Un diario di viaggio a tratti commovente, un racconto introspettivo di ricerca interiore che ci lascia un messaggio sicuramente positivo: il mettersi alla prova e la sofferenza sono il viatico necessario verso la rinascita spirituale tanto agognata.
L'autore sostiene di essere partito per fare il Cammino per staccare da un periodo di incertezze e dubbi e allontanarsi dai problemi quotidiani, filtrarli da lontano, da un'altra prospettiva, quasi avesse bisogno di una catarsi per inquadrarli e affrontarli in maniera più lucida e costruttiva.
Ho trovato la prima parte del libro meno "potente" della seconda, cioè fino a 100 kilometri dal traguardo la mano di Massimo Serafini mi è parsa puntare più sul cronachistico-aneddotico che sulle riflessioni personali, sull'interiorità, su quello che il Cammino gli stava dando a livello umano. Mi spiego meglio: fino a pag.140 il racconto non mi ha fatto venir voglia di prendere lo zaino e partire per Santiago anch'io, invece dal kilometro 100>0 sembra di essere al suo fianco, a piangere e a soffrire con lui, a sperare che quell'ultimo chilometro non arrivi mai.
Nella prima parte devo imputare all'autore anche una certa mancanza di stile e/o tecnica. Ogni giornata di viaggio è scandita da pochi dettagli, qualche fugace aneddoto e soprattutto poca introspezione. La sensazione che ho avuto in alcuni capitoli è quella di dover "timbrare il cartellino", nel senso che era necessario citare alcune tappe, località, paesini ma il tutto rimaneva fine a se stesso.
La seconda parte mi ha personalmente commosso invece, soprattutto il forte vincolo di amicizia che traspare dalle pagine e che si è instaurato tra l'autore e gli altri pellegrini. Mi è piaciuta anche quel pizzico di ironia che emerge qua e là durante il viaggio - mi ha fatto sorridere l'imitazione di Pietra, una pellegrina neozelandese, e il suo tormentone in inglese - lodevole anche la chiusa di ogni capitolo con il pensiero giornaliero riassuntivo, ottima la scelta di far fare le postfazioni alle figlie/nipoti/parenti dell'autore. Ho apprezzato anche la presenza di pochissimi refusi e il linguaggio semplice, diretto e spontaneo di molti passi del diario.
Insomma un libro da leggere soprattutto per la sua portata culturale e arricchimento/insegnamento - la via di Santiago è stata dichiarata itinerario culturale europeo e le strade francesi e spagnole del cammino sono state dichiarate patrimonio dell'umanità -visto che, nella mia ignoranza, non lo conoscevo affatto.
L'autore sostiene di essere partito per fare il Cammino per staccare da un periodo di incertezze e dubbi e allontanarsi dai problemi quotidiani, filtrarli da lontano, da un'altra prospettiva, quasi avesse bisogno di una catarsi per inquadrarli e affrontarli in maniera più lucida e costruttiva.
Ho trovato la prima parte del libro meno "potente" della seconda, cioè fino a 100 kilometri dal traguardo la mano di Massimo Serafini mi è parsa puntare più sul cronachistico-aneddotico che sulle riflessioni personali, sull'interiorità, su quello che il Cammino gli stava dando a livello umano. Mi spiego meglio: fino a pag.140 il racconto non mi ha fatto venir voglia di prendere lo zaino e partire per Santiago anch'io, invece dal kilometro 100>0 sembra di essere al suo fianco, a piangere e a soffrire con lui, a sperare che quell'ultimo chilometro non arrivi mai.
Nella prima parte devo imputare all'autore anche una certa mancanza di stile e/o tecnica. Ogni giornata di viaggio è scandita da pochi dettagli, qualche fugace aneddoto e soprattutto poca introspezione. La sensazione che ho avuto in alcuni capitoli è quella di dover "timbrare il cartellino", nel senso che era necessario citare alcune tappe, località, paesini ma il tutto rimaneva fine a se stesso.
La seconda parte mi ha personalmente commosso invece, soprattutto il forte vincolo di amicizia che traspare dalle pagine e che si è instaurato tra l'autore e gli altri pellegrini. Mi è piaciuta anche quel pizzico di ironia che emerge qua e là durante il viaggio - mi ha fatto sorridere l'imitazione di Pietra, una pellegrina neozelandese, e il suo tormentone in inglese - lodevole anche la chiusa di ogni capitolo con il pensiero giornaliero riassuntivo, ottima la scelta di far fare le postfazioni alle figlie/nipoti/parenti dell'autore. Ho apprezzato anche la presenza di pochissimi refusi e il linguaggio semplice, diretto e spontaneo di molti passi del diario.
Insomma un libro da leggere soprattutto per la sua portata culturale e arricchimento/insegnamento - la via di Santiago è stata dichiarata itinerario culturale europeo e le strade francesi e spagnole del cammino sono state dichiarate patrimonio dell'umanità -visto che, nella mia ignoranza, non lo conoscevo affatto.