bouvard
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Una ricca e fertile valle californiana - “I pascoli del cielo” - è la protagonista incontrastata di questo romanzo di Steinbeck, ambientato agli inizi del novecento. L’amore per questa terra florida e rigogliosa, l’attrazione per il suo paesaggio incantevole e sereno, quasi fuori dal tempo, la vita pacifica e bucolica che vi si conduce basata sul proprio duro lavoro, sono il filo rosso che unisce le diverse storie del libro.
Il libro, infatti, non dipana lungo le sue pagine un’unica storia, quanto piuttosto undici micro-storie. Perché Steinbeck non vuole narrarci semplicemente le vicende di alcune delle famiglie che vivono nella valle, quanto piuttosto descriverci una varia umanità, fatta di caratteri diversi, diversi modi di affrontare la vita e soprattutto di “adattarsi” al dolore che questa comporta.
Inizio spoiler. Così conosciamo Bert Munroe un uomo che è sempre stato perseguitato dalla sfortuna, fino a quando non compra, senza saperlo, l’unica casa “maledetta” della valle, ma a quanto pare due sfortune quando si incontrano si annullano a vicenda, perché la sua è l’unica storia positiva di tutto il libro. E cosa dire di Edward Wicks un uomo che compra titoli a basso prezzo per rivenderli poi con lauti guadagni, capendo sempre in anticipo quando il loro prezzo sta per crollare? Decisamente un genio degli affari, peccato però che i suoi acquisti e le sue vendite siano solo delle cifre riportate su un quaderno e che le sue ricchezze siano tutte fittizie. Come dimenticarsi poi di Tularecito (Ranocchietto) un bambino che trova, grazie alla fantasia, una spiegazione alla sua diversità; o Robbie che vive in una fattoria in completo stato di abbandono, pensando di essere ricco perché suo padre gli legge libri e inventa nuovi giochi per lui, e scopre, invece, di essere povero perché qualcuno gli vuole regalare dei vestiti, e poi le storie delle sorelle Maria e Rosa Lopez o di Pat Humbert … Fine Spoiler.
La bravura di Steinbeck sta nel creare dei personaggi indimenticabili, uomini e donne non esenti da difetti o colpe, di cui si limita a raccontarci le vicende, senza dare giudizi morali, e lasciando al lettore la possibilità di formarsi un proprio giudizio e decidere da quale storia lasciarsi affascinare maggiormente.
Se proprio fossi costretta a muovere un rimprovero a Steinbeck gli rimprovererei il fatto di aver raccontato le storie solo di undici famiglie, visto che nella valle ce n’erano venti, con la sua scrittura scorrevole e affascinante avrebbe potuto permettersi di raccontare anche le altre nove storie senza paura di annoiare il lettore.
Il libro, infatti, non dipana lungo le sue pagine un’unica storia, quanto piuttosto undici micro-storie. Perché Steinbeck non vuole narrarci semplicemente le vicende di alcune delle famiglie che vivono nella valle, quanto piuttosto descriverci una varia umanità, fatta di caratteri diversi, diversi modi di affrontare la vita e soprattutto di “adattarsi” al dolore che questa comporta.
Inizio spoiler. Così conosciamo Bert Munroe un uomo che è sempre stato perseguitato dalla sfortuna, fino a quando non compra, senza saperlo, l’unica casa “maledetta” della valle, ma a quanto pare due sfortune quando si incontrano si annullano a vicenda, perché la sua è l’unica storia positiva di tutto il libro. E cosa dire di Edward Wicks un uomo che compra titoli a basso prezzo per rivenderli poi con lauti guadagni, capendo sempre in anticipo quando il loro prezzo sta per crollare? Decisamente un genio degli affari, peccato però che i suoi acquisti e le sue vendite siano solo delle cifre riportate su un quaderno e che le sue ricchezze siano tutte fittizie. Come dimenticarsi poi di Tularecito (Ranocchietto) un bambino che trova, grazie alla fantasia, una spiegazione alla sua diversità; o Robbie che vive in una fattoria in completo stato di abbandono, pensando di essere ricco perché suo padre gli legge libri e inventa nuovi giochi per lui, e scopre, invece, di essere povero perché qualcuno gli vuole regalare dei vestiti, e poi le storie delle sorelle Maria e Rosa Lopez o di Pat Humbert … Fine Spoiler.
La bravura di Steinbeck sta nel creare dei personaggi indimenticabili, uomini e donne non esenti da difetti o colpe, di cui si limita a raccontarci le vicende, senza dare giudizi morali, e lasciando al lettore la possibilità di formarsi un proprio giudizio e decidere da quale storia lasciarsi affascinare maggiormente.
Se proprio fossi costretta a muovere un rimprovero a Steinbeck gli rimprovererei il fatto di aver raccontato le storie solo di undici famiglie, visto che nella valle ce n’erano venti, con la sua scrittura scorrevole e affascinante avrebbe potuto permettersi di raccontare anche le altre nove storie senza paura di annoiare il lettore.
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