Attenzione: spoiler notevoli (ma graduali e segnalati)!
La signorina Else andrebbe letto nello stesso arco temporale in cui il racconto si svolge: non più di qualche ora. Solo così si può entrare in completa empatia con la protagonista, che in così poco tempo vive uno “sconvolgimento” tale da determinare conseguenze molto importanti nella sua vita.
Questo perché il racconto altro non è che un lungo monologo interiore, intramezzato da pochi ma significativi interventi esterni – riconoscibili dall'uso del corsivo – e quindi per sua natura è un continuum, un crescendo inarrestabile che non consente interruzioni. La mia lettura purtroppo è durata alcuni giorni ma, se questo mi ha penalizzato un po', non mi ha impedito tuttavia di apprezzare lo straordinario valore di quest'opera.
Innanzitutto una piccolissima considerazione storica: Arthur Schnitzler pubblica questo libriccino nel 1924, solo due anni dopo l'Ulisse di Joyce e un decennio dopo l'inizio degli studi freudiani (anzi, si può dire che sia stato più Schnitzler a “influenzare” Freud che non il contrario). Questo per dire la portata incredibilmente innovativa di questo linguaggio, che per quanto non approdi al rivoluzionario “flusso di coscienza” joyciano, in compenso include voci esterne, gesti, persino passaggi musicali che si aggiungono alla voce narrante, a sua volta espressa attraverso la duplice strada del pensiero e della parola.
É difficile commentare La signorina Else senza incappare in qualche spoiler, per cui se qualche lettore interessato non volesse rovinarsi la sorpresa gli consiglierei di fermarsi qui. D'altra parte c'è da dire che la bellezza di questo racconto non risiede certamente nell'effetto sorpresa, anzi: gran parte della sua bellezza, secondo me, consiste proprio nell'intuire fin dall'inizio dove si andrà a parare, nel temere e sperare, nel seguire con apprensione i tentennamenti e le esagerazioni di chi, sentendosi fragile, vuole sfidare il mondo...
È tipico di un adolescente oscillare fra l'indignazione e la provocazione, l'ironia e la disperazione. È tipico di un adolescente – magari in preda a una delusione d'amore (ma non è questo il caso di Else) – “giocare” con la morte o piuttosto con il suo concetto, visualizzarla, sedurla, salvo poi sentirsi talmente ancorati alla vita da allontanarne il pensiero un secondo dopo. Ma qui non abbiamo a che fare con una delusione d'amore: Else è esasperata dalla gravità di una situazione per lei insostenibile e penalizzata dalla superficialità di una società perbenista e ipocrita. La distanza fisica e psicologica della famiglia rende ancora più profondo il baratro della sua solitudine.
Else è sola con se stessa, con i propri desideri e le proprie paure: gli uni e le altre si ingigantiscono fino a inghiottirla e così – nelle sue fantasticherie – la giovane spensierata diventa una “sgualdrina” e piuttosto che prostituirsi per un uomo solo, vaneggia di darsi al mondo, senza riserve. Da qui al dramma finale il passo è breve (attenzione, spoiler totale!): quello che vorrebbe essere un estremo atto di denuncia nei confronti della famiglia, del “ricattatore”, degli estranei, agli occhi di questi si trasforma in un atto di esibizionismo o semplicemente di follia, e ciò che fino a quel momento poteva essere solo il delirio di una ragazza sola e disperata si trasforma nell'unica via d'uscita possibile; non una scelta, ma una costrizione dalla quale la stessa Else, quando ormai è troppo tardi, vorrebbe liberarsi.
Le ultimissime pagine mi hanno commosso fino alle lacrime... non tanto per la fine di Else (da un certo punto in poi avevo capito che sarebbe andata così, non poteva essere altrimenti...), quanto per quell'ultimo singulto di vita, quel tentativo estremo di aggrapparsi all'esistenza rivolgendo un muto appello al giovane Paul, un medico per giunta!, non cattivo, non ostile, ma del tutto incapace – come tutti gli altri – di comprendere il dramma che si svolge davanti ai suoi occhi.
Chi più chi meno, i personaggi che circondano Else sono troppo presi da se stessi per vedere al di là del proprio naso, per scorgere qualcosa in più di una bella, “altera” ragazza di diciannove anni apparentemente senza alcun pensiero. Si può essere responsabili di una tragedia anche solo per disinteresse, per superficialità e, permettendo a noi lettori di entrare nella testa di Else, dentro i suoi pensieri, Schnitzler sembra volerci spronare ad andare oltre, ad approfittare dell'artificio letterario per percorrere una strada nella realtà difficilmente accessibile.
Al di là di questo, resta chiaramente il valore “estetico” di questo scavare in profondità, trasformando in letteratura i meccanismi della psiche, gli impulsi, le reazioni, le azioni. Insomma, ciò che trasforma un semplice racconto in un piccolo capolavoro.