Il negro (così viene definito) Antonio Balduino cresce con la zia Luisa nella periferia di Bahia ed esattamente nella collina del Capa Negro, luogo in cui la fantasia è alimentata dalla povertà e dalla superstizione. Qui conosce Jubiabà, l’immortale stregone della collina, direttamente connesso con le divinità ed esperto in esorcismi e macumba; qui impara a creare un samba e sogna un futuro da lottatore e da eroe. Quando la zia Luisa perde il ben dell’intelletto, Antonio viene affidato ad una famiglia di bianchi ricchi ed è qui che conosce la candida e un po’ sdegnosa Lindinalva …
Direi che è un romanzo di formazione, seppure in stile Amado. Antonio nasce già sapendo che nel suo sangue c’è il destino degli schiavi; intuendo l’ingiustizia e non conoscendo un modo razionale di ribellarsi, sfugge al lavoro “serio” creando bande di “ragazzacci” che vivono di elemosina, fuggendo, facendo il pugile e lavorando nei circhi; sfugge alla tristezza rincorrendo ogni manifestazione di vita, facendo baldoria con gli amici nella Lanterna dos Afogados e innamorandosi, a suo modo, di mille donne, ma mai amandole del tutto. Seppure il protagonista sia, in diverse occasioni, violento e spesso maschilista - come molti “eroi” di Amado, ma in genere la vera protagonista dei suoi romanzi è una donna, perciò quest’aspetto si percepisce in misura minore - tenendo presente l’ambientazione e l’epoca, lo si perdona, forse perché è difficile non provare simpatia per chi nasce in una posizione tutt’altro che privilegiata e riesce a combattere la miseria con l’allegria mantenendo, comunque, una bontà d’animo di fondo. L’amicizia ha un ruolo importante in questo libro; il “superficiale” Balduino in realtà manterrà per tutta la vita gli stessi affetti e non dimenticherò mai l’amico Gordo, immagine del candore e della genuinità.
Soprattutto nella prima parte, il libro è più ingenuo e semplice rispetto ai più conosciuti di Amado; si vede che è uno dei suoi primi romanzi. Ma forse proprio la sua semplicità gli conferisce un fascino particolare, considerando che la mano dell’autore, in ogni caso, già si percepisce pienamente e le atmosfere sudamericane e lo spirito dei luoghi sono palpabili, così come è fortemente presente la critica sociale, in questo caso contro la schiavitù ormai apparentemente abolita, ma che prosegue mediante lo sfruttamento dei poveri, dei negri e dei lavoratori umili, in forme più subdole rispetto al passato ma altrettanto violente e dolorose. La personalità del protagonista sembra descritta in modo leggero e invece si percepisce il dolore di una vita in cui la solitudine dell'infanzia, la miseria, il dolore non vengono mai realmente colmati e colpisce in maniera colorita ed efficace il contrasto con le vicende rocambolesche e sempre sopra le righe in cui il protagonista sceglie di trovarsi.
La parte più bella però è quella finale che, a mio parere, tocca alti picchi di emotività - non voglio svelare cosa avviene ad un certo punto, anche se vorrei farlo - e ci mostra un protagonista cresciuto, maturo.
Lo consiglio fortemente
Direi che è un romanzo di formazione, seppure in stile Amado. Antonio nasce già sapendo che nel suo sangue c’è il destino degli schiavi; intuendo l’ingiustizia e non conoscendo un modo razionale di ribellarsi, sfugge al lavoro “serio” creando bande di “ragazzacci” che vivono di elemosina, fuggendo, facendo il pugile e lavorando nei circhi; sfugge alla tristezza rincorrendo ogni manifestazione di vita, facendo baldoria con gli amici nella Lanterna dos Afogados e innamorandosi, a suo modo, di mille donne, ma mai amandole del tutto. Seppure il protagonista sia, in diverse occasioni, violento e spesso maschilista - come molti “eroi” di Amado, ma in genere la vera protagonista dei suoi romanzi è una donna, perciò quest’aspetto si percepisce in misura minore - tenendo presente l’ambientazione e l’epoca, lo si perdona, forse perché è difficile non provare simpatia per chi nasce in una posizione tutt’altro che privilegiata e riesce a combattere la miseria con l’allegria mantenendo, comunque, una bontà d’animo di fondo. L’amicizia ha un ruolo importante in questo libro; il “superficiale” Balduino in realtà manterrà per tutta la vita gli stessi affetti e non dimenticherò mai l’amico Gordo, immagine del candore e della genuinità.
Soprattutto nella prima parte, il libro è più ingenuo e semplice rispetto ai più conosciuti di Amado; si vede che è uno dei suoi primi romanzi. Ma forse proprio la sua semplicità gli conferisce un fascino particolare, considerando che la mano dell’autore, in ogni caso, già si percepisce pienamente e le atmosfere sudamericane e lo spirito dei luoghi sono palpabili, così come è fortemente presente la critica sociale, in questo caso contro la schiavitù ormai apparentemente abolita, ma che prosegue mediante lo sfruttamento dei poveri, dei negri e dei lavoratori umili, in forme più subdole rispetto al passato ma altrettanto violente e dolorose. La personalità del protagonista sembra descritta in modo leggero e invece si percepisce il dolore di una vita in cui la solitudine dell'infanzia, la miseria, il dolore non vengono mai realmente colmati e colpisce in maniera colorita ed efficace il contrasto con le vicende rocambolesche e sempre sopra le righe in cui il protagonista sceglie di trovarsi.
La parte più bella però è quella finale che, a mio parere, tocca alti picchi di emotività - non voglio svelare cosa avviene ad un certo punto, anche se vorrei farlo - e ci mostra un protagonista cresciuto, maturo.
Lo consiglio fortemente