De Cespedes, Alba - Quaderno proibito

elisa

Motherator
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Eccezionale questo romanzo, scritto sotto forma di diario, da una donna degli anni cinquanta che rivendica una propria autonomia ed identità all'interno della famiglia e della società.
L'autrice era figlia dell'allora ambasciatore cubano a Roma e di un'italiana. Ricorre oggi il decennale della morte. Chi non lo avesse letto lo faccia, perchè ne vale veramente la pena.
 
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pokypoky

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libro

Eli come al solito mi sconvolgi: questo è il prossimo libro che avrei voluto inserire. E' un libro che ho letto qualche anno fa, era di mio nonno. L' ho trovato attuale e sentito. Molta bella la rappresentazione dei problemi della famiglia in quegli anni, ma quando si tratta di difficoltà relazionali il tempo poi non conta.
 
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bouvard

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E’ davvero un peccato che Alba De Cespedes sia così poco conosciuta e che non venga citata tra gli autori più importanti del nostro Novecento (o forse sono solo io ad aver fatto delle pessime scuole), perché è una penna davvero notevole.
Il diario proibito del titolo è il diario che Valeria - signora di quarantatré anni, moglie e madre di figli già grandi e impiegata – compra di nascosto per scrivervi i piccoli fatti della sua vita. Ma il diario è molto più di un semplice raccoglitore dei suoi pensieri, è il suo modo per dire a se stessa, non avendo il coraggio di gridarlo anche al mondo, “io esisto”, “io sono una persona, non sono solo una moglie, una madre, una figlia, sono una persona”. Il diario è la sua rivendicazione ad avere “uno spazio proprio”.
Sia chiaro la donna che traspare dalle pagine di questo libro è una donna del suo tempo (siamo negli anni Cinquanta) e come tale, talvolta, non può non farci rabbia. Si avrebbe la voglia di scuoterla, dirle: “Manda tutti al diavolo, a partire da tuo marito e da tuo figlio!”. Valeria, dalla sua famiglia, è infatti considerata alla stregua di una domestica, è la persona che ti fa trovare casa e vestiti puliti, pranzo e cena in tavola, è la donna che sa sempre dov’è tutto quello che gli altri non ricordano dove hanno messo; è quella a cui dire: “Ma fermati un attimo, riposati!”, salvo poi, appena la si vede seduta su una sedia a riposarsi dirle: “Se non hai niente da fare allora potresti ricucirmi…”.
Non è colpa di Valeria se non reagisce, lei è stata educata così. Le è stato insegnato che è dovere di una moglie, di una madre, occuparsi della casa. Le è stato insegnato a fare e a non chiedere. E soprattutto le è stato insegnato a non lamentarsi. Ma in fondo è anche colpa di Valeria perché se le cose cambiano, evolvono è proprio perché qualcuno ha il coraggio di ribellarsi, di rompere con l’educazione ricevuta.
Infatti nel libro è molto più facile empatizzare con Mirella, la figlia di Valeria, che rappresenta proprio questa ribellione, il rivendicare per sé una vita migliore di quella vissuta dalla madre, Anche se più volte anche Mirella si comporta da egoista e tratta anche lei la madre come una domestica, certo non arriva ai livelli di quell’idiota piagnone del fratello, ma è una magra consolazione.
Avevo sperato, contro ogni logica e ogni buon senso in un finale diverso, anche se sapevo benissimo che il libro, per essere credibile e non un romanzetto, poteva finire solo come finisce, però…
Bello, molto bello, da leggere!

 

Grantenca

Well-known member
E’ il diario dettagliato, giorno per giorno, direi minuto per minuto dal 26 novembre 1950 al 27 Maggio 1951 di una signora della piccola borghesia romana madre di famiglia con marito impiegato di banca e due figli (maschio e femmina) laureandi, che in quel tempo ha 43 anni di età. Questo libro, a mio avviso, fa cadere clamorosamente l’assunto “si stava meglio quando si stava peggio”. La protagonista è originaria di una famiglia della ricca borghesia veneta, è stata educata in collegi esclusivi, ha avuto un matrimonio d’amore ma ben presto le sue ricchezze sono svanite, probabilmente a causa di un amministratore disonesto. Ha dovuto trovarsi un impiego per arrotondare le entrate di casa, ma naturalmente, oltre al lavoro, si sobbarca tutte le fatiche della vita domestica, marito e figli non l’aiutano, anzi danno per scontata questa situazione di fatto. E’ la classica famiglia monolitica portata ad esempio dalla religione cattolica, (l’esatto contrario della famiglia “allargata”) che qualche politico “evoca” come virtuosa anche di questi tempi. Però l’architrave che regge questa struttura, in quei tempi , è esclusivamente la madre, con sacrifici enormi e non sempre consapevoli. La vita è durissima per lei, vive esclusivamente per i figli, i rapporti col marito sono cortesi e rispettosi, ma la fiamma della passione è da molto tempo spenta. I rapporti con i figli, come in tutte le famiglie, sono abbastanza complicati, soprattutto con la figlia che esige la propria libertà. In questo “deserto di sentimenti” si accende improvvisamente una luce: si accorge (dopo otto anni!) di essere innamorata, contraccambiata, dal suo datore di lavoro. La scrittura è dettagliata, diligente, con qualche termine un po’ lezioso (acciocché…) ma la forza di questo libro non è solo nel valore letterario, che non sono assolutamente in grado di valutare , ma soprattutto nell’analisi spietata dei sentimenti della protagonista nel contesto nel quale vive, prigioniera della sua educazione, un analisi profondissima che raramente ho riscontrato in altri scritti. Dirò di più: se uno pensa agli anni ’50 credo che siano più chiaramente comprensibili in questo libro che in una dettagliata analisi sociale. La figura della protagonista è gigantesca, molto meno riuscite quelle degli altri protagonisti , soprattutto maschili, compreso “l’amato” (non amante.)

Da leggere ovviamente.
 
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