In un paese tormentato da una lunghissima guerra, le donne delle due parti belligeranti si accordano per mettere in atto un piano comune, che solo può portare al raggiungimento della pace. Consapevoli della forza contrattuale potenzialmente presente nel sesso, decidono di usare il proprio corpo come strumento di ricatto, rifiutandosi ai loro uomini e mettendoli di fronte a un dilemma: o la rinuncia al piacere sessuale, o il perseguimento di una linea politica conciliatrice, che essi non vogliono e/o non possono percorrere. Gli uomini, portati allo stremo dal desiderio insoddisfatto, si piegano al ricatto, e tutto si conclude felicemente. (Prefazione edizione BUR di Guido Paduano)
Presumo sia uno dei primi testi che pone i riflettori sulla discriminazione primigenia, quella tra i sessi, dove le donne vengono poste ad un gradino inferiore rispetto agli uomini ed escluse per la loro appartenenza di genere dalla partecipazione alle decisioni politiche, economiche e sociali. Detto questo la cosa che mi preme sottolineare è l'uso del corpo e della propria sessualità come arma di ricatto o strumento di persuasione che permette di incidere su quelle scelte. Su questo punto non abbiamo fatto grandi progressi, ancor oggi la donna si vive tale e quale la donna ateniese e spartana dell'epoca di Aristofane, un corpo "parlante" completamene estraneo da quello che è la capacità di prendere decisioni estranee ad esso, così come farebbe un uomo ad esempio. I rapporti di potere si basano ancora su questa prevalenza del corpo femminile rispetto a tutto il resto, non sembra che abbiamo fatto grandi passi. L'opera in sé ha questa grandezza, oltre che al linguaggio molto esplicito, difficoltosa in alcuni punti per la sua costruzione a tavolino fatta dai critici, ma di una modernità sconcertante e ancora troppo avanzata dove solo le donne possono avere una visione superiore delle relazioni fra popoli, quale la pace è la massima espressione della convivenza.
Presumo sia uno dei primi testi che pone i riflettori sulla discriminazione primigenia, quella tra i sessi, dove le donne vengono poste ad un gradino inferiore rispetto agli uomini ed escluse per la loro appartenenza di genere dalla partecipazione alle decisioni politiche, economiche e sociali. Detto questo la cosa che mi preme sottolineare è l'uso del corpo e della propria sessualità come arma di ricatto o strumento di persuasione che permette di incidere su quelle scelte. Su questo punto non abbiamo fatto grandi progressi, ancor oggi la donna si vive tale e quale la donna ateniese e spartana dell'epoca di Aristofane, un corpo "parlante" completamene estraneo da quello che è la capacità di prendere decisioni estranee ad esso, così come farebbe un uomo ad esempio. I rapporti di potere si basano ancora su questa prevalenza del corpo femminile rispetto a tutto il resto, non sembra che abbiamo fatto grandi passi. L'opera in sé ha questa grandezza, oltre che al linguaggio molto esplicito, difficoltosa in alcuni punti per la sua costruzione a tavolino fatta dai critici, ma di una modernità sconcertante e ancora troppo avanzata dove solo le donne possono avere una visione superiore delle relazioni fra popoli, quale la pace è la massima espressione della convivenza.