Quando Nick Hornby aveva pubblicato il romanzo Hight Fidelity (Alta fedeltà), l’ho comprato perché in varie occasioni avevo letto che Hornby ha messo a nudo gli uomini nello stesso modo come lo aveva fatto con le donne Helen Fielding nel Diario di Briget Jones. Ho abboccato all’amo meglio di qualsiasi pesce affamato. Volevo scoprire ad ogni costo di che cosa stanno pensando gli uomini quando dicono che hanno quella espressione sul viso soltanto perché gli pizzica il sedere. Dopo soltanto alcune pagine mi sono innamorata del libro, anche se non ho trovato nessuna risposta sul come funziona “il cervello maschile”. Hornby mi ha entusiasmato per una cosa ben diversa.
Rob, il protagonista, è il tipo di persona in quale subito ho riconosciuto me stessa. Quasi ogni momento biografico, l’aneddoto, il sentimento e il ricordo lega ad una canzone, un album, un periodo nella storia del pop – musica o con la devozione a un certo musicista. Anche le sue caratteristiche descrive con le parole dalle sue preferite canzoni e dice “Non sono un ribelle dinamico come Bruce Springsteen, Born to Run, e la strada dove sono cresciuto è molto lontano dalla romantica via verso l’ignoto ed eccitante futuro come lo è il suo Thunder Road.”
Anche se non sono maschio, dopo queste frasi mi sentivo come l’autore. Gli volevo dire:”Al diavolo, Hornby! Ma non dovevi dire proprio a tutto il mondo che ci sono le persone che pensano in quel modo! Non dovevi dire a tutti come siamo fatti!”
Si, mi sono riconosciuta nel Rob, anche se non sono un maschio, non penso come un maschio (qualsiasi cosa dovrebbe significare questo) e cosi non mi poteva “scoprire alle donne”.
Oltre questa semplice identificazione, mi hanno colpito altre due cose. Una è formata nella domanda (retorica?) che Rob durante la retrospettiva amoroso – musicale rivolge a se stesso, e l’altra è la tesi che condivide con i suoi amici e dalla quale cerca di liberarsi e cosi anche di crescere.
Prima la domanda: ascoltando i vecchi album e ricordandosi i vecchi amori, Rob in un momento si chiede:”Ascoltavo le tristi canzoni pop soltanto perché ero triste o ero triste perché ascoltavo le tristi canzoni pop?”
Carina domanda, vero? Somiglia a quella che parla dell’ uovo e della gallina.
L’altra cosa che mi ha colpita è una tesi. Rob con i collegi del negozio molto spesso discute sulle loro canzoni preferite, gli album, che tipo di persone per via della loro personale preferenza bisogna rispettare, e quale disprezzare… In un momento Rob dice:”Non so se potrei essere amico della persona di chi i suoi 10 preferiti album non vorrebbero parlare con i miei 10 album preferiti, se per caso si trovassero nella stessa festa.” I suoi amici vanno anche oltre e dicono la frase che suona meglio in inglese:”It’s not what you’re like, it’s what you like!” (“Non è importante come sei, ma che cosa ti piace!”). Pensano alla musica, e a volte anche ai film.
Molti di voi cercheranno di rispondere che non è proprio cosi, ma io vi chiedo soltanto, secondo voi uno che ascolta le canzoni di Al Bano, potrebbe mai stare insieme con uno che ascolta per esempio i Pink Floyd???
Secondo me, maiiii!
:wink: