E’ il secondo libro che leggo di questo autore. Sono sempre stato interessato alla persecuzione degli ebrei non avendo mai creduto, penso abbastanza ragionevolmente, che il “deicidio” fosse la causa principale delle loro disgrazie.
Qui siamo nell’ultima Russia zarista, poco prima della rivoluzione d’ottobre, e già il regime sente nell’aria qualcosa che tende a rompere lo stato delle cose, è nervoso perché sente vacillare la sicurezza delle istituzioni. In questo contesto, A Kiev, succede un fatto abominevole , l’uccisione di un innocente ragazzino di 12 anni con armi da taglio.
Naturalmente è un fatto che sconvolge l’opinione pubblica, e le autorità di polizia fanno di tutto per trovare, il più celermente possibile, un colpevole. Viene quindi accusato, senza lo straccio di una prova, un giudeo, la cui unica colpa era di lavorare sotto falso nome, fingendosi un russo , in un quartiere della città interdetto agli ebrei. Ora, talmente orrendo era stato il delitto, che non poteva essere stato perpetrato da un russo: cosa di meglio si poteva trovare che accusare un ebreo, la cui razza era invisa sia al popolo che alle autorità? E qui comincia il calvario, di un uomo qualunque, che viene trattenuto per oltre due anni in carcere, in condizioni che definire “inumane” è poco prima che sia formalizzato una accusa che le autorità non sanno come confezionare.
E’ un crescendo angosciante di torture, soprusi, delazioni, finalizzate a fargli “confessare” un delitto che non ha commesso, con promesse di libertà a patto che, confessando il delitto, riversi la responsabilità sull’intera casta ebrea. Ma il “tuttofare” (questa era la sua professione) intuisce che confessando firmerebbe la sua condanna a morte e resiste. Alla fine si arriva al giorno di inizio del processo, ma l’autore non va oltre. Ora, dal momento che le autorità hanno fatto di tutto per condannare a morte il protagonista prima di iniziare a celebrare il processo si potrebbe dedurre che sia stata applicata la giustizia, ma è solo una mia deduzione.
Più che dal punto di vista letterario questo libro mi ha colpito per la durissima accusa contro questo tipo di regime, un’amministrazione che pur di mantenere i suoi privilegi non esita a spazzar via, senza pietà, anche i suoi figli più onesti e capaci. Oltre a questo c’è naturalmente la persecuzione degli ebrei, con motivazione abbastanza simili a quelle future del nazismo. Perché questo? Forse questo popolo che si riteneva (o forse si ritiene ancora?) eletto, dal momento che eccelle nelle arti, professioni e nell’economia, per suoi meriti di intelligenza, costanza e senso del sacrificio, volendo sempre ribadire questa su “diversità “ con le altre razze con cui pur convive suscita nei momenti difficili grandi invidie e rancori che sono sfociati, troppo spesso, in una violenza cieca, irrazionale e spietata.