Jessamine
Well-known member
TRAMA
Senza mai chetarsi, ora infuriata ora implacabile, la voce delle onde ci accompagna durante tutta la lettura di questo romanzo. Si tratta di una storia d'amore che sulla sponda del mare nasce e si sviluppa, raggiungendo apici di toccante e poetica spontaneità e semplicità. La vita, fatta di coraggio e di sacrificio, di un povero villaggio di pescatori giapponesi è lo sfondo per le uscite sul mare in tempesta, la pesca delle perle e i convegni d'amore di due giovani protagonisti, Shinji e Hatsue, su al tempio di Yashiro, che dall'alto del monte domina l'Isola del canto - Uta-jima - come armoniosamente la chiamano i suoi abitanti.
COMMENTO
Devo ammettere che io non sono una grandissima esperta di letteratura e di cultura giapponese, né mi sono premurata di informarmi più di tanto prima di cominciare questo romanzo. Mi ci sono semplicemente tuffata, e solo a posteriori ho cercato di documentarmi un pochino di più. Ho così scoperto che quella che noi possiamo leggere è in realtà la traduzione della versione americana del romanzo, e immagino che questo possa in qualche modo aver posto un ulteriore filtro fra la versione originale (che già è piuttosto distante dalla sensibilità occidentale) e il lettore.
Inizialmente ho apprezzato moltissimo la narrazione di Mishima, delicatissima e quasi avulsa dal tempo: tutta la vicenda si svolge su una piccola isola abitata da pescatori, dove la vita sembra scorrere lentamente e in maniera perfettamente equilibrata, senza sconvolgimenti né rancori. Lo stile stesso di Mishima è pacato, equilibrato, ricco di descrizioni e senza particolari impennate di pathos: i discorsi diretti sono pochissimi, e tutto viene narrato in maniera quasi distaccata, tanto che inizialmente mi è parso di trovarmi immersa in un’atmosfera fiabesca. La stessa storia d’amore fra Shinji e Hatsue è fatta di sguardi e piccoli gesti compiuti in maniera quasi inconsapevole, è una storia d’amore in boccio, che pare concretizzarsi più nella mente dei due protagonisti che in gesti ed azioni concreti. Fino a che il romanzo è rimasto su questi toni, l’ho apprezzato veramente tanto, così ricco di lirismo e atmosfere impalpabili.
La storia però si fa poi più concreta, i personaggi cominciano a dialogare e ad agire in maniera diretta e visibile, ed è come smettere di osservare un acquarello dai colori delicati per dedicarsi ad una soap opera di seconda scelta. Ci troviamo davanti a pettegolezzi e dicerie da parrucchiere di provincia, scene surreali con calabroni che tormentano aspiranti stupratori, donne di tutte le età che si radunano per disquisire su chi fra di loro abbia il seno migliore, fino ad arrivare ad un finale intuibile già dalla metá del romanzo, prevedibile e al tempo stesso del tutto privo di veridicità.
Quello che era un racconto pieno di poesia si trasforma in una mal riuscita e vagamente ridicola celebrazione dell’uomo che grazie alla sua forza tutto vuole e tutto può, snaturando un personaggio taciturno e assennato per farlo diventare uno spocchioso ragazzetto pieno di sé per il solo fatto di aver compiuto una prodezza che rasenta l’incoscienza in mezzo ad un tifone.
Insomma, ho apprezzato moltissimo la prima parte del romanzo, ma la seconda non mi ha convinto per niente. Leggo però che questa “Voce delle onde” non è esattamente una delle opere migliori di Mishima, anzi pare non essere prorpio all’altezza della sua produzione, quindi proverò a dargli una seconda possibilità.
Senza mai chetarsi, ora infuriata ora implacabile, la voce delle onde ci accompagna durante tutta la lettura di questo romanzo. Si tratta di una storia d'amore che sulla sponda del mare nasce e si sviluppa, raggiungendo apici di toccante e poetica spontaneità e semplicità. La vita, fatta di coraggio e di sacrificio, di un povero villaggio di pescatori giapponesi è lo sfondo per le uscite sul mare in tempesta, la pesca delle perle e i convegni d'amore di due giovani protagonisti, Shinji e Hatsue, su al tempio di Yashiro, che dall'alto del monte domina l'Isola del canto - Uta-jima - come armoniosamente la chiamano i suoi abitanti.
COMMENTO
Devo ammettere che io non sono una grandissima esperta di letteratura e di cultura giapponese, né mi sono premurata di informarmi più di tanto prima di cominciare questo romanzo. Mi ci sono semplicemente tuffata, e solo a posteriori ho cercato di documentarmi un pochino di più. Ho così scoperto che quella che noi possiamo leggere è in realtà la traduzione della versione americana del romanzo, e immagino che questo possa in qualche modo aver posto un ulteriore filtro fra la versione originale (che già è piuttosto distante dalla sensibilità occidentale) e il lettore.
Inizialmente ho apprezzato moltissimo la narrazione di Mishima, delicatissima e quasi avulsa dal tempo: tutta la vicenda si svolge su una piccola isola abitata da pescatori, dove la vita sembra scorrere lentamente e in maniera perfettamente equilibrata, senza sconvolgimenti né rancori. Lo stile stesso di Mishima è pacato, equilibrato, ricco di descrizioni e senza particolari impennate di pathos: i discorsi diretti sono pochissimi, e tutto viene narrato in maniera quasi distaccata, tanto che inizialmente mi è parso di trovarmi immersa in un’atmosfera fiabesca. La stessa storia d’amore fra Shinji e Hatsue è fatta di sguardi e piccoli gesti compiuti in maniera quasi inconsapevole, è una storia d’amore in boccio, che pare concretizzarsi più nella mente dei due protagonisti che in gesti ed azioni concreti. Fino a che il romanzo è rimasto su questi toni, l’ho apprezzato veramente tanto, così ricco di lirismo e atmosfere impalpabili.
La storia però si fa poi più concreta, i personaggi cominciano a dialogare e ad agire in maniera diretta e visibile, ed è come smettere di osservare un acquarello dai colori delicati per dedicarsi ad una soap opera di seconda scelta. Ci troviamo davanti a pettegolezzi e dicerie da parrucchiere di provincia, scene surreali con calabroni che tormentano aspiranti stupratori, donne di tutte le età che si radunano per disquisire su chi fra di loro abbia il seno migliore, fino ad arrivare ad un finale intuibile già dalla metá del romanzo, prevedibile e al tempo stesso del tutto privo di veridicità.
Quello che era un racconto pieno di poesia si trasforma in una mal riuscita e vagamente ridicola celebrazione dell’uomo che grazie alla sua forza tutto vuole e tutto può, snaturando un personaggio taciturno e assennato per farlo diventare uno spocchioso ragazzetto pieno di sé per il solo fatto di aver compiuto una prodezza che rasenta l’incoscienza in mezzo ad un tifone.
Insomma, ho apprezzato moltissimo la prima parte del romanzo, ma la seconda non mi ha convinto per niente. Leggo però che questa “Voce delle onde” non è esattamente una delle opere migliori di Mishima, anzi pare non essere prorpio all’altezza della sua produzione, quindi proverò a dargli una seconda possibilità.