Darkay
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Con Opinioni di un clown, romanzo vagamente di genere storico, Heinrich Boll ci permette di guardare al di là della maschera, penetrare nell'intimo dell'artista e provare a capirne lo spleen.
Si tratta di un libro da gustare lentamente, assaporando l'amaro dei frammenti d'anima di quest'artista, che pure non arriva mai all'autocommiserazione. Anche lo stile dello scrittore, asciutto e incisivo, ci riporta alla visione di un mondo estraneo, falso e cattivo, ma non ancora del tutto perduto.
Tutto si svolge a Bonn in meno di tre ore, nella casa del giovane clown Hans Schnier, appena rientrato dall'ennesima disastrosa rappresentazione. La sua carriera e la sua storia personale precipitano a causa dell'elemento che ritorna ossessivo nel suo pacato sfogo: Maria l'ha lasciato. Da qui in poi si alternano telefonate e ricordi, richieste di denaro e suggestioni, furiosi rimproveri e fugaci tenerezze, come in una spirale dalla quale si diramano numerosi bracci. Il filo conduttore è la malinconia, della quale il protagonista dichiara di essere "afflitto per natura", che dopo lunghe riflessioni terminerà in un punto nero, cupo, di disperata inutilità artistica e personale.
L'ambiente è quello della difficile rinascita democratica della Germania post-nazista, dove tutti cercano di rifarsi una verginità morale e politica, puntualmente smascherata dalle rievocazioni del protagonista. Veniamo così a sapere della sua estrazione borghese, dalla quale però ha solo ricavato una severa e ottusa educazione, del suo giovane amore per Maria, delle riunioni ai circoli cattolici. Quello religioso è uno dei nodi irrisolti che sottendono alla storia, nella duplice veste di questione religiosa e canone dei "principi dell'ordine"�. Hans è l'uomo dal temperamento artistico che vive al di là delle leggi formali, in una dolcissima anarchia romantica, e pertanto non può piegarsi ai dettami della società del profitto e dell'indifferenza. Non gli servono impegni scritti, solenni e pomposi giuramenti, ma solo la semplicità dei sinceri rapporti umani che vede sgretolarsi sotto la corazza dell'ipocrisia del vivere civile.
E inoltre ricorda. Non può farne a meno. La sua anima d'artista non riesce (o non vuole) ad avere un quadro generale di ciò che gli accade intorno, la sua forza e difesa sta nel focalizzarsi sui dettagli, sui momenti apparentemente insignificanti che non hanno valore se non per lui, e solo così conoscerne l'intima natura. Ma proprio perchè è l'unico a capire la deriva della vita che gli scorre attorno, non può ingannare sè stesso riparandosi dietro certi quanto infondati ragionamenti. Ognuno cerca di tacitare gli errori del proprio passato gettandosi alla ricerca affannosa di qualcosa, denaro o fede (religiosa o politica). Scegliendo di essere un clown, Hans sceglie di ritagliarsi un angolo dal quale analizzare ciò che vede e metterlo in scena in modo farsesco, ma certamente meno grottesco della realtà stessa.
Nessuno lo comprende: la commedia imbastita dalla società è troppo grande, non può far altro che scivolare nella più profonda e disperata solitudine, abbandonato da tutti, senza l'ausilio delle facili consolazioni concesse agli altri.
Maria lo ha amato, e quindi all'inizio è stata l'unica a capirlo. Ma troppo forti sono i legami con la normalità: alla fine di lunghe tribolazioni morali è costretta a lasciare quella situazione di concubinato e trovare il suo posto accanto ad un altro uomo, ben più "regolare". Non averla più accanto è devastante, e immaginarla con l'altro semplicemente impossibile. Al nostro clown non rimane che cantare liturgie per strada, nella vana speranza di incontrarla e suscitarle un qualche moto d'animo.
Si tratta di un libro da gustare lentamente, assaporando l'amaro dei frammenti d'anima di quest'artista, che pure non arriva mai all'autocommiserazione. Anche lo stile dello scrittore, asciutto e incisivo, ci riporta alla visione di un mondo estraneo, falso e cattivo, ma non ancora del tutto perduto.
Tutto si svolge a Bonn in meno di tre ore, nella casa del giovane clown Hans Schnier, appena rientrato dall'ennesima disastrosa rappresentazione. La sua carriera e la sua storia personale precipitano a causa dell'elemento che ritorna ossessivo nel suo pacato sfogo: Maria l'ha lasciato. Da qui in poi si alternano telefonate e ricordi, richieste di denaro e suggestioni, furiosi rimproveri e fugaci tenerezze, come in una spirale dalla quale si diramano numerosi bracci. Il filo conduttore è la malinconia, della quale il protagonista dichiara di essere "afflitto per natura", che dopo lunghe riflessioni terminerà in un punto nero, cupo, di disperata inutilità artistica e personale.
L'ambiente è quello della difficile rinascita democratica della Germania post-nazista, dove tutti cercano di rifarsi una verginità morale e politica, puntualmente smascherata dalle rievocazioni del protagonista. Veniamo così a sapere della sua estrazione borghese, dalla quale però ha solo ricavato una severa e ottusa educazione, del suo giovane amore per Maria, delle riunioni ai circoli cattolici. Quello religioso è uno dei nodi irrisolti che sottendono alla storia, nella duplice veste di questione religiosa e canone dei "principi dell'ordine"�. Hans è l'uomo dal temperamento artistico che vive al di là delle leggi formali, in una dolcissima anarchia romantica, e pertanto non può piegarsi ai dettami della società del profitto e dell'indifferenza. Non gli servono impegni scritti, solenni e pomposi giuramenti, ma solo la semplicità dei sinceri rapporti umani che vede sgretolarsi sotto la corazza dell'ipocrisia del vivere civile.
E inoltre ricorda. Non può farne a meno. La sua anima d'artista non riesce (o non vuole) ad avere un quadro generale di ciò che gli accade intorno, la sua forza e difesa sta nel focalizzarsi sui dettagli, sui momenti apparentemente insignificanti che non hanno valore se non per lui, e solo così conoscerne l'intima natura. Ma proprio perchè è l'unico a capire la deriva della vita che gli scorre attorno, non può ingannare sè stesso riparandosi dietro certi quanto infondati ragionamenti. Ognuno cerca di tacitare gli errori del proprio passato gettandosi alla ricerca affannosa di qualcosa, denaro o fede (religiosa o politica). Scegliendo di essere un clown, Hans sceglie di ritagliarsi un angolo dal quale analizzare ciò che vede e metterlo in scena in modo farsesco, ma certamente meno grottesco della realtà stessa.
Nessuno lo comprende: la commedia imbastita dalla società è troppo grande, non può far altro che scivolare nella più profonda e disperata solitudine, abbandonato da tutti, senza l'ausilio delle facili consolazioni concesse agli altri.
Maria lo ha amato, e quindi all'inizio è stata l'unica a capirlo. Ma troppo forti sono i legami con la normalità: alla fine di lunghe tribolazioni morali è costretta a lasciare quella situazione di concubinato e trovare il suo posto accanto ad un altro uomo, ben più "regolare". Non averla più accanto è devastante, e immaginarla con l'altro semplicemente impossibile. Al nostro clown non rimane che cantare liturgie per strada, nella vana speranza di incontrarla e suscitarle un qualche moto d'animo.
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