qweedy
Well-known member
"Il male è in ognuno di noi. Per esplorare questa terrificante idea, il romanzo segue le vite parallele dell'Hitler vero e di un Hitler fittizio e "buono". Quale sarebbe stato il corso della storia se l'8 ottobre del 1908 Adolf Hitler fosse stato ammesso all'Accademia di Belle Arti? Lungi dal ricostruire la storia del Terzo Reich, Schmitt duplica la figura del triste Cancelliere, gioca sull'artificio di due vite distinte che corrono in parallelo e getta una luce straniante e violenta sul retroscena affettivo, sessuale e caratteriale di un eccezionale egolatra che cerca di incarnare l'eroe nietzschiano. Sull'altro binario scorre la vita del pittore Adolf H., disgustato dalla Grande Guerra, il quale, trasferitosi a Parigi, frequenta gli artisti di avanguardia di Montparnasse, sposa un'ebrea americana e muore poi nel pacifico oblio di Santa Monica... In questa prodigiosa macchina scenica dal geniale ingranaggio costruito su un paradosso, Schmitt riesce ancora una volta a gettare nel lettore il seme del dubbio. Se fosse vissuto soltanto il pittore Adolf H. e non il suo mostruoso doppio seminatore di odio e distruzione, che cosa saremmo noi oggi?"
Mi ha colpito la dedica a inizio libro:
"Alla memoria di Georg Elser,
bombarolo artigianale"
Georg Elser (Hermaringen, 4 gennaio 1903 – Dachau, 9 aprile 1945) è stato un attivista tedesco, noto per aver ideato ed attuato l'attentato dell'8 novembre 1939 nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco contro Hitler, che scampò all'attentato per pochi minuti. Voleva impedire il genocidio con il suo attentato ad Hitler. Il 9 aprile 1945 fu assassinato nel campo di concentramento di Dachau.
Come sempre, la scrittura di Eric-Emmanuel Schmitt è scorrevolissima. Ogni suo libro affronta un argomento diverso, ma comune è la semplicità e la profondità con cui si esprime. Nei primi capitoli che ho letto c'è anche un pizzico di ironia e sensualità.
Cosa è successo che ha differenziato il loro cammino, se il punto di partenza era lo stesso? L'Adolf buono riesce a dare un senso alla sua esistenza, ad avere amicizie (bellissime le parole sull'amicizia che scrive ai suoi due amici, pensando di essere in punto di morte) e amori, riuscendo anche a preoccuparsi del piacere della donna, non solo del suo. Si è "aperto alla dimensione degli altri" e quindi alla vita. L'altro Adolf invece, già lo conosciamo, debole, fallito, frustrato e rabbioso, con manie di grandezza, incapace di vedere la realtà, con problematiche di tipo psichiatrico, direi.
Forse sbaglio, però ho la sensazione che a volte basti davvero poco per prendere una strada anziché l'altra. Importantissimo secondo me è stato l'intervento del dottor Freud sull'Adolf buono, perché gli ha restituito una parte importante di se stesso, e la stima di sé. Ha potuto così superare i nodi del passato che gli impedivano i rapporti con le donne (spassoso quando sveniva se doveva ritrarre una modella nuda), diventando con l'aiuto di Stella un amante abilissimo. Ha fatto pace con se stesso e con i propri fantasmi familiari, e la stima di sè gli ha permesso di aprirsi a una davvero grande Amicizia maschile con Neumann e Bernstein. E la sua vita ha preso una strada diversa.
Il vero Hitler invece si realizza nella guerra (non sapevo che avesse partecipato alla prima guerra mondiale) e questo mi ha fatto pensare a quanti reduci negli Usa non riescono più a reinserirsi nella vita normale, una volta rientrati dalle missioni di guerra all'estero. Non solo per il disturbo post traumatico da stress, ma anche per la difficoltà che alcune persone, che sono state eroi in guerra, veterani decorati, trovano a vivere una vita normale. Erano a loro agio in guerra, non lo sono nella vita vera.
L'unico che riesce a suscitare affetto nel vero Hitler è il cane, e grande è il suo dolore quando lo perde.
La parte storica che riguarda Hitler è molto accurata, tant'è che l'editore ha fatto controllare il libro prima della pubblicazione ad alcuni storici, per evidenziare eventuali inesattezze storiche. Schmitt per una settimana si è sentito offeso, poi l'ha superato perchè gli storici non hanno trovato alcuna imprecisione.
Il titolo è perfetto, non poteva trovarne uno migliore: "La parte dell'altro", con vari significati, Adolf che va verso l'altro, Hitler che fugge dagli altri, per la sua totale mancanza di empatia.
Le pagini finali scritte da Schmitt, il suo diario, sono una magnifica sorpresa, molto intense e piene di riflessioni importanti, le ho lette e rilette più volte. Mi è piaciuto molto quando dice che rifugge dalle semplificazioni, "dalle idee semplici: trovare una causa unica per un male significa non riflettere, significa farne una caricatura, scegliere di accusare anzichè spiegare. Dopo l'esperienza di questo libro sospetterò di chiunque indichi con sicurezza un nemico. Fino a quando non riconosceremo la canaglia e il criminale che abitano dentro di noi, vivremo in una pietosa menzogna".
Consigliatissimo!
Voto 5
Mi ha colpito la dedica a inizio libro:
"Alla memoria di Georg Elser,
bombarolo artigianale"
Georg Elser (Hermaringen, 4 gennaio 1903 – Dachau, 9 aprile 1945) è stato un attivista tedesco, noto per aver ideato ed attuato l'attentato dell'8 novembre 1939 nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco contro Hitler, che scampò all'attentato per pochi minuti. Voleva impedire il genocidio con il suo attentato ad Hitler. Il 9 aprile 1945 fu assassinato nel campo di concentramento di Dachau.
Come sempre, la scrittura di Eric-Emmanuel Schmitt è scorrevolissima. Ogni suo libro affronta un argomento diverso, ma comune è la semplicità e la profondità con cui si esprime. Nei primi capitoli che ho letto c'è anche un pizzico di ironia e sensualità.
Cosa è successo che ha differenziato il loro cammino, se il punto di partenza era lo stesso? L'Adolf buono riesce a dare un senso alla sua esistenza, ad avere amicizie (bellissime le parole sull'amicizia che scrive ai suoi due amici, pensando di essere in punto di morte) e amori, riuscendo anche a preoccuparsi del piacere della donna, non solo del suo. Si è "aperto alla dimensione degli altri" e quindi alla vita. L'altro Adolf invece, già lo conosciamo, debole, fallito, frustrato e rabbioso, con manie di grandezza, incapace di vedere la realtà, con problematiche di tipo psichiatrico, direi.
Forse sbaglio, però ho la sensazione che a volte basti davvero poco per prendere una strada anziché l'altra. Importantissimo secondo me è stato l'intervento del dottor Freud sull'Adolf buono, perché gli ha restituito una parte importante di se stesso, e la stima di sé. Ha potuto così superare i nodi del passato che gli impedivano i rapporti con le donne (spassoso quando sveniva se doveva ritrarre una modella nuda), diventando con l'aiuto di Stella un amante abilissimo. Ha fatto pace con se stesso e con i propri fantasmi familiari, e la stima di sè gli ha permesso di aprirsi a una davvero grande Amicizia maschile con Neumann e Bernstein. E la sua vita ha preso una strada diversa.
Il vero Hitler invece si realizza nella guerra (non sapevo che avesse partecipato alla prima guerra mondiale) e questo mi ha fatto pensare a quanti reduci negli Usa non riescono più a reinserirsi nella vita normale, una volta rientrati dalle missioni di guerra all'estero. Non solo per il disturbo post traumatico da stress, ma anche per la difficoltà che alcune persone, che sono state eroi in guerra, veterani decorati, trovano a vivere una vita normale. Erano a loro agio in guerra, non lo sono nella vita vera.
L'unico che riesce a suscitare affetto nel vero Hitler è il cane, e grande è il suo dolore quando lo perde.
La parte storica che riguarda Hitler è molto accurata, tant'è che l'editore ha fatto controllare il libro prima della pubblicazione ad alcuni storici, per evidenziare eventuali inesattezze storiche. Schmitt per una settimana si è sentito offeso, poi l'ha superato perchè gli storici non hanno trovato alcuna imprecisione.
Il titolo è perfetto, non poteva trovarne uno migliore: "La parte dell'altro", con vari significati, Adolf che va verso l'altro, Hitler che fugge dagli altri, per la sua totale mancanza di empatia.
Le pagini finali scritte da Schmitt, il suo diario, sono una magnifica sorpresa, molto intense e piene di riflessioni importanti, le ho lette e rilette più volte. Mi è piaciuto molto quando dice che rifugge dalle semplificazioni, "dalle idee semplici: trovare una causa unica per un male significa non riflettere, significa farne una caricatura, scegliere di accusare anzichè spiegare. Dopo l'esperienza di questo libro sospetterò di chiunque indichi con sicurezza un nemico. Fino a quando non riconosceremo la canaglia e il criminale che abitano dentro di noi, vivremo in una pietosa menzogna".
Consigliatissimo!
Voto 5