Subramanian, Mathangi - La casa dei fiori selvatici

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"Sono in cinque. Cinque ragazze nate lo stesso anno a Paradiso, una baraccopoli ai margini di Bangalore, nel sud dell'India. Tutte e cinque sanno che il mondo segue regole ben precise. Se sei un maschio, passerai l'infanzia a giocare con gli amici, poi i tuoi genitori ti faranno studiare e ti daranno l'occasione di migliorare la tua vita. Se sei una femmina, baderai subito alla casa e ai fratelli più piccoli e difficilmente andrai a scuola, perché tanto ti aspetta il matrimonio, ovviamente combinato. Se sei una femmina di Paradiso, ti toccherà pure fare tutto questo da sola, perché tua madre sarà al lavoro, per compensare le mancanze di un padre assente o fannullone, o entrambe le cose. A Paradiso, sono le donne a occuparsi di tutto, senza mai ricevere niente in cambio. Eppure loro cinque non si arrendono. Imparano a prendersi cura l'una dell'altra. Imparano a guardare oltre le differenze di razza e di religione. Imparano a nutrire non solo lo stomaco, ma anche l'anima, e a sfruttare ogni trucco, dal ricatto alla conversione, pur di restare a scuola.
E, quando arrivano i bulldozer a radere al suolo la baraccopoli per costruire un centro commerciale, imparano a lottare per salvare il quartiere. Perché il loro può anche non essere un paradiso, tuttavia c'è un'infinita bellezza nascosta tra le tende lacere e i tetti di lamiera, tra il giallo delle scavatrici e il grigio del cielo. È la bellezza della solidarietà e della speranza. La bellezza dell'amore e del riscatto. La bellezza di un luogo che è – sempre e comunque – casa."

In questo libro è descritta la forza delle donne, delle ragazze, quando creano alleanze, quando si aiutano come sorelle.
Siamo a Bangalore e Paradiso, la baraccopoli in cui vivono le nostre cinque protagoniste, sta per essere rasa al suolo. Le ragazze vanno a scuola insieme, si cercano, si aiutano. Per Banu, Deepa, Rukshana, Padma e Joy – le protagoniste di questa storia – Paradiso significa casa. È un luogo pieno di povertà, di immondizia e fame, di lavoro massacrante e forsennato per poter mangiare, ma è il loro luogo sicuro. Il nido dove possono essere loro stesse e proteggersi l’una con l’altra in un’amicizia senza tempo. Dove Deepa, seppur cieca, può danzare. Dove Joy, nato maschio nel corpo ma femmina nell’anima, non deve temere né le violenze né lo scherno.

Con grande delicatezza e leggerezza e con uno stile estremamente scorrevole l'autrice narra la condizione delle donne in una società maschilista, l'omosessualità, l'analfabetismo.
Buon uso dello "show, don't tell", la tecnica narrativa che anziché narrare, mostra. Il lettore vede la scena svolgersi davanti a sé, con azione e dialoghi, senza interferenze, spiegazioni e commenti dell'autore.

Delicato, consigliato! A me è piaciuto, mi sono affezionata alle ragazze protagoniste.

“Noi ragazze impariamo in fretta che la vita non ci deve nulla, che essere donna implica una serie infinita di seccature, sofferenze e tragedie.”

“Impara a chiedere. A desiderare. A sperare. Impara a rispondere a una fame che non risiede nello stomaco, ma altrove”.

I matrimoni indù si celebrano al mattino. Sembra che le prime ore del giorno siano di migliore auspicio. Le promesse sembrano meno fragili. La notte invece il mondo è un vortice di incertezza”.
 
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