Kawabata, Yasunari - Bellezza e tristezza

ayuthaya

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Tocca ancora a me l'onore di aprire il thread per presentarvi un altro dei romanzi di uno scrittore che, piano piano, quasi in sordina (i giapponesi non fanno mai chiasso...) è diventato uno dei miei preferiti.
Il romanzo in questione è Bellezza e tristezza: poco più di un centinaio di pagine, caratterizzate come al solito dalla forza e dalla delicatezza che solo Kawabata è capace di avere... Temi forti, a volte persino scabrosi (il tradimento, la seduzione, l’abbandono, l’omosessualità, la morbosità) trasfigurati in materia leggera, impalpabile... come la seta, come i petali di un fiore.

Oki, romanziere affermato, si reca a Kyoto per ascoltare le campane nell'ultimo giorno dell'anno. In verità vuole incontrare una sua ex amante, Otoko, che aveva sedotto ed abbandonato venti anni prima quando lei era poco più di una bambina. Da quella relazione Oki ha tratto il suo libro più famoso, La sedicenne. La donna è ormai una pittrice e vive con la sua giovane allieva ed amante, Keiko, la quale decide di vendicare la sua maestra, seducendo non solo lo stesso Oki, di molti anni più vecchio di lei, ma anche suo figlio.

Effettivamente, dal punto di vista dei contenuti, è il romanzo dalle tinte più forti che mi sia capitato di leggere di questo autore, a eccezione dello strafamoso (in quanto a trama) La casa delle belle addormentate. I protagonisti ancora una volta non sono tano i personaggi, quanto le relazioni che si stabiliscono tra di essi: innanzitutto fra Oki e Otoko, i due amanti del passato che − paradossalmente − più nulla hanno e avranno a che fare l’uno con l’altro (poche parole scanbiate in presenza di estranei), ma la cui passione − contraddistinta insieme dalla purezza e dalla colpa − non solo continua a vivere in modo recondito, come una corrente sotterranea ma inestinguibile, ma persino diventa sorgente che alimenta nuove correnti. E queste nuove correnti, al centro delle quali vi è sempre la figura della giovane, seducente ed enigmatica Keiko, vera protagonista della storia, non hanno più nulla di “puro” ma si contaminano di torbidezza, ambiguità, vendetta. Ecco, dunque, la bellezza e la tristezza di un amore che appartiene a un tempo ormai passato, la bellezza e la tristezza di una passione che nasce non in modo spontaneo, ma come arma.

Una prova ulteriore, se mai ce ne fosse bisogno, che questo scrittore tutto ciò che tocca lo trasforma in qualcosa di lieve, di rarefatto.
Ammetto però che fra i vari romanzi che ho letto del Nobel giapponese, questo è fra quelli che mi ha convinto di meno... forse perchè ho avvertito una certa ridondanza di concetti, un eccessivo sottolineare alcune dinamiche (la sopravvivenza della passione giovanile nel cuore di Oki e soprattutto di Okoto, le conseguenze che questa funesta passione ha determinato nella vita di lei) su cui si torna molte, troppe volte... e non ce ne sarebbe bisogno.

Detto questo, sarò di parte, ma Kawabata vale sempre la pena. Magari non lo consiglierei come primo approccio, ma vale la pena comunque.
 
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estersable88

dreamer member
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Per cominciare al meglio il mio 2025 letterario, ho voluto andare sul sicuro ed affidarmi ad un autore di cui già conoscevo il valore: il premio Nobel Iasunari Kawabata. La mia scelta è caduta su “Bellezza e tristezza”, la cui prima pubblicazione risale al 1965 e le aspettative non sono state deluse, anzi.

Si tratta di un romanzo profondamente giapponese per stile di narrazione e tematiche trattate, in cui convivono la bellezza delle fulgide descrizioni di quadri, paesaggi, colori, scorci, e la tristezza che deriva dall’ineluttabilità e la tragicità di un finale già annunciato. Nelle sapienti mani di Kawabata, persino passioni e sentimenti intensi, violenti, nocivi, tragici acquistano fascino nella forza delle parole con cui ci sono donati. Nelle varie forme di romanticismo cui fa riferimento Mishima nella postfazione (lirico, erotico, temporale), sentimenti come l’amore nelle sue varie declinazioni, l’erotismo pervasivo, una vendetta strisciante, magmatica e corrosiva acquistano spessore tanto da diventare entità a se stanti nel romanzo e si cristallizzano, ingombranti, totalizzanti, travolgenti ed impossibili da ignorare. La vividezza di paesaggi e stati d’animo si contrappone, poi, ad una certa consistenza eterea, sfuggente, sfumata dei personaggi, le cui azioni e comportamenti appaiono indefiniti: la colpa dello scrittore sfuma dinanzi al persistere del suo amore; l’innocenza di Otoko declina in qualcosa di indefinibile nei suoi rapporti con Keiko e con lo stesso Oki; persino le ragioni di Keiko, la più a fuoco tra i personaggi, appaiono difficili da comprendere ed accettare ad un certo punto della narrazione. E forse sta tutta qui la bravura di Kawabata, nel rendere con tanta chiarezza la relatività dell’agire umano, da un lato, e di bellezza e tristezza – per richiamare il titolo – dall’altro.

Un libro che ho apprezzato molto, come ogni incontro che ho avuto finora con quest’autore e, più in generale, con la letteratura giapponese. Un ottimo modo di cominciare l’anno, con la speranza che sia ricco di nuove, buone letture, per me e per voi.
 
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