«Hai mai desiderato scomparire?»
C’è una sensazione che tutti, prima o poi, abbiamo provato nella vita: il desiderio di sparire. Di fuggire da tutto. Di lasciarci ogni cosa alle spalle. Ma per alcuni non è solo un pensiero passeggero. Diviene un’ossessione che li divora e li inghiotte.
Queste persone spariscono nel buio. Nessuno sa perché. Nessuno sa che fine fanno. E quasi tutti presto se ne dimenticano.
Mila Vasquez invece è circondata dai loro sguardi. Ogni volta che mette piede nell’ufficio persone scomparse – il Limbo – centinaia di occhi la fissano dalle pareti della stanza dei passi perduti, ricoperte di fotografie. Per lei, è impossibile dimenticare chi è svanito nel nulla.
Anche perché la poliziotta ha i segni del buio sulla pelle, come fiori rossi che hanno radici nella sua anima.
Forse per questo Mila è la migliore in ciò che fa: dare la caccia a quelli che il mondo ha dimenticato.
Ma se d’improvviso alcuni scomparsi tornassero con intenzioni oscure?
Come una risacca, il buio restituisce prima gli oggetti di un’esistenza passata. E poi le persone. Sembrano identici a prima, questi scomparsi, ma il male li ha cambiati.
Alla domanda su chi li ha presi, se ne aggiungono altre. Dove sono stati tutto questo tempo? E perché sono tornati?
Mila capisce che per fermare l’armata delle ombre non servono gli indizi, non bastano le indagini. Deve dare all’oscurità una forma, deve attribuirle un senso, deve formulare un’ipotesi convincente, solida, razionale… Un’ipotesi del male.
Ma per verificarla non c’è che una soluzione: consegnarsi al buio.
Si torna ai fasti de "Il Suggeritore", dopo la leggera defaillance de "Il tribunale delle anime" e la parentesi de "La donna dei fiori di carta". Ed è un ritorno col botto.
L'incipit nell'obitorio avvince immediatamente il lettore, che smania di sapere chi sia l'uomo misterioso e a chi appartenga il corpo nella cella frigorifera. Sin dall'inizio la lettura scorre liscia che è una meraviglia, complice la straordinaria capacità di Donato di rendere la narrazione quasi visiva e il gran lavoro dell'editor di Longanesi (peccato solo per l'errore pacchiano della data di nozze sulla fede: prima viene detto 26 settembre, nella pagina successiva si parla del 27. Per il resto, ho contato solo due refusi su 500 pagine, giù il cappello).
Unico neo, a mio modesto parere, è la poca verosimiglianza nelle motivazioni del "cattivo" che sta dietro alla ricomparsa delle persone sparite (ho trovato tirata per i capelli anche la complicità di uno degli scomparsi, ma non posso spoilerare).
Tutto ciò non inficia sicuramente la validità di un impianto narrativo comunque notevole e gestito con maestria da Donato.
Straordinaria - quasi un omaggio al Pennywise di Stephen King - la scena finale del saluto del vagabondo.
Attendo con ansia l'uscita del terzo libro.
C’è una sensazione che tutti, prima o poi, abbiamo provato nella vita: il desiderio di sparire. Di fuggire da tutto. Di lasciarci ogni cosa alle spalle. Ma per alcuni non è solo un pensiero passeggero. Diviene un’ossessione che li divora e li inghiotte.
Queste persone spariscono nel buio. Nessuno sa perché. Nessuno sa che fine fanno. E quasi tutti presto se ne dimenticano.
Mila Vasquez invece è circondata dai loro sguardi. Ogni volta che mette piede nell’ufficio persone scomparse – il Limbo – centinaia di occhi la fissano dalle pareti della stanza dei passi perduti, ricoperte di fotografie. Per lei, è impossibile dimenticare chi è svanito nel nulla.
Anche perché la poliziotta ha i segni del buio sulla pelle, come fiori rossi che hanno radici nella sua anima.
Forse per questo Mila è la migliore in ciò che fa: dare la caccia a quelli che il mondo ha dimenticato.
Ma se d’improvviso alcuni scomparsi tornassero con intenzioni oscure?
Come una risacca, il buio restituisce prima gli oggetti di un’esistenza passata. E poi le persone. Sembrano identici a prima, questi scomparsi, ma il male li ha cambiati.
Alla domanda su chi li ha presi, se ne aggiungono altre. Dove sono stati tutto questo tempo? E perché sono tornati?
Mila capisce che per fermare l’armata delle ombre non servono gli indizi, non bastano le indagini. Deve dare all’oscurità una forma, deve attribuirle un senso, deve formulare un’ipotesi convincente, solida, razionale… Un’ipotesi del male.
Ma per verificarla non c’è che una soluzione: consegnarsi al buio.
Si torna ai fasti de "Il Suggeritore", dopo la leggera defaillance de "Il tribunale delle anime" e la parentesi de "La donna dei fiori di carta". Ed è un ritorno col botto.
L'incipit nell'obitorio avvince immediatamente il lettore, che smania di sapere chi sia l'uomo misterioso e a chi appartenga il corpo nella cella frigorifera. Sin dall'inizio la lettura scorre liscia che è una meraviglia, complice la straordinaria capacità di Donato di rendere la narrazione quasi visiva e il gran lavoro dell'editor di Longanesi (peccato solo per l'errore pacchiano della data di nozze sulla fede: prima viene detto 26 settembre, nella pagina successiva si parla del 27. Per il resto, ho contato solo due refusi su 500 pagine, giù il cappello).
Unico neo, a mio modesto parere, è la poca verosimiglianza nelle motivazioni del "cattivo" che sta dietro alla ricomparsa delle persone sparite (ho trovato tirata per i capelli anche la complicità di uno degli scomparsi, ma non posso spoilerare).
Tutto ciò non inficia sicuramente la validità di un impianto narrativo comunque notevole e gestito con maestria da Donato.
Straordinaria - quasi un omaggio al Pennywise di Stephen King - la scena finale del saluto del vagabondo.
Attendo con ansia l'uscita del terzo libro.