Non sono una grande appassionata di gialli, e ancora una volta mi sto ritrovando a recensire un giallo scrivendo che forse non si tratta di una lettura in grado di soddisfarre un vero appassionato di gialli, ma che mi ha soddisfatto proprio per questo. E considerando che "Tokyo Express" non ha proprio niente in comune con "La donna del lago", inizio a pensare che il punto sia solo che io non so leggere i gialli. O che in fondo i gialli mi piacciono, non lo so.
Questo romanzo è piuttosto distante da ciò che mi appassiona di solito: i personaggi sono lontani, li conosciamo solo in superficie, non c'è nessun tentativo di avvicinarci alla loro intimità. È un romanzo misurato, asettico a tratti, quasi una piccola dissertazione per dimostrare una tesi. Eppure, mi è piaciuto. Mi è piaciuta la macchinosità cervellotica di questa indagine, mi è piaciuto contare i minuti per incastrare gli orari dei treni (sì, ho preso anche appunti, ho disegnato anche io i miei schemi, i miei binari, ho fatto i miei calcoli e poi ho buttato tutto via al grido di "ma tanto io viaggio con Trenord, qui i treni arrivano se e quando capita). Mi è piaciuto anche il fatto che l'indagine non servisse tanto a scoprire qualcosa di inaspettato, ma che fosse piuttosto la spiegazione di un enigma sotto gli occhi di tutti.
Più di tutto, mi è piaciuto cercare stazioni, paesi e città, concedendomi un viaggio immaginario in un Giappone che conosco ancora troppo poco.