Bobbi
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Mi sono accostata a questo libro con la solita trepida speranza di trovarci il King che mi piace e non sono rimasta delusa. Sono banale se dico che sono quattro racconti bellissimi? E va bene, adoro essere banale: sono bellissimi. Sono particolarmente King, anche se io ci ho visto una sorta di “crepuscolarità”, un’aura oscura ma brillante (o, se preferite, brillante ma oscura), una sottile patina di di-sperazione (anche se King nella postfazione lo nega); insomma buio pesto, senza neppure il conforto di una misera stellina di magnitudo apparente +30. Ma più che scrivere analiticamente dei racconti vorrei fare una riflessione sul perché mi piace King, e mi soccorre in questo un libello che ho avuto la fortuna di leggere in questi giorni travagliati, Storie Infinite, raccolta di piccoli saggi e riflessioni di Michael Ende sulla letteratura fantastica.
Ende parte da un’idea che io ho sempre nebulosamente condiviso fin da quando ho cominciato a sviluppare una certa capacità critica, e che è andata via via assumendo contorni sempre più netti: l’artista o lo scrittore non devono predicare a favore di una visione del mondo (…) l’unica cosa che mi indigna (…) è quando sento che l’autore prova a darmi qualche insegnamento. Ecco, è una cosa che indigna anche me. Per questo motivo, oltre che per motivi stilistici, rifuggo la maggior parte degli autori contemporanei che si propongono come magistri vitae. L’Italia non solo non fa eccezione, ma anzi è dolorosamente in prima linea nel perpetrare questa violenza alla letteratura; gli scrittori si propongono a priori come latori di un messaggio politico-sociale (nelle loro opere o nei loro interventi di altro tipo), magari avanzando anche la provenienza da un presunto lato buono del Belpaese (e questa frecciata non è diretta solo a chi lo dice esplicitamente: tutti i letterati o pseudo tali d’Italia sono politicizzati o peggio e ritengono di far parte di una specie di foedus sanctitatis – ma quanta presunzione! La sanctitas sta negli oscuri, prima di tutto).
Continua Ende: c’è un valore comune che precede ogni critica sociale ed è il valore dell’uomo. Compito del poeta è ricreare continuamente questo valore (…). Se non lo si fa, questo valore perde i colori e la sua consistenza, perde la sua realtà e le conseguenze sono la bestialità e la barbarie.
A me King piace perché fa esattamente questo: ricrea sempre il valore dell’uomo, difende la “riserva della letteratura fantastica”, conserva e tramanda i colori e la consistenza dell’uomo (anche quando sono foschi e tenebrosi), mi tiene lontana dalla bestialità e dalla barbarie, pericoli sempre vicini e molto reali per l’essere umano. E fa tutto questo senza cercare d’indottrinarmi, mai, che si stia esprimendo in un romanzo, racconto, in un messaggio, in un articolo, in un’intervista, in un sito internet. E non perché King rappresenti una letteratura meramente “escapista”, ma perché, ancora una volta con Ende (grazie di essere esistito anzi di esistere), le opere di King sono opere che non dimostrano o confutano alcunché, ma sono qualcosa (come esempi Ende cita Iliade, Odissea, Faust, Le Mille e Una Notte, i romanzi di Balzac e Dostoevskij, Shakespeare).
Inoltre le opere di King sono piene di umorismo. Alla faccia di chi non è in grado di capirlo, apprezzarlo, sopportarlo, esso è IL pilastro di una buona vita e, come dice ancora Ende (scusa se saccheggio il tuo libello!), non può essere mai fanatico né dogmatico (cosa che purtroppo avviene spesso), ma è sempre umano e amichevole; è quell’atteggiamento interiore che ci permette di ammettere senza rancore la nostra inadeguatezza. Non è la stessa cosa della saggezza, ma le è parente stretto.
Tutto questo è King, e lo è anche in questi quattro bei racconti.
1922 è forse la perla nera di questa raccolta, di sicuro il più articolato e il più “classicheggiante” in senso Kinghiano. Non c’è nessun esempio di umanità positiva in questo racconto, neppure il figlio, che anzi risulta ancor più colpevole in quanto si lascia plagiare contro la propria madre e non ha risentimenti personali nei suoi confronti. Inoltre riesce a distruggere la sua vita, quella della sua donna e del loro bambino. Sono troppo dura? Non più di quanto lo sia la storia (e il mio giudizio non significa che non abbia anche compassione di loro). Una storia dura, durissima, tra le più dure mai scritte da King, perché non viene stemperata da nessun empito di vero amore, nessun momento lirico.
Big Driver: il film di Jodie Foster citato nel racconto (che vidi al cinema) innescò una personalissima valutazione sul tema della violenza e della giustizia. Non è sede per parlarne, ma per vari e personalissimi motivi anche la vicenda di Tess è stata di fondamentale importanza per una certa riflessione che fa parte di un percorso catartico. Questo è King. (p.s. mentre leggevo avevo in mente, sempre, le parole che dice Hattori Hanzo a Beatrix in merito alla vendetta nel momento in cui le consegna la spada).
Fair extension: mi immedesimo sempre nelle storie che leggo, sempre, e se non riesco a farlo in nessun punto della storia significa che non è una buona storia. Penso che quasi tutti abbiano provato a immaginare cosa succederebbe se potessero fare un “patto col diavolo”. Non è per nulla una storia banale, in ogni caso: anzi, come ho detto in più di un’occasione, una delle migliori caratteristiche di King è che riesce a rielaborare topoi letterari trasformandoli in piccoli gioielli come questo. Gioielli tanto brillanti quanto tagliente è la cattiveria di Dale, che lascia senza fiato. Insomma, distruggere il tuo nemico può anche andar bene, ma assistere con soddisfazione allo spettacolo della Chera rovinosa che si impadronisce dei suoi innocenti familiari…beh, questa è pura malvagità. Una malvagità gioiosa, che quasi toglie a Dave l’umanità, avvicinandolo ad una figura fantastica di Male Inumano. Si direbbe che Dave prenda da Elvid ben più che un’equa estensione del suo tempo, un bonus, per così dire, di tipo virale, anzi parassitario.
A good marriage: davvero un buon matrimonio! Che c’è di meglio di un marito che ti regge la bacinella per il vomito e ad ogni scarica va a sciacquartela? Io ho un marito meraviglioso, che tuttavia si guarderebbe bene da fare una cosa del genere (il che, forse, significa che non è un brutale serial killer psicopatico! ). Come scrive il Nostro nella postfazione, bisogna rassegnarsi all’idea che un efferato assassino sia capace, del tutto spontaneamente e in perfetta buona fede, di aiutare le anziane signore ad attraversare la strada, e ci sono poche cose, che fanno parte della natura umana, più vere di questa. L’animo umano è una selva selvaggia e aspra e forte ed è bene che ognuno di noi lo ricordi, sempre, sia in pieno sole, quando tutto sembra reale e sciocco, sia sotto un cielo nero e senza stelle, dove tutte le nostre ombre escono da noi e si fondono lassù, con l’oscurità.
Concludo ribadendo (come ho fatto altrove sul web) che non ho affatto gradito la rimozione di Tullio Dobner come traduttore di King (dato che non c'era alcun valido motivo per cambiare la voce storica di King), e ancor meno la squillante pubblicità fatta al nuovo traduttore, il cui nome figura addirittura sulla sovraccoperta dell'edizione italiana (onore non tributato ad altri pur bravissimi traduttori). Infatti ho deciso di leggere King in originale (anche se, comprensibilmente, ho messo qui il titolo italiano), anche e soprattutto perché la Sperling non merita i miei sudati soldi, se posso evitarlo.
Ende parte da un’idea che io ho sempre nebulosamente condiviso fin da quando ho cominciato a sviluppare una certa capacità critica, e che è andata via via assumendo contorni sempre più netti: l’artista o lo scrittore non devono predicare a favore di una visione del mondo (…) l’unica cosa che mi indigna (…) è quando sento che l’autore prova a darmi qualche insegnamento. Ecco, è una cosa che indigna anche me. Per questo motivo, oltre che per motivi stilistici, rifuggo la maggior parte degli autori contemporanei che si propongono come magistri vitae. L’Italia non solo non fa eccezione, ma anzi è dolorosamente in prima linea nel perpetrare questa violenza alla letteratura; gli scrittori si propongono a priori come latori di un messaggio politico-sociale (nelle loro opere o nei loro interventi di altro tipo), magari avanzando anche la provenienza da un presunto lato buono del Belpaese (e questa frecciata non è diretta solo a chi lo dice esplicitamente: tutti i letterati o pseudo tali d’Italia sono politicizzati o peggio e ritengono di far parte di una specie di foedus sanctitatis – ma quanta presunzione! La sanctitas sta negli oscuri, prima di tutto).
Continua Ende: c’è un valore comune che precede ogni critica sociale ed è il valore dell’uomo. Compito del poeta è ricreare continuamente questo valore (…). Se non lo si fa, questo valore perde i colori e la sua consistenza, perde la sua realtà e le conseguenze sono la bestialità e la barbarie.
A me King piace perché fa esattamente questo: ricrea sempre il valore dell’uomo, difende la “riserva della letteratura fantastica”, conserva e tramanda i colori e la consistenza dell’uomo (anche quando sono foschi e tenebrosi), mi tiene lontana dalla bestialità e dalla barbarie, pericoli sempre vicini e molto reali per l’essere umano. E fa tutto questo senza cercare d’indottrinarmi, mai, che si stia esprimendo in un romanzo, racconto, in un messaggio, in un articolo, in un’intervista, in un sito internet. E non perché King rappresenti una letteratura meramente “escapista”, ma perché, ancora una volta con Ende (grazie di essere esistito anzi di esistere), le opere di King sono opere che non dimostrano o confutano alcunché, ma sono qualcosa (come esempi Ende cita Iliade, Odissea, Faust, Le Mille e Una Notte, i romanzi di Balzac e Dostoevskij, Shakespeare).
Inoltre le opere di King sono piene di umorismo. Alla faccia di chi non è in grado di capirlo, apprezzarlo, sopportarlo, esso è IL pilastro di una buona vita e, come dice ancora Ende (scusa se saccheggio il tuo libello!), non può essere mai fanatico né dogmatico (cosa che purtroppo avviene spesso), ma è sempre umano e amichevole; è quell’atteggiamento interiore che ci permette di ammettere senza rancore la nostra inadeguatezza. Non è la stessa cosa della saggezza, ma le è parente stretto.
Tutto questo è King, e lo è anche in questi quattro bei racconti.
1922 è forse la perla nera di questa raccolta, di sicuro il più articolato e il più “classicheggiante” in senso Kinghiano. Non c’è nessun esempio di umanità positiva in questo racconto, neppure il figlio, che anzi risulta ancor più colpevole in quanto si lascia plagiare contro la propria madre e non ha risentimenti personali nei suoi confronti. Inoltre riesce a distruggere la sua vita, quella della sua donna e del loro bambino. Sono troppo dura? Non più di quanto lo sia la storia (e il mio giudizio non significa che non abbia anche compassione di loro). Una storia dura, durissima, tra le più dure mai scritte da King, perché non viene stemperata da nessun empito di vero amore, nessun momento lirico.
Big Driver: il film di Jodie Foster citato nel racconto (che vidi al cinema) innescò una personalissima valutazione sul tema della violenza e della giustizia. Non è sede per parlarne, ma per vari e personalissimi motivi anche la vicenda di Tess è stata di fondamentale importanza per una certa riflessione che fa parte di un percorso catartico. Questo è King. (p.s. mentre leggevo avevo in mente, sempre, le parole che dice Hattori Hanzo a Beatrix in merito alla vendetta nel momento in cui le consegna la spada).
Fair extension: mi immedesimo sempre nelle storie che leggo, sempre, e se non riesco a farlo in nessun punto della storia significa che non è una buona storia. Penso che quasi tutti abbiano provato a immaginare cosa succederebbe se potessero fare un “patto col diavolo”. Non è per nulla una storia banale, in ogni caso: anzi, come ho detto in più di un’occasione, una delle migliori caratteristiche di King è che riesce a rielaborare topoi letterari trasformandoli in piccoli gioielli come questo. Gioielli tanto brillanti quanto tagliente è la cattiveria di Dale, che lascia senza fiato. Insomma, distruggere il tuo nemico può anche andar bene, ma assistere con soddisfazione allo spettacolo della Chera rovinosa che si impadronisce dei suoi innocenti familiari…beh, questa è pura malvagità. Una malvagità gioiosa, che quasi toglie a Dave l’umanità, avvicinandolo ad una figura fantastica di Male Inumano. Si direbbe che Dave prenda da Elvid ben più che un’equa estensione del suo tempo, un bonus, per così dire, di tipo virale, anzi parassitario.
A good marriage: davvero un buon matrimonio! Che c’è di meglio di un marito che ti regge la bacinella per il vomito e ad ogni scarica va a sciacquartela? Io ho un marito meraviglioso, che tuttavia si guarderebbe bene da fare una cosa del genere (il che, forse, significa che non è un brutale serial killer psicopatico! ). Come scrive il Nostro nella postfazione, bisogna rassegnarsi all’idea che un efferato assassino sia capace, del tutto spontaneamente e in perfetta buona fede, di aiutare le anziane signore ad attraversare la strada, e ci sono poche cose, che fanno parte della natura umana, più vere di questa. L’animo umano è una selva selvaggia e aspra e forte ed è bene che ognuno di noi lo ricordi, sempre, sia in pieno sole, quando tutto sembra reale e sciocco, sia sotto un cielo nero e senza stelle, dove tutte le nostre ombre escono da noi e si fondono lassù, con l’oscurità.
Concludo ribadendo (come ho fatto altrove sul web) che non ho affatto gradito la rimozione di Tullio Dobner come traduttore di King (dato che non c'era alcun valido motivo per cambiare la voce storica di King), e ancor meno la squillante pubblicità fatta al nuovo traduttore, il cui nome figura addirittura sulla sovraccoperta dell'edizione italiana (onore non tributato ad altri pur bravissimi traduttori). Infatti ho deciso di leggere King in originale (anche se, comprensibilmente, ho messo qui il titolo italiano), anche e soprattutto perché la Sperling non merita i miei sudati soldi, se posso evitarlo.