Devo ammettere che ultimamente ho un problema con le nuove edizioni Fazi: le loro copertine sono talmente belle che mi comprerei praticamente qualsiasi loro pubblicazione a scatola chiusa, senza nemmeno informarmi sul contenuto. La saga dei Cazalet non fa eccezione, anzi, le loro copertine sono forse le mie preferite in assoluto. Da un paio di anni avevo messo gli occhi addosso a questo primo volume, attratta anche da ottime recensioni e in generale dalla mia inclinazione favorevole nei confronti di saghe familiari e libroni immersivi che mescolano il quotidiano con la Storia.
Avevo tante aspettative, e al tempo stesso temevo di restare delusa: ho la brutta abitudine (che però non ho intenzione di perdere) di essere piuttosto diffidente quando si parla di casi editoriali, e avevo l'impressione che la saga dei Cazalet si trovasse un po' sul limite fra il classico polpettone da ombrellone e un pezzo di buona letteratura. Oltretutto, l'idea di imbarcarmi in un'impresa di quasi tremila pagine senza essere sicura che le grosse aspettative sarebbero state rispettate può far girare un po' la testa, inutile negarlo.
Alla fine ho deciso di buttarmi, più che altro per togliermi la curiosità, e sono rimasta semplicemente folgorata. La scrittura di Elizabeth Jane Howard è un fiume che sgorga lento e pacifico, ma dal quale è semplicemente impossibile riemergere: pur essendo giorni piuttosto frenetici, mi sono ritrovata a non riuscire a staccare gli occhi dalla pagina e la mente dalla narrazione, bevendomi senza nemmeno rendermene conto seicento pagine in un soffio. Se avessi avuto a portata di mano “Il tempo dell'attesa”, probabilmente l'avrei incominciato qualche minuto dopo aver voltato l'ultima pagina de “Gli anni della leggerezza” (l'ho già ordinato in biblioteca, però: ho il vago presentimento che per l'arrivo della primavera la famiglia Cazalet non avrà più segreti, per me).
Il molte recensioni ho letto che si tratta di un romanzo lento, dove sostanzialmente non accade quasi nulla, e per un certo verso non posso che dare ragione a questi lettori: la Howard impiega circa seicento pagine per descrivere semplicemente una manciata di mesi (l'estate del 1937 e poi quella del 1938), i mesi in cui i numerosi membri della famiglia Cazalet si ritrovano nella grande tenuta dei genitori, il Generale e la Duchessa, per trascorrere tutti insieme le vacanze all'insegna di gite al mare, partite di tennis e di squash e molli serate con il bicchiere in mano. La terribile ombra del secondo conflitto mondiale si insinua in queste lunghe, pigre giornate guastandone sempre di più il sapore dolce e spensierato, ma nonostante il conflitto, il dolore e la disperazione si possano avvertire quasi in maniera palpabile col proseguire delle vicende, tutto si ferma un attimo prima, ad un passo dalla tragedia. Nonostante la mancanza di un'acme emotiva e d'azione, il romanzo è comunque talmente ricco di piccoli avvenimenti essenziali che chiuderlo, secondo me, diventa un'impresa davvero impossibile: la Howard è talmente brava a immergere del tutto il lettore nelle sue atmosfere che sembra quasi di vivere accanto ai Cazalet e ai loro domestici, e anche la vicenda più piccola diventa d'importanza vitale.
Ho letto che molti lettori all'inizio si sono trovati un po' spaesati dalla numerosità dei personaggi, ma io devo ammettere che non mi sono mai sentita persa durante la lettura: credevo che avrei dovuto fare più volte ricorso all'albero genealogico e all'elenco dei personaggi posti all'inizio del romanzo, ma alla fine credo di averlo guardato soltanto una volta (per fare qualche calcolo sui rapporti d'età fra i cugini più piccoli). La Howard secondo me ha avuto la geniale capacità di introdurre i vari personaggi poco alla volta, intrecciando le loro vicende abbastanza da tenere vivo l'interesse del lettore, ma senza mai andare a confonderlo. I cambi di prospettiva e di voce narrante sono numerosi e repentini, quasi cinematografici, ma proprio questo ha fatto sì che rischiassi più volte di arrivare al lavoro in ritardo, o di ritrovarmi a notte fonda a giurarmi di leggere solo un'ultimo capitolo.
Inoltre, pur essendo i personaggi moltissimi, non si ha mai l'impressione di avere a che fare con delle macchiette di carta e inchiostro: tutti, anche i domestici secondari o i personaggi che hanno voce solo per poche pagine, sono caratterizzati in maniera estremamente vivida e realistica. Mi sembrava di non aver quasi bisogno di leggere i nomi dei personaggi, perché i loro pensieri erano talmente coerenti che li avrei potuti riconoscere anche senza alcun indizio sulla loro personalità.
La Howard è un mostro di lucidità e sincerità: ogni personaggio è presentato immerso nei suoi difetti e nella sua disarmante umanità, senza condanne o santificazioni. Lo sguardo trasversale e in un certo senso onnisciente che il lettore riesce ad avere, inoltre, riesce a mettere particolarmente in evidenza tutte le piccolezze, le meschinità e le ingenuità che caratterizzano qualsiasi rapporto familiare: ci sono moltissimi non detti, fra questi personaggi, eppure la Howard riesce a far urlare questi silenzi con più forza di quanto milioni di parole potrebbero fare. Le reticenze femminili, quelle date dalla storia, dal silenzio imposto su certe tematiche, quello che tutti sanno ma nessuno osa dire, sono straordinarie: il rapporto con il sesso, con il matrimonio e la maternità che qui sembra non essere quasi mai una scelta in cui la donna possa avere voce in capitolo sono esposte dalla Howard con una penna dalla sincerità disarmante.
Mi rendo conto che questa recensione sembra un po' confusa e priva di grandissimo contenuto, ma nonostante la mole del libro è evidente che si tratti solamente di una sorta di prologo, un'introduzione alla vita quotidiana di questi personaggi, ed io mi trovo semplicemente a fare i conti con la mia immensa gioia per aver scoperto un'opera tanto interessante e un'autrice così acuta.
Ora come ora, riesco solo a sperare che il prestito interbibliotecario faccia in fretta il suo dovere, perché non vedo l'ora di rigettarmi nelle pieghe della famiglia Cazalet.