Márai, Sándor - L'eredità di Eszter

pokypoky

New member
Questo libro per me è proprio bello. Credo possa piacere a tutti ma in particolar modo alle donne. La protagonista, Eszter, ha amato un unico uomo nella sua vita , uomo che l'ha ingannata e che non vede da più di venti anni.Quando ritornerà lei sarà lì ad aspettarlo pur sapendo che è rimasto un bugiardo.Impossibile non immedisimarsi in lei, non chiedle una ribellione..
Ve lo consiglio anche perchè inutle ricordare che la scrittura è fluente.
 
Ultima modifica di un moderatore:

elesupertramp

Active member
un Marai un po' minore rispetto ai suoi due capolavori che ho letto, Le braci e La donna giusta.
La storia non mi ha entusiasmato troppo, anche se il suo stile è sempre affascinante, con i suoi ragionamenti impeccabili, più o meno condivisibili.
 

bouvard

Well-known member
Una lettura rapida e scorrevole, che mi ha lasciato però dentro una strana sensazione, un misto di rabbia, piacere, delusione e soprattutto voglia di cambiare quel finale decisamente inaccettabile.
Il libro è la storia dell’attesa del ritorno dell’affascinante, istrionico Lajos – ritorno temuto, ma anche desiderato da Eszter in quanto chiarificatore del suo passato e risolutivo per il suo futuro. Il ritorno di un uomo che mente con la stessa naturalezza con cui respira, “Mentiva come urla il vento, con una specie di forza primordiale, con allegria indomabile”, un venditore di fumo, un affabulatore, un funambolo degli imbrogli capace di rimanere in equilibrio anche quando sembra spacciato. Tutti i personaggi del libro hanno imparato a proprie spese che razza di imbroglione e bugiardo egli sia, eppure sono tutti lì nel giardino ad aspettare il suo arrivo, ad illudersi ancora una volta su di lui. Ecco cosa non sono riuscita ad accettare in questo libro: la totale incapacità di ribellarsi, l’accettazione passiva e la completa sottomissione alle bugie di Lajos.
Anche quella “legge del mondo” con cui Lajos giustifica il suo ultimo misfatto mi ha lasciato alquanto perplessa: “Ciò che è stato iniziato una volta dev’esser condotto a termine”. Potrei anche esser d’accordo con questo, ma non capisco perché “ciò che è stato iniziato” si debba concludere necessariamente a suo favore. Per non parlare della teoria secondo la quale tocca alle donne amare eroicamente, mi è sembrata un po’ troppo scontata.
Lettura comunque consigliata, mettete però in conto di potervi arrabbiare per il finale …
 

Jessamine

Well-known member
Gli amori infelici non finiscono mai

Come sempre, Màrai costruisce un palcoscenico dove pochi attori stanno fermi al centro della scena, lasciando spazio al dialogo. Il dialogo è ciò che costituisce le vicende, ed è un dialogo sempre rivolto al passato, intriso di malinconia: nei libri di Màrai sembra sempre di trovarsi dinnanzi a qualche prezioso oggetto antico, coperto di sporcizia, polvere e segni del tempo che sembrano mutarne i contorni e renderlo irriconoscibile. Il lettore è inizialmente spaesato, ma poi, lentamente, la forza della parola disvela la verità, toglie strati di polvere, mette in luce nuove angolazioni: ed è qui che emergono le incomprensioni, quando il dubbio la fa da padrone. Perché c'è sempre un momento in cui il lettore è in dubbio, non sa più a cosa credere, ha delle intuizioni che possono rivelarsi del tutto sbagliate, fino a quando, di nuovo, la parola è un grado di portare alla luce un nuovo grado di comprensione. E allora pare davvero di trovarsi nella radura che lascia filtrare la luce, e ogni cosa appare chiara, disvelata.
In questo romanzo, che pure non è secondo me il più riuscito di Màrai, il passato conserva una forza creatrice non indifferente, una forza capace di modificare in maniera radicale gli eventi del futuro, anche a distanza di tanti anni: c'è una malinconia, un senso di inesorabile fatalità che permea ogni riga, mettendo in guardia il lettore, eppure non si può fare a meno di sperare, fino all'ultimo, che Eszter abbia la forza di esprimere un diniego.
Un romanzo che si legge in un soffio, un paio d'ore in cui pare di contemplare un quadro.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
È stato il secondo romanzo letto quest'anno qualche mese dopo Le braci e di certo non sarà l'ultimo. Mi piace il modo di scrivere di Marai. Aldilà della storia che racconta riesce sempre a mantenere vivo il mio interesse soprattutto perché anche io guardo spesso con nostalgia al passato.
Il primo punto a favore è che la protagonista ha 45 anni come me.
La citazione già postata da Jess Gli amori infelici non finiscono mai merita comunque di essere ripetuta perché la reputo troppo vera.
Come lo è quest'altra Mi resi conto che quel senso di allarme continuo era stato l'unico vero significato della mia vita.
Invece non sono d'accordo con L'uomo è responsabile soltanto delle sue intenzioni... (lo dice Lajos) perché secondo me contano molto anche le azioni.
Condivido, ma so quanto è probabile che succeda:
Una donna non può essere per tutta la vita la balia asciutta della morale.
Per concludere ad effetto con le citazioni... chapeau alla seguente:
Nulla arriva mai in tempo, la vita non ci dà mai qualcosa nel momento in cui siamo preparati a riceverlo. Soffriamo a lungo a causa di questo disordine, di questi ritardi. Siamo convinti che qualcuno si prenda gioco di noi. Ma un bel giorno ci rendiamo conto che tutto era preordinato secondo un meccanismo perfetto.
Io però sto ancora aspettando quel benedetto giorno...
 
Ultima modifica:

MonicaSo

Well-known member
Una lettura rapida e scorrevole, che mi ha lasciato però dentro una strana sensazione, un misto di rabbia, piacere, delusione e soprattutto voglia di cambiare quel finale decisamente inaccettabile.
Il libro è la storia dell’attesa del ritorno dell’affascinante, istrionico Lajos – ritorno temuto, ma anche desiderato da Eszter in quanto chiarificatore del suo passato e risolutivo per il suo futuro. Il ritorno di un uomo che mente con la stessa naturalezza con cui respira, “Mentiva come urla il vento, con una specie di forza primordiale, con allegria indomabile”, un venditore di fumo, un affabulatore, un funambolo degli imbrogli capace di rimanere in equilibrio anche quando sembra spacciato. Tutti i personaggi del libro hanno imparato a proprie spese che razza di imbroglione e bugiardo egli sia, eppure sono tutti lì nel giardino ad aspettare il suo arrivo, ad illudersi ancora una volta su di lui. Ecco cosa non sono riuscita ad accettare in questo libro: la totale incapacità di ribellarsi, l’accettazione passiva e la completa sottomissione alle bugie di Lajos.
Anche quella “legge del mondo” con cui Lajos giustifica il suo ultimo misfatto mi ha lasciato alquanto perplessa: “Ciò che è stato iniziato una volta dev’esser condotto a termine”. Potrei anche esser d’accordo con questo, ma non capisco perché “ciò che è stato iniziato” si debba concludere necessariamente a suo favore. Per non parlare della teoria secondo la quale tocca alle donne amare eroicamente, mi è sembrata un po’ troppo scontata.
Lettura comunque consigliata, mettete però in conto di potervi arrabbiare per il finale …
Ho provato anch'io, e molto forte, questa rabbia a cui allude bouvard: avrei urlato "perché lo fai? ma non vedi che ti imbroglia che ti toglie tutto... sciocca donna innamorata".
Inutile... l'inevitabile accade, anche se per un momento ho pensato che Eszter si sarebbe ribellata.
Questo libro mi è piaciuto molto, non l'ho trovato "minore" rispetto a Le braci, che pure ho apprezzato grandissimamente (uno dei libri più belli che io abbia mai letto in assoluto, insieme a Giorni di luglio, di Hermann Hesse); mi piace come racconta, spero di non stupire dicendo che mi ricorda Simenon (romanziere non giallista).
Ringrazio chi mi ha portato a conoscere questo autore e queste storie così belle.
 
Alto