Nel villaggio rurale cinese di Gaomi, dagli anni '30 agli anni '70 (in minima parte), si svolge la trama di questo romanzo, che vede protagonista Yu Zhan'ao, nonno del narratore, bandito spietato e guerriero coraggioso, padre d'altri tempi e marito poco fedele, e la sua famiglia. Nel pieno della resistenza all'invasore giapponese, all'interno della Storia collettiva del periodo nascono e crescono i protagonisti del libro, con le loro storie individuali: storie di guerra, di banditismo, d'amore, di ragazzini costretti a crescere troppo in fretta, di matrimoni spietatamente combinati, ma soprattutto di violenza efferata, violenza che pervade senza sosta il libro trasmettendo al lettore un'immagine chiara e fin troppo cruda della guerra in ogni sua forma, in questo caso vista dai cinesi oppressi.
Sicuramente uno dei libri più strani che abbia mai letto: davvero particolare e originale, sia lo stile che la storia.
La cosa che maggiormente sconvolge è la crudezza pulp della narrazione, inattesa, ma mitigata e alleggerita dalla poesia delle descrizioni della natura, tra cui spiccano i continui riferimenti al sorgo, vero protagonista del romanzo, quasi un essere vivente che assiste alle vicende degli "umani" neppure troppo passivamente. Questo contrasto dapprincipio mi ha fatto ridere perché l'ho trovato sconcertante, poi mi sono resa conto che ha agito su di me come una sorta di "vaccino" che ha impedito che le scene crude mi si insinuassero sotto la pelle. Anche gli animali, soprattutto i cani, qui non hanno niente da invidiare agli esseri umani in quanto a intelligenza e sensibilità. Molta importanza viene data agli elementi spirituali, nel bene e nel male, nell'insieme il tutto risulta molto "orientale".
Ho trovato un po' noiose alcune scene di guerra, ma i salti temporali vivacizzano la storia, trascinando il lettore in una sorta di "montagne russe", e nel complesso per me si tratta di un libro decisamente bello, seppure a mio parere non regga il confronto con "Cent'anni di solitudine", al quale è stato paragonato.
Bellissime le figure delle donne protagoniste, in particolare della nonna, forte e indipendente; i personaggi maschili oggi risulterebbero insopportabili, il loro comportamento con le donne inqualificabile, e il fatto di essere costretti a soffocare ogni sentimento pur di vincere contro i nemici - e non solo contro i giapponesi, mostrati in tutta la loro atroce bestialità - in un certo senso sconcerta; ma si tratta di un periodo particolare, molto lontano nel tempo, di un popolo povero e oppresso, spesso per forza maggiore concentrato unicamente sulla propria sopravvivenza.
Vale la pena di leggere il libro anche solo per l'ultimo capitolo, seppur agghiacciante, nel quale spicca un'altra figura di donna tenace come la seconda nonna, e per le toccanti riflessioni conclusive dell'autore.
Poetico e spietato.
Sicuramente uno dei libri più strani che abbia mai letto: davvero particolare e originale, sia lo stile che la storia.
La cosa che maggiormente sconvolge è la crudezza pulp della narrazione, inattesa, ma mitigata e alleggerita dalla poesia delle descrizioni della natura, tra cui spiccano i continui riferimenti al sorgo, vero protagonista del romanzo, quasi un essere vivente che assiste alle vicende degli "umani" neppure troppo passivamente. Questo contrasto dapprincipio mi ha fatto ridere perché l'ho trovato sconcertante, poi mi sono resa conto che ha agito su di me come una sorta di "vaccino" che ha impedito che le scene crude mi si insinuassero sotto la pelle. Anche gli animali, soprattutto i cani, qui non hanno niente da invidiare agli esseri umani in quanto a intelligenza e sensibilità. Molta importanza viene data agli elementi spirituali, nel bene e nel male, nell'insieme il tutto risulta molto "orientale".
Ho trovato un po' noiose alcune scene di guerra, ma i salti temporali vivacizzano la storia, trascinando il lettore in una sorta di "montagne russe", e nel complesso per me si tratta di un libro decisamente bello, seppure a mio parere non regga il confronto con "Cent'anni di solitudine", al quale è stato paragonato.
Bellissime le figure delle donne protagoniste, in particolare della nonna, forte e indipendente; i personaggi maschili oggi risulterebbero insopportabili, il loro comportamento con le donne inqualificabile, e il fatto di essere costretti a soffocare ogni sentimento pur di vincere contro i nemici - e non solo contro i giapponesi, mostrati in tutta la loro atroce bestialità - in un certo senso sconcerta; ma si tratta di un periodo particolare, molto lontano nel tempo, di un popolo povero e oppresso, spesso per forza maggiore concentrato unicamente sulla propria sopravvivenza.
Vale la pena di leggere il libro anche solo per l'ultimo capitolo, seppur agghiacciante, nel quale spicca un'altra figura di donna tenace come la seconda nonna, e per le toccanti riflessioni conclusive dell'autore.
Poetico e spietato.
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