Titolo completo: Diego e Frida. Un amore assoluto e impossibile sullo sfondo del Messico rivoluzionario
Ho scelto questo libro prima per l'autore, poi per l'argomento che mi ha sempre affascinato (consiglio il bellissimo film Frida, di Julie Taymor).
L'autore, Jean-Marie Gustave Le Clézio, l'ho scoperto in quanto premio Nobel 2008 ed ero curiosa di leggere qualcosa di suo; i suoi romanzi più famosi sono altri, ma a questo punto è subentrata la curiosità di approfondire il rapporto singolarissimo fra due mostri sacri dell'arte messicana: Diego Rivera, muralista rivoluzionario, "l'orco", il seduttore, l'artista che ha girato il mondo e ha sfidato i potenti per portare avanti la sua battaglia a servizio del popolo, e Frida Kahlo, pittrice di non minor valore e fama, anzi, sebbene la sua arte fosse molto più circoscritta e intimistica, scaturita dalla sorgente viva della sofferenza fisica che l'ha accompagnata tutta la vita. Quando si sposarono, il padre di lei definì scherzosamente il loro matrimonio quello fra "un elefante e una colomba" (eppure, quanta forza racchiusa in questo corpo martoriato dal dolore e apparentemente così fragile!).
"In fondo, la cosa straordinaria di tutta la caotica esistenza della coppia Diego-Frida, è che era difficile riunire due essere umani più dissimili. Tutti e due sono creatori, e tutti e due sono rivoluzionari, ma la loro creazione e la loro rivoluzione sono diametralmente opposte, e diametralmente opposte le loro idee sull'amore, sulla ricerca della felicità, sulla vita stessa." Eppure, nonostante le numerose infedeltà di lui - incapace, per natura, di controllare la sua "frenesia" seduttiva - nonostante la crisi e il divorzio a cui poi sono seguite le seconde nozze, la loro unione ha dato vita a qualcosa di unico, totalizzante, simbolico e ancestrale (Frida, madre degli dei e della terra, secondo i riti e le credenze del Messico pre-ispanico, Diego "l'eterno bambino" che lei avvolge e protegge).
"La storia di Diego e Frida, questa storia d'amore inscindibile dalla fede nella rivoluzione, è ancor oggi viva perché si mescola alla luce particolare del Messico, al rumore della vita quotidiana, all'odore delle strade e dei mercati, alla bellezza dei bambini nelle case polverose; a quella sorta di languidezza nostalgica che indugia al crepuscolo degli antichi monumenti e sugli alberi più vecchi del mondo."
Se ho iniziato questo libro spinta da un duplice interesse, autore e oggetto della narrazione, certamente sono rimasta più soddisfatta dal secondo, e per questa ragione lo consiglio a chiunque sia appassionato d'arte o anche solo sia spinto dalla mia stessa curiosità di saperne qualcosa di più su questi due grandi personaggi. Quanto a Le Clézio, forse proprio la specificità e eccezionalità dell'argomento trattato non mi hanno permesso di sentire lui in quanto tale, ma mi riservo di farlo in futuro, magari col più noto e sperimentale "Il Verbale".
Ho scelto questo libro prima per l'autore, poi per l'argomento che mi ha sempre affascinato (consiglio il bellissimo film Frida, di Julie Taymor).
L'autore, Jean-Marie Gustave Le Clézio, l'ho scoperto in quanto premio Nobel 2008 ed ero curiosa di leggere qualcosa di suo; i suoi romanzi più famosi sono altri, ma a questo punto è subentrata la curiosità di approfondire il rapporto singolarissimo fra due mostri sacri dell'arte messicana: Diego Rivera, muralista rivoluzionario, "l'orco", il seduttore, l'artista che ha girato il mondo e ha sfidato i potenti per portare avanti la sua battaglia a servizio del popolo, e Frida Kahlo, pittrice di non minor valore e fama, anzi, sebbene la sua arte fosse molto più circoscritta e intimistica, scaturita dalla sorgente viva della sofferenza fisica che l'ha accompagnata tutta la vita. Quando si sposarono, il padre di lei definì scherzosamente il loro matrimonio quello fra "un elefante e una colomba" (eppure, quanta forza racchiusa in questo corpo martoriato dal dolore e apparentemente così fragile!).
"In fondo, la cosa straordinaria di tutta la caotica esistenza della coppia Diego-Frida, è che era difficile riunire due essere umani più dissimili. Tutti e due sono creatori, e tutti e due sono rivoluzionari, ma la loro creazione e la loro rivoluzione sono diametralmente opposte, e diametralmente opposte le loro idee sull'amore, sulla ricerca della felicità, sulla vita stessa." Eppure, nonostante le numerose infedeltà di lui - incapace, per natura, di controllare la sua "frenesia" seduttiva - nonostante la crisi e il divorzio a cui poi sono seguite le seconde nozze, la loro unione ha dato vita a qualcosa di unico, totalizzante, simbolico e ancestrale (Frida, madre degli dei e della terra, secondo i riti e le credenze del Messico pre-ispanico, Diego "l'eterno bambino" che lei avvolge e protegge).
"La storia di Diego e Frida, questa storia d'amore inscindibile dalla fede nella rivoluzione, è ancor oggi viva perché si mescola alla luce particolare del Messico, al rumore della vita quotidiana, all'odore delle strade e dei mercati, alla bellezza dei bambini nelle case polverose; a quella sorta di languidezza nostalgica che indugia al crepuscolo degli antichi monumenti e sugli alberi più vecchi del mondo."
Se ho iniziato questo libro spinta da un duplice interesse, autore e oggetto della narrazione, certamente sono rimasta più soddisfatta dal secondo, e per questa ragione lo consiglio a chiunque sia appassionato d'arte o anche solo sia spinto dalla mia stessa curiosità di saperne qualcosa di più su questi due grandi personaggi. Quanto a Le Clézio, forse proprio la specificità e eccezionalità dell'argomento trattato non mi hanno permesso di sentire lui in quanto tale, ma mi riservo di farlo in futuro, magari col più noto e sperimentale "Il Verbale".
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