Robert Langdon, il professore di simbologia di Harvard, è il protagonista di un'avventura che si svolge in Italia, incentrata su uno dei capolavori più complessi e abissali della letteratura di ogni tempo: l'"Inferno" di Dante. Langdon combatte contro un terribile avversario e affronta un misterioso enigma che lo proietta in uno scenario fatto di arte classica, passaggi segreti e scienze futuristiche. Addentrandosi nelle oscure pieghe del poema dantesco, Langdon si lancia alla ricerca di risposte e deve decidere di chi fidarsi... prima che il mondo cambi irrimediabilmente.
La china discendente l'avevo già notata con Il simbolo perduto. Qui Dan scomoda addirittura Dante Alighieri ma i livelli de "L'ultimo Catone" di Matilde Asensi, altro romanzo che prende spunto dal Divino poema, sono lontani anni luce.
L'incipit è indubbiamente adrenalinico - Langdon si trova in ospedale e non ricorda niente del perché si trovi a Firenze con una ferita d'arma da fuoco alla testa. Ansiogeni gli inseguimenti da parte della donna sicario prima e dei mercenari poi - ma poco dopo il lettore si trova a che fare con espedienti narrativi che fanno quantomeno sorridere (su tutti, urlare a un fantomatico suicidio imminente per distrarre la gente e entrare di soppiatto nel battistero).
Ho trovato vessante l'insistenza su alcune descrizioni artistiche - se avessi voluto sapere quante sfumature d'oro ha la porta di quel monumento di Firenze o quante cupole e vetrate ha il Duomo di Venezia avrei comprato una guida turistica, non un romanzo.
Il finale a tarallucci e vino è ancora più stucchevole della creduloneria di Langdon (non esce affatto bene da questo romanzo il "nostro" professore).
L'idea di trovare un rimedio "clinico" alla sovrappopolazione globale anziché ricorrere al trito terrorismo e al banale sterminio di massa, sarebbe finanche originale, ma nel complesso resta un romanzo dimenticabile, che si trascina stancamente dalla seconda metà in poi, soprattutto quando le intenzioni dello scienziato vengono palesate.
L'ho trovato anche troppo lungo, una bella sforbiciata qua e là gli avrebbe sicuramente giovato.
Voto 3
La china discendente l'avevo già notata con Il simbolo perduto. Qui Dan scomoda addirittura Dante Alighieri ma i livelli de "L'ultimo Catone" di Matilde Asensi, altro romanzo che prende spunto dal Divino poema, sono lontani anni luce.
L'incipit è indubbiamente adrenalinico - Langdon si trova in ospedale e non ricorda niente del perché si trovi a Firenze con una ferita d'arma da fuoco alla testa. Ansiogeni gli inseguimenti da parte della donna sicario prima e dei mercenari poi - ma poco dopo il lettore si trova a che fare con espedienti narrativi che fanno quantomeno sorridere (su tutti, urlare a un fantomatico suicidio imminente per distrarre la gente e entrare di soppiatto nel battistero).
Ho trovato vessante l'insistenza su alcune descrizioni artistiche - se avessi voluto sapere quante sfumature d'oro ha la porta di quel monumento di Firenze o quante cupole e vetrate ha il Duomo di Venezia avrei comprato una guida turistica, non un romanzo.
Il finale a tarallucci e vino è ancora più stucchevole della creduloneria di Langdon (non esce affatto bene da questo romanzo il "nostro" professore).
L'idea di trovare un rimedio "clinico" alla sovrappopolazione globale anziché ricorrere al trito terrorismo e al banale sterminio di massa, sarebbe finanche originale, ma nel complesso resta un romanzo dimenticabile, che si trascina stancamente dalla seconda metà in poi, soprattutto quando le intenzioni dello scienziato vengono palesate.
L'ho trovato anche troppo lungo, una bella sforbiciata qua e là gli avrebbe sicuramente giovato.
Voto 3
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