Rosita è scappata dal suo malinconico paese, e dal controllo asfittico della madre, per andare a studiare a Padova. Sono passati sette anni e non ha concluso
molto. Il lavoro al supermercato che le serve per mantenersi l'ha penalizzata con gli esami e l'unico uomo che frequenta, al ritmo di un incontro al mese,
è sposato. Ma lei è abituata a non pretendere nulla. La vigilia di Natale conosce per caso un anziano avvocato, Ludovico Lepore. Austero, elegante, enigmatico,
Lepore non nasconde una certa ruvidezza, eppure si interessa a lei. La assume come segretaria part time perché possa avere piú soldi e tempo per l'università.
In ufficio, però, comincia a tormentarla con discorsi misogini, esercitando su di lei una manipolazione sottile. Rosita la subisce per necessità, o almeno
crede. Non sa quanto quel rapporto la stia trasformando. Non sa che è proprio dentro una gabbia che, paradossalmente, si impara a essere liberi.
Ho cominciato a leggere questo libro senza leggere la quarta di copertina, attratta dai commenti positivi di voci autorevoli e dal titolo: sì, il termine “femmina” ha su di me un effetto di repulsione ed attrazione inspiegabile. Non sapevo assolutamente, quindi, a cosa sarei andata incontro. E non l’ho saputo fino alla fine della lettura. Emanuela Canepa ci racconta in queste pagine una storia realistica, smaliziata, singolare eppure comune: una ragazza oppressa da una madre che assilla e non ascolta, una facoltà impegnativa e le grosse difficoltà a combinare qualcosa ed a mantenersi, un lavoro che arriva per caso, con una tempistica provvidenziale quanto inquietante.
Ed inquietante si rivela essere anche il singolarissimo capo di Rosita, la protagonista di questa storia: l’avvocato Ludovico Lepore le era parso da subito magnetico e vagamente sinistro, un uomo ricco, burbero, non abituato a trattare o a chiedere. Da quando comincia a lavorare per lui, però, Rosita si rende conto che l’anziano avvocato è un misogino senza possibilità di redenzione ed è sempre più combattuta tra la volontà di andarsene, rispondergli a tono e cominciare tutto da capo fuori da lì e la necessità di lavorare, studiare, non tornare al paesino nel casertano da cui è fuggita sette anni prima.
Rosita si sente in trappola e finisce per accettare una richista particolare che Lepore le presenta come una proposta di liberazione… all’ultimo momento però qualcosa scatta in lei, qualcosa che avrà conseguenze anche per il suo capo.
Un libro enigmatico, non banale, una storia tormentata dalla quale, fino alla fine, non si sa bene cosa aspettarsi. Tutto è basato sull’equilibrio dei sentimenti, sulla capacità di scegliere per il proprio bene e decidere cosa fare della propria vita. Una storia che ci mette di fronte all’incognita insoluta dell’amore e del potere che vogliamo dare a chi amiamo nella nostra vita.
Lettura consigliata perché fornisce interessanti stimoli di approfondimento e spunti su cui riflettere.
molto. Il lavoro al supermercato che le serve per mantenersi l'ha penalizzata con gli esami e l'unico uomo che frequenta, al ritmo di un incontro al mese,
è sposato. Ma lei è abituata a non pretendere nulla. La vigilia di Natale conosce per caso un anziano avvocato, Ludovico Lepore. Austero, elegante, enigmatico,
Lepore non nasconde una certa ruvidezza, eppure si interessa a lei. La assume come segretaria part time perché possa avere piú soldi e tempo per l'università.
In ufficio, però, comincia a tormentarla con discorsi misogini, esercitando su di lei una manipolazione sottile. Rosita la subisce per necessità, o almeno
crede. Non sa quanto quel rapporto la stia trasformando. Non sa che è proprio dentro una gabbia che, paradossalmente, si impara a essere liberi.
Ho cominciato a leggere questo libro senza leggere la quarta di copertina, attratta dai commenti positivi di voci autorevoli e dal titolo: sì, il termine “femmina” ha su di me un effetto di repulsione ed attrazione inspiegabile. Non sapevo assolutamente, quindi, a cosa sarei andata incontro. E non l’ho saputo fino alla fine della lettura. Emanuela Canepa ci racconta in queste pagine una storia realistica, smaliziata, singolare eppure comune: una ragazza oppressa da una madre che assilla e non ascolta, una facoltà impegnativa e le grosse difficoltà a combinare qualcosa ed a mantenersi, un lavoro che arriva per caso, con una tempistica provvidenziale quanto inquietante.
Ed inquietante si rivela essere anche il singolarissimo capo di Rosita, la protagonista di questa storia: l’avvocato Ludovico Lepore le era parso da subito magnetico e vagamente sinistro, un uomo ricco, burbero, non abituato a trattare o a chiedere. Da quando comincia a lavorare per lui, però, Rosita si rende conto che l’anziano avvocato è un misogino senza possibilità di redenzione ed è sempre più combattuta tra la volontà di andarsene, rispondergli a tono e cominciare tutto da capo fuori da lì e la necessità di lavorare, studiare, non tornare al paesino nel casertano da cui è fuggita sette anni prima.
Rosita si sente in trappola e finisce per accettare una richista particolare che Lepore le presenta come una proposta di liberazione… all’ultimo momento però qualcosa scatta in lei, qualcosa che avrà conseguenze anche per il suo capo.
Un libro enigmatico, non banale, una storia tormentata dalla quale, fino alla fine, non si sa bene cosa aspettarsi. Tutto è basato sull’equilibrio dei sentimenti, sulla capacità di scegliere per il proprio bene e decidere cosa fare della propria vita. Una storia che ci mette di fronte all’incognita insoluta dell’amore e del potere che vogliamo dare a chi amiamo nella nostra vita.
Lettura consigliata perché fornisce interessanti stimoli di approfondimento e spunti su cui riflettere.