Styron, William - La scelta di Sophie

bouvard

Well-known member
L’affermazione più profonda che sia stata fatta sinora su Auschwitz non era un’affermazione, ma una risposta.
La domanda: “Ad Auschwitz, dimmi, dov’era Dio?”.
La risposta: “Dov’era l’uomo?”



In queste poche righe, secondo me, è contenuta tutta l’essenza di questo libro. Quando si parla dell’Olocausto, dei campi di sterminio, dei programmi nazisti di sterminio di massa prima o poi si arriva a porsi la domanda su dove fosse Dio in quei giorni, e su come abbia potuto permettere simili atrocità. Quasi l’Olocausto fosse opera sua e non degli uomini. D’altronde la domanda su dove Dio sia ce la facciamo anche di fronte a tante altre atrocità perpetrate sempre da noi, magari solo su scala più ridotta rispetto all’Olocausto.
Il libro di Styron – autore tra l’altro che non conoscevo – pone invece fortemente l’accento sull’ uomo. Di fronte a quei crimini, sembra dirci Styron, ci sta che l’uomo perda la fede, ma la responsabilità ultima resta esclusivamente degli uomini. Anche perché non ci sono solo le responsabilità collettive, ma anche quelle individuali.
Vittima? Carnefice? Chi è davvero Sophie? Solo una giovane bionda e sensuale polacca finita per una serie di sfortunate circostanze ad Auschwitz a patire le stesse sofferenze di migliaia di ebrei? Solo la figlia di un eminente professore polacco che scriveva opuscoli su come “liberarsi” degli ebrei già prima dei nazisti stessi? Solo una madre – come tantissime altre - che cerca in tutti i modi di salvare il figlio? O semplicemente una donna che, ad un certo punto, fa una scelta (e quale sia la sua scelta lo scopriamo solo nelle ultime pagine) - sbagliata, giusta, chi può dirlo? - e con i rimorsi di quella scelta dovrà convivere per tutta la vita?
Sophie è tutto questo. E’ una donna che ammalia il lettore per il suo fascino e sensualità, ma è anche una donna a tratti insopportabile, irritante ed egoista. Codarda. Si, a volte Sophie da l’impressione di scegliere sempre la strada più semplice, di non volersi esporre in prima persona. Eppure nonostante tutte le sue debolezze, i suoi sbagli, non si riesce a non stare dalla sua parte.
E poi c’è Nathan. Forse quando si è scesi all’inferno, e non se n’è mai completamente venuti fuori – come appunto Sophie - è più facile riconoscere qualcun altro che in suo inferno personale continua a viverci. Come può Sophie giudicare, o condannare Nathan per i suoi sbagli, le sue debolezze dopo la sua “scelta”?
Libro molto bello, sicuramente da leggere.
 
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