qweedy
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«È la storia di un palazzo con sei appartamenti, i cui inquilini vengono man mano coinvolti in un intreccio. Credo che il libro non sia mal costruito. Certo, è un libro anche ingenuo ma, per quel che ricordo, contiene cose che hanno già a che vedere con il mio modo di essere».
Sono parole di José Saramago, per descrivere il suo romanzo finito di scrivere nel 1953 e pubblicato postumo nel 2011, l'anno successivo alla morte dello scrittore. A quei tempi il futuro premio Nobel era un trentenne di umile estrazione, e il romanzo era stato dato per perso da Saramago stesso, dopo che lo aveva consegnato a una casa editrice affinché ne valutasse la pubblicazione, senza però mai ricevere alcuna risposta (non aveva nessuna copia). Quando il romanzo è ricomparso, nel 1999, Saramago era felice di averlo ritrovato, ma alla proposta di molti editori darlo alle stampe la sua risposta è stata un rifiuto. Avrebbe preferito a suo tempo un no onesto a quel per lui terribile e irrispettoso silenzio.
L'azione si svolge a Lisbona a metà del XX secolo, in un palazzo di un quartiere popolare non meglio identificato dove vivono sei famiglie. Un microcosmo abitato da vari campioni di umanità: mantenute, mogli tradite e dolenti, uomini sconfitti dalla vita che hanno rinunciato al futuro, uno spaccato della piccola borghesia impiegatizia e artigiana che va dal calzolaio del pianoterra alla vedova con figlie zitelle, dal commesso viaggiatore alla bella signora nubile e sensuale, assai chiacchierata perché si fa mantenere dall’amante, ad Abel, un giovane anticonformista e intellettuale alle prese con il “mestiere di vivere”, disincatato e alla ricerca della propria strada, sempre pungolato dal vecchio e saggio ciabattino Silvestre, che si aggrappa all'ultimo sogno di amore lucido e attivo come motore per il futuro, al quale la vita ha insegnato a guardare oltre la suola delle scarpe che ripara, senza però dimenticare che l’uomo è ciò che mangia e le scarpe che porta.
Un Saramago che non ti aspetti, in questa opera prima che è anche un'opera postuma. Uno stile fresco, scorrevole, giovane, come lo era lui quando lo ha scritto e non era ancora nessuno. Uno stile più semplice, rispetto a quello a cui poi ci ha abituato dopo, ma che racchiude già in sé tutta la grandezza narrativa dell’autore portoghese, con un profondo scavo psicologico dei personaggi, grande respiro narrativo, capacità di catturare l'attenzione del lettore.
Consigliato! E' più scorrevole e meno "ostico" rispetto agli altri suoi libri.
Sono parole di José Saramago, per descrivere il suo romanzo finito di scrivere nel 1953 e pubblicato postumo nel 2011, l'anno successivo alla morte dello scrittore. A quei tempi il futuro premio Nobel era un trentenne di umile estrazione, e il romanzo era stato dato per perso da Saramago stesso, dopo che lo aveva consegnato a una casa editrice affinché ne valutasse la pubblicazione, senza però mai ricevere alcuna risposta (non aveva nessuna copia). Quando il romanzo è ricomparso, nel 1999, Saramago era felice di averlo ritrovato, ma alla proposta di molti editori darlo alle stampe la sua risposta è stata un rifiuto. Avrebbe preferito a suo tempo un no onesto a quel per lui terribile e irrispettoso silenzio.
L'azione si svolge a Lisbona a metà del XX secolo, in un palazzo di un quartiere popolare non meglio identificato dove vivono sei famiglie. Un microcosmo abitato da vari campioni di umanità: mantenute, mogli tradite e dolenti, uomini sconfitti dalla vita che hanno rinunciato al futuro, uno spaccato della piccola borghesia impiegatizia e artigiana che va dal calzolaio del pianoterra alla vedova con figlie zitelle, dal commesso viaggiatore alla bella signora nubile e sensuale, assai chiacchierata perché si fa mantenere dall’amante, ad Abel, un giovane anticonformista e intellettuale alle prese con il “mestiere di vivere”, disincatato e alla ricerca della propria strada, sempre pungolato dal vecchio e saggio ciabattino Silvestre, che si aggrappa all'ultimo sogno di amore lucido e attivo come motore per il futuro, al quale la vita ha insegnato a guardare oltre la suola delle scarpe che ripara, senza però dimenticare che l’uomo è ciò che mangia e le scarpe che porta.
Un Saramago che non ti aspetti, in questa opera prima che è anche un'opera postuma. Uno stile fresco, scorrevole, giovane, come lo era lui quando lo ha scritto e non era ancora nessuno. Uno stile più semplice, rispetto a quello a cui poi ci ha abituato dopo, ma che racchiude già in sé tutta la grandezza narrativa dell’autore portoghese, con un profondo scavo psicologico dei personaggi, grande respiro narrativo, capacità di catturare l'attenzione del lettore.
Consigliato! E' più scorrevole e meno "ostico" rispetto agli altri suoi libri.
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