C'è un ritaglio di giornale, sul muro di una delle stanze dell'ufficio in cui lavoro, con un'agghiacciante e sorprendente "classifica", denominata -visti i risultati- "Terrore rosso": in testa abbiamo Mao con 60 milioni di morti, seguito da Stalin (40) e Hitler (20). Al quarto posto c'è Pol Pot, con 3 milioni di morti "su una popolazione complessiva di 7 milioni di abitanti".
Il regime dei khmer rossi, guidato da Pol Pot, è stato il responsabile non solo di uno dei più grandi massacri (e per di più nei confronti della propria gente) di tutta la storia moderna, ma anche del più grande e radicale esperimento rivoluzionario che sia mai stato concepito e messo in atto, e il vero scandalo è che pochissimi conoscono questa vicenda e molti la "fraintendono"...
Terzani, in questo incredibile viaggio "in presa diretta" attraverso gli eventi che vanno dal 1970 (anno in cui un colpo di stato sostenuto dalla CIA dà inizio a una guerra civile che durerà più di 20 anni) per arrivare appunto all'inizio degli anni 90, ci mostra che non c'è "follia" nè "aberrazione" dietro questi eventi... anzi, c'è un' "affascinante logica", basata sulla creazione di un "uomo nuovo" da realizzarsi con l'annientamento sistematico e senza riserve di quello "vecchio". Ma è una logica fatta anche di guerre "per procura" da parte delle Grandi Potenze, di strategie a lungo termine che valgono più del destino di un popolo, di corruzione nelle basse sfere e di lampante immoralità nelle scelte politiche delle alte...
Se una "follia" c'è, non è quella di Pol Pot, inquietante frutto dell'ideologia maoista, ma è piuttosto quella del prima e soprattutto del "dopo-Pol Pot", di una pace "a tutti i costi": a costo di lasciare impuniti gli assassini e persino di riconoscerne la legittimità sul piano internazionale. Ma -si chiede Terzani (che pure all'epoca della guerra aveva parteggiato per la fazione minoritaria e nazionalista del khmer rossi)- "che pace è quella fondata su una tale immoralità?" E ancora: "Ad un piccolo compromesso ne segue uno più grande ed alla fine il tutto diventa una rivoltante indecenza."
Un libro che dovrebbe diventare un "obbligatorio" per il solo fatto che ognuno di noi ha l'obbligo morale di conoscere certi fatti, di sapere in che mondo viviamo, di capire le vere ragioni che si nascondono dietro quelle "ufficiali". Un libro che mi ha riempito di tristezza (ho visitato la Cambogia, ho visto coi miei occhi le migliaia di teschi (piccola goccia in un oceano di morte) nei luoghi-simbolo dell'olocausto Tuol Sleng e Choeung Ek Memorial), ma che mi ha anche commosso (le poche pagine dedicate ad Angkor - uno dei luoghi più spettacolari del mondo, di una grandezza e bellezza impossibile da descrivere - mi hanno fatto venire la pelle d'oca e le lacrime agli occhi) e mi ha ricordato che, come dice Elisa, non abbiamo il diritto di non sapere. E di non ricordare.
"Gli assassini continuano a uccidere, i poveri continuano ad aver fame e i ricchi diventano sempre più grassi e potenti. La Cambogia è un'altra scoraggiante prova che al mondo non c'è giustizia e che l'umanità ha perso la capacità di indignarsi."
"Ma da dove nasce l'orrore? Che cosa fa di un uomo - o di un intero popolo - all'apparenza così semplice e puro, un mostro di violenza e crudeltà? (...)
Le radici dell'orrore sono dappertutto. L'orrore siamo noi."
... e per regalare un sorriso in mezzo a tanto dolore:
"Angkor (è) uno di quei pochi, straordinari luoghi del mondo dinanzi ai quali ci si sente orgogliosi d'essere membri della razza umana."