Con Camillo - Mondo piccolo
Ero davvero curiosa di leggere il famoso Don Camillo... qualche ricordo d'infanzia dei battibecchi fra i grandissimi Fernandel e Gino Cervi, un primo approccio (sempre da bambina) a Guareschi con Il destino si chiama Clotilde (libro divertentissimo che consiglio a chiunque) e l’occasione di questa ultima Sfida: il gioco era fatto!
A lettura ultimata posso dire che sono stata molto contenta della scelta fatta. La distanza temporale e quindi anche fisica (la realtà di un paesino di campagna come ci è raccontata in queste pagine di certo non esiste più) si sente tutta, ma è un valore aggiunto: ne risulta uno spaccato della storia del nostro paese ormai relativamente lontano, quando parlare di fede o di popolo voleva dire “tirare in ballo la politica”, quando non esisteva il “politically correct” e “l’onore” e “gli ideali” venivano sopra tutto, ma in cui alla fine il rispetto della dignità umana riusciva a superare qualsiasi divergenza, almeno quelle esistenti fra l’estroso parroco don Camillo e il sindaco comunista Peppone.
Molte cose non le sapevo (ad esempio che il romanzo fosse strutturato a episodi, distinti e indipendenti l’uno dall’altro, benchè più si vada avanti più i rimandi fra l’uno e l’altro si moltiplichino, andando a definire una storia unica), molte non le ricordavo: la più eclatante, il “personaggio” di Gesù, che dall’alto del suo crocifisso tutto vede e nulla tralascia, nemmeno quando si tratta di “rimproverare” il suo fedele (e a volte un po’ troppo “agguerrito”) servitore e di riportarlo sulla retta via, che è quella della misericordia e della non violenza.
“Piuttosto, com’è quella storia della mitragliatrice? Tu avresti preso una simile macchina maledetta?” “No” rispose don Camillo. “Otto erano e otto sono saltate in aria. Ma è utile che quelli là credano che qui dentro ci sia una mitragliatrice.” “Bene” disse il Cristo. “Bene se fosse vero. Il guaio è che tu, quel maledetto arnese te lo sei preso sul serio. Perchè sei così bugiardo, don Camillo?” Don Camillo allargò le braccia.
E questo gesto, anzi, proprio questa espressione “don Camillo allargò le braccia” si ripete e si ripete, pagina dopo pagina, ogni qualvolta don Camillo fa o dice qualcosa che non dovrebbe, diventando il ritornello umoristico per eccellenza di questo romanzo. Don Camillo che allarga le braccia davanti al Cristo è l’uomo che, colto in flagrante, non può non riconoscere la sua colpa, ma si appella a quel Gesù misericordioso perchè, se è vero che è misericordioso con tutti, possa essere anche con lui...
Perchè don Camillo è nient’altro che un uomo, sicuramente originale (soprattutto come prete!), ma che, figlio della sua epoca, di un’Italia che abbiamo dimenticato o di cui forse oggi neppure immaginiamo l’esistenza, con le sue debolezze non può che conquistarci. Conquista Peppone, con cui schermaglia dopo schermaglia instaura un’amicizia bellissima (mai dichiarata, ma per questo ancora più sincera) che va al di là di qualsiasi rivalità politica. E conquista persino il Cristo, che, dopo averlo tante volte richiamato per la sua “esuberanza”, in qualche occasione dovrà riconoscere che non aveva tutti i torti...
“Avevi ragione tu, don Camillo.” “Si capisce” rispose don Camillo. “Perchè voi conoscete l’umanità, ma io conosco gli italiani.”