Guareschi, Giovannino - La calda estate del pestifero

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Edizioni BUR Rizzoli contemporanea

La calda estate del pestifero è il racconto (90 pagine scritte rade rade e a caratteri cubitali) dell’estate di una banda di ragazzini della periferia di una città negli anni 60.
La storia di per se non è particolarmente originale, anzi, ma non è quello il bello di questo racconto.

La bellezza sta nell’inizio e nella fine.

L’inizio perché già negli anni 60, l’autore sente il disagio dei ragazzini che, strappati alla campagna dove crescevano in un ambiente pulito e in un contesto umano, si ritrovano in una periferia fatta da una colata di cemento, piatta, disumana e soprattutto torrida.
Sembra di leggere Il ragazzo della Via Gluck.

La fine perché l’autore non resiste a fare il suo solito pistolotto poetico-moralista sulla fine del mondo e della cultura contadina, dove una certa mancanza di conoscenza tecnico scientifica consentiva una certa magia della vita, magia che si è persa rendendoci più automi e meno umani.
E’ un pistolotto che, da un punto di vista logico fa acqua da tutte le parti, e proprio per questo è meglio lasciarlo perdere, anzi, preferisco difenderlo. :mrgreen:
Preferisco difenderlo perché vista da questo punto di vista, il discorso ha un senso, se non altro da un punto di vista poetico.
Inoltre a questi ragazzini, l’autore concede di vedere sia la desolata periferia, sia la magia della vita di campagna (di altri tempi e comunque dei ricchi… :rolleyes: ), e quindi, magari, un domani, fare una scelta.
Vista invece dal punto di vista di un Unamuno o di un Pìo Baroja (di cui si parlava l’anno scorso), no, lo attacco senza rispetto perché riporta all’ignoranza più gretta, ad una vita da bestie e non lascia ai protagonisti la scelta.

Può essere un libro da leggere ai bambini o che si possono benissimo leggere da soli sotto l’ombrellone.
 
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