Provocare e inquietare il lettore è stata per Gide quasi una bandiera, certo una parola d'ordine. E I sotterranei del Vaticano, pubblicato nel 1914, l'anno stesso in cui prendeva il via l'immane e gratuito massacro di tutta una generazione, resta il più provocatorio, il più inquietante dei suoi tanti interventi. Questa sotie aggressiva ed "enorme" è satira e farsa, romanzo e pamphlet, sberleffo e manifesto; e la sua irriverenza non cessa di far centro, più di qualsiasi altra opera di questo scrittore così amato, così odiato, così discusso da vivo e così ingiustamente trascurato dopo la sua morte. La commedia degli inganni coinvolge: una banda di truffatori tra Francia e Italia, maestri del raggiro e del travestimento; dei borghesucci cattolici convinti di dover accorrere dalla quieta provincia francese a liberare il Papa, a Roma, dalla presunta e terribile prigionia in cui lo costringerebbe l'onnipossente Massoneria nei "sotterranei del Vaticano" (colui che appare pubblicamente come Papa sarebbe solo un sosia, un impostore); scienziati ferocemente atei e positivisti, bensì di facilissima e altrettanto fanatica conversione alla fede; scrittori che della fede sono i portavoce, mossi dalle peggiori delle vanità e sconvolti dai più atroci dei dubbi; e infine lui, Lafcadio, il bellissimo figlio segreto e ribelle di tanta ipocrita e sfibrata società borghese. (Feltrinelli.it)
Non c'è moltissimo da dire su questo romanzo, proprio per lo stile che lo caratterizza, una grande farsa, satira sociale e forte presa di posizione filosofica, si pensa a Nietzsche, Dostoevskij al Decadentismo, mentre lo si legge. Ma anche l'ambiguità che contraddistingue la realtà rappresentata dallo scrittore, dove si soccombe se si è ingenui, senza schermi. La storia è proprio una rappresentazione di una società in sfacelo in cui Gide fa prova di cercare la verità.
Non c'è moltissimo da dire su questo romanzo, proprio per lo stile che lo caratterizza, una grande farsa, satira sociale e forte presa di posizione filosofica, si pensa a Nietzsche, Dostoevskij al Decadentismo, mentre lo si legge. Ma anche l'ambiguità che contraddistingue la realtà rappresentata dallo scrittore, dove si soccombe se si è ingenui, senza schermi. La storia è proprio una rappresentazione di una società in sfacelo in cui Gide fa prova di cercare la verità.