Dory
Reef Member
Un reduce di guerra congedato perché ha perso una gamba diventa investigatore privato, ma l'attività non va molto bene.
Dopo l'ennesimo litigio con la fidanzata, senza un quattrino, si istalla su una brandina nel suo ufficio, senza potersi nemmeno permettere una segretaria. Ma l'agenzia interinale le manda Robin, molto carina, intelligente ed efficiente, e il fratello di un suo vecchio amico di infanzia, morto molto giovane, lo ingaggia per indagare sulla morte della sua sorellastra. La ragazza era una famosissima modella e la sua morte era stata archiviata tempo prima come suicidio.
Un giallo e basta, un giallo puro, e, secondo me, molto ben congegnato e scritto.
Per la prima metà non mi ha entusiasmato per niente; l'avevo letto a fatica e mollato e ripreso molte volte. La settimana scorsa, l'ho ripreso dopo alcuni mesi e sono arrivata ad un punto dal quale le cose si fanno molto più interessanti, finendolo in un attimo.
Dietro Galbraith, per chi non lo sapesse, si nasconde JK Rowling, la mamma di Harry Potter, che con la trama gialla credo sia una vera maestra. La sua scrittura mi piace moltissimo, è molto figurativa e ricca di dettagli, i dialoghi molto ben scritti.
Però questo lo definirei un esercizio lineare, nel senso che è ben scritto ma non eccezionale, niente che ti fa scuotere davvero, freddino insomma.
Se il libro fosse stato più corto di 1-2 centinaia di pagine credo sarebbe stato un ottimo giallo. Per essere un libro di oltre 500 pagine avrei voluto di più, qualcosa che andasse oltre la trama gialla. Il mio riferimento in questo genere è Fred Vargas, perché i suoi sono i miei gialli preferiti; se penso al numero di pagine mi viene in mente Nei boschi eterni, il mio preferito in assoluto. Se penso invece ai classici,la Christie o Conan Doyle, gialli puri, come questo, non vanno oltre le 200-300 pagine, come pure quelli di altri giallisti classici, Simenon, Rex Stout, che non mi piacciono, però non sono mai molto voluminosi. C'è una ragione secondo me, si deve dare la possibilità al lettore di ricordare.
Nel libro di Galbraith, dopo 2-300 pagine di descrizioni di luoghi e persone e del detective che va qui e là a vedere luoghi e interrogare persone mi stavo annoiando e non memorizzavo nulla. Poi, dopo la metà, quando prende una certa svolta, allora comincia a farsi interessante.
Dopo l'ennesimo litigio con la fidanzata, senza un quattrino, si istalla su una brandina nel suo ufficio, senza potersi nemmeno permettere una segretaria. Ma l'agenzia interinale le manda Robin, molto carina, intelligente ed efficiente, e il fratello di un suo vecchio amico di infanzia, morto molto giovane, lo ingaggia per indagare sulla morte della sua sorellastra. La ragazza era una famosissima modella e la sua morte era stata archiviata tempo prima come suicidio.
Un giallo e basta, un giallo puro, e, secondo me, molto ben congegnato e scritto.
Per la prima metà non mi ha entusiasmato per niente; l'avevo letto a fatica e mollato e ripreso molte volte. La settimana scorsa, l'ho ripreso dopo alcuni mesi e sono arrivata ad un punto dal quale le cose si fanno molto più interessanti, finendolo in un attimo.
Dietro Galbraith, per chi non lo sapesse, si nasconde JK Rowling, la mamma di Harry Potter, che con la trama gialla credo sia una vera maestra. La sua scrittura mi piace moltissimo, è molto figurativa e ricca di dettagli, i dialoghi molto ben scritti.
Però questo lo definirei un esercizio lineare, nel senso che è ben scritto ma non eccezionale, niente che ti fa scuotere davvero, freddino insomma.
Se il libro fosse stato più corto di 1-2 centinaia di pagine credo sarebbe stato un ottimo giallo. Per essere un libro di oltre 500 pagine avrei voluto di più, qualcosa che andasse oltre la trama gialla. Il mio riferimento in questo genere è Fred Vargas, perché i suoi sono i miei gialli preferiti; se penso al numero di pagine mi viene in mente Nei boschi eterni, il mio preferito in assoluto. Se penso invece ai classici,la Christie o Conan Doyle, gialli puri, come questo, non vanno oltre le 200-300 pagine, come pure quelli di altri giallisti classici, Simenon, Rex Stout, che non mi piacciono, però non sono mai molto voluminosi. C'è una ragione secondo me, si deve dare la possibilità al lettore di ricordare.
Nel libro di Galbraith, dopo 2-300 pagine di descrizioni di luoghi e persone e del detective che va qui e là a vedere luoghi e interrogare persone mi stavo annoiando e non memorizzavo nulla. Poi, dopo la metà, quando prende una certa svolta, allora comincia a farsi interessante.
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