Avevo letto, anni fa, "Avventure della ragazza cattiva" di Mario Vargas Llosa e non mi era piaciuto, o meglio mi aveva lasciata alquanto indifferente… ricordo di averlo trovato troppo estremo per certi versi, inverosimile, troppo europeo. Per fortuna ho deciso di dare un'altra possibilità a quest'autore: mi sarei persa un libro delizioso! Di tutt'altro tenore rispetto al libro sopracitato, "La zia Julia e lo scribacchino" è un libro bellissimo, divertente, tenero, ironico, un po' pazzo di quella pazzia allegra, capace di burle epiche, feste improvvisate e travolgenti e grandi melodrammi per nonnulla. Quella gioviale follia che, quando la trovi nelle pagine di un libro, esclami: "Ok! Senza dubbio siamo in America Latina!". Ed infatti siamo a Lima, tra il 1953 e il 1954. Mario ha diciott'anni, studia svogliatamente legge, lavora come direttore del notiziario in una radio e sogna di diventare, un giorno, uno scrittore. Due sono le storie che, parallelamente, ci racconta in prima persona in queste pagine: una è la storia d'amore folle e totale per la boliviana Julia, una zia acquisita da poco giunta in città per trovare marito, divorziata e con quattordici anni più di lui; l'altra, all'apparenza più ordinaria ma in realtà ben più surreale, è la vicenda di Pedro Camacho, boliviano pure lui, uomo di non molta erudizione ma di grande ingegno, scrittore indefesso e prolifico di romanzi radiofonici di grande successo. Due vicende che, in questo libro così singolare, si sviluppano in parallelo: nei capitoli dispari procede il racconto di Mario e Julia, in quelli pari ci sono proprio i racconti di Pedro Camacho, con il capitolo conclusivo, il ventesimo, in cui si riannodano i fili di una storia intensa, ma in fondo anche triste. In questa storia per metà autobiografica e per metà fucina di prossime idee, tanti sono i personaggi, alcuni anche grotteschi, difficili da dimenticare. Assolutamente consigliato!