sono spartite gli aiuti umanitari che giungevano da ogni parte del mondo ed erano destinati ai più poveri. Ho lapidato due donne. Non ho mai provato sensi di colpa. Ma le grida di quella madre e delle sue figlie obbligate ad assistere alla sua esecuzione non le dimenticherò mai. Il fondamentalismo islamico ha conquistato metà del mondo. Ora vuole la fine dell’Occidente. Come i mujaheddin e i talebani, anche io ero un fondamentalista. Disprezzavo tutti gli infedeli e credevo che sarebbe stato giusto che l’islam trionfasse con le armi in tutto il mondo».